La forza annientatrice della guerra: Achille, Jacob, Joker

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In un omonimo saggio, la poetessa e filosofa Simone Weil definisce l’Iliade “poema della forza”. Nelle vicende narrate, Weil vede infatti l’affermazione della forza annientatrice della guerra che schiaccia tanto i vinti quanto i vincitori e trasforma irreparabilmente chiunque da essa venga toccato.

Tutto ebbe inizio con l’Iliade. Incarnazione dei valori della civiltà greca, il poema omerico mette in scena le dinamiche di due popoli avversari profondamente immersi nella stessa cultura della vergogna. Uno dei valori principali delle due società è infatti quello della timè (in gerco τιμή), ovvero l’onore. Gli eroi narrati da Omero, seppur estramemente umani, non possono esimersi dal combattere per non “perdere la faccia”.  È proprio questo che, agli occhi del mondo antico, li rende eroi. In nome dell’onore, Achei e Troiani vanno incontro al proprio destino di guerrieri. Un destino ineluttabile che li rende oggetti in un gioco di morte a cui non possono sfuggire e in cui, vittime della forza annientatrice della guerra, hanno solo due possibilità: perdere la vita o perdere se stessi.

Il destino segnato di intere generazioni

La dea Teti, madre di Achille, consapevole del destino del figlio, ne rende invulnerabile il corpo tranne che per il famoso tallone. Proprio a causa di una freccia nel calcagno, Achille va incontro a un destino già scritto nella propria natura di guerriero. Come Achille, generazioni di ragazzi sono state immolate alla causa di guerre che  si sono servite dei loro giovani corpi per portare nient’altro che distruzione al proprio passaggio. Virginia Woolf ne racconta uno in particlare, quel Jacob di cui è rimasta solo la stanza. Vuota.

Ha lasciato tutto esattamente com’era […] Che cosa si aspettava? Credeva davvero che sarebbe ritornato?

Jacob, presenza assente ed evanescente per tutto il romanzo, rifugge la città e la modernità della società inglese dell’epoca, inseguendo invece gli ideali dell’antica civiltà greca, fino a condividere la stessa tragica fine degli eroi che ammira. Non sappiamo molto di Jacob, non sappiamo niente delle circostanze in cui è morto, non sappiamo se il suo arruolamento è stato volontario o coatto. Non lo sappiamo perché non è necessario saperlo. L’unica cosa certa è che, senza la guerra nessun Jacob avrebbe mai dovuto nemmeno porsi il problema di arruolarsi o no, di difendere la propria patria o no.

Ma, come sottolineato dalla critica, il cognome di Jacob, Flanders, richiama inequivocabilmente quelle Fiandre in cui centinaia di migliaia di ragazzi hanno perso la vita durante la prima guerra mondiale. Membro di una generazione  sacrificata alla guerra, il destino di Jacob era già segnato nel momento della sua nascita. La sua vita un preludio alla morte.

Non più uomini, ma oggetti

La guerra è la massima espressione della forza. Una forza che, secondo Simone Weil, si manifesta nell’immenso potere delle parti in causa nel fare la propria mossa e nella loro altrettanto immensa vulnerabilità nel subire la contromossa dell’avversario. In questo gioco senza regole, gli esseri umani diventano oggetti.

La forza rende chiunque le è sottomesso pari a una cosa. […] Un uomo disarmato e nudo, minacciato da un’arma, diventa cadavere ancora prima di essere toccato.

Si tratta infatti di una forza che non si limita ad annientare il corpo, ma anche la mente. La trasforma, la rende parte del gioco che nessuno potrà mai vincere. Vittima di questo gioco, Joker, protagonista del film Full Metal Jacket, da pacifista convinto e aspirante reporter di guerra, diventa soldato. Joker spara a una ragazza vietnamita agonizzante, che era stata ridotta in quello stato dal suo plotone, e fa di lei la sua prima vittima. Per porre fine alle sofferenze della ragazza, Joker uccide e, uccidendo, ottiene il rispetto degli altri soldati.

La sapiente regia di Stanley Kubrick ci mostra il momento esatto in cui avviene la trasformazione del suo protagonista. Come una sentenza, disarmante e senza possibilità d’appello, nell’istante in cui Joker preme il grilletto, la spilletta pacifista attaccata alla sua divisa esce dall’inquadratura.  L’uomo e i suoi ideali, non trovano più spazio nell’anima corrotta dalla guerra. Come oggetti, o come gli Zombie cantati dai Cranberries, Joker e i suoi compagni possono ora decidere della vita e della morte di una persona e subito dopo intonare allegramente la Marcia di Topolino nella scena conclusiva. La trasformazione è compiuta e la forza annientatrice della guerra ha vinto.

Cristina Resmini

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