Arriva dal paese del Sol Levante e per la precisione dal National Institutes of Natural Sciences la notizia di una scoperta astronomica che ci pone davanti all’evidenza che i nostri modelli sulla formazione dei pianeti sono da rivedere.
La ricerca firmata da Aya E. Higuchi del National Institutes of Natural Sciences insieme ai colleghi Yoko Oya e Satoshi Yamamoto dell’Università di Tokio è uscita su The Astrophysical Journal.
Gli scienziati stavano osservando la stella 49 Ceti (una stella bianca posta a 194 anni luce da noi) con ASTE un telescopio situato in Cile operato dall’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone, dopo un centinaio di ore di osservazione che avevano permesso di individuare gas (carbonio) nel disco di detriti attorno alla stella gli astronomi giapponesi hanno ottenuto accesso al ben più potente telescopio ALMA dell’European Southern Observatory (ed infatti la notizia l’abbiamo trovata sul sito dell’ALMA), il più potente strumento al mondo per l’osservazione dell’universo freddo (polveri e gas molecolari) e qui è arrivata la sorpresa più grossa, la quantità di carbonio presente era molto superiore, addirittura dieci volte a quella della prima stima.
La sorpresa è che poiché la stella ha 40 milioni di anni, una giovincella rispetto al nostro Sole ma abbastanza matura perché il processo di formazione di un sistema planetario sia in stato avanzato, gli astronomi non si aspettavano di trovare gas lì.
A grandi linee il processo di formazione di un sistema planetario è il seguente: attorno alla giovane stella si forma un disco (chiamato disco protoplanetario) formato da gas e polveri, le polveri si aggregano per effetto della gravità e vanno a formare o pianeti di tipo roccioso come la Terra o Marte o catturando i gas presenti nel disco il nucleo di giganti gassosi come Giove, finita questa fase attorno alla stella rimangono solo pianeti e detriti perché il gas non incorporato nelle atmosfere dei pianeti viene disperso nello spazio dalla pressione delle radiazioni emesse dalla stella.
Secondo i modelli attuali sulla formazione dei pianeti 49 Ceti avrebbe dovuto essere in questa fase, invece per la prima volta gli astronomi hanno persino registrato, esaminando lo spettro della stella, una debole traccia di carbonio 13, questo isotopo del carbonio è molto più raro (circa l’1%) del carbonio 12 (l’altro isotopo stabile, cioè non radioattivo, del carbonio) dunque se lassù c’è abbastanza carbonio 13 da essere registrato da qui vuol dire che di carbonio allo stato gassoso ce n’è proprio tanto.
Ora le spiegazioni che vengono in mente per la presenza di questo gas sono due: o si tratta effettivamente di gas presente nel disco che non si è dissipato, ma non si capisce perché si sia conservata una quantità di gas che è propria di stelle molto più giovani in fase attiva di formazione planetaria oppure potrebbe essere derivante dalla collisione di corpi come le comete, ma la quantità di collisioni di tali oggetti per giustificare quella quantità di gas rende questa spiegazione poco credibile.
Roberto Todini