Da foresta a deserto: l’Amazzonia si consuma tra le fiamme

foresta amazzonica

At the end of the undercurrent Fire Season in the Amazon, Greenpeace registered the destruction left by forest fires, in a region between the states of Amazonas, Acre and Rondônia, in Brazil. Even with the acknowledge that the conservation of socio-biodiversity is essential to world climate, the Amazon presents areas of ashes and still living flames. Forest fires threatens people, animals and expands greenhouse gas emissions. Regardless of the overall decrease of heat focus of 2018, the most critical states in the country presented more fires fires. Ao final da temporada de fogo na Amazônia, o Greenpeace esteve em campo para registrar o estrago deixado pelas queimadas, na região entre os estados do Amazonas, Acre e Rondônia Mesmo com sua reconhecida importância para conservação da sociobiodiversidade e do clima no mundo todo, a Amazônia ainda possui focos ativos de incêndio e áreas de cinzas. O fogo oferece risco às pessoas e aos animais e contribui para engordar as emissões de gases do efeito estufa. Em 2018, apesar da tendência geral de queda no número de focos de calor na Amazônia Legal, estados críticos em desmatamento registraram mais fogo.

La foresta amazzonica brasiliana ha visto un notevole balzo nel numero di incendi quest’anno. I numeri sono impressionanti: rispetto a ottobre 2019, gli incendi sono più che raddoppiati passando da 7.855 a 17.326, secondo l’ Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale brasiliano. Più incendi significa meno protezione per il polmone verde del mondo e ogni volta che l’Amazzonia brucia produce emissioni di CO2 per 25 anni.

La foresta amazzonica

La foresta amazzonica, situata a sud dell’America, è la foresta pluviale più grande del mondo, con i suoi 5,5 milioni di kmq. La maggior parte della foresta si trova in Brasile, si estende in parti minori in  Colombia, Perù, Venezuela, Bolivia, Ecuador, Suriname, Guyana e Guyana francese. Esiste da almeno 55 milioni di anni. È il regno della biodiversità, ci sono centinaia di migliaia di specie, considerando invertebrati, pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili. Sono state classificate almeno 60.000 varietà di piante. Questa foresta produce il 20% dell’ossigeno del pianeta.

Quante volte si è sentito dire “la foresta amazzonica, il polmone verde della Terra”? Quante volte abbiamo visto l’immagine di due aree verdi a forma di polmoni di cui uno scuro, senza più alberi, morto? Un’immagine costruita certo, ma esemplificativa. Dal 2017 la foresta amazzonica ha visto la drastica riduzione del suo territorio, per varie cause, ovviamente umane.

La foresta in fiamme

Secondo i dati promulgati dall’INPE(Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale del Brasile) i primi mesi del 2020 hanno visto più incendi di tutto il 2019. Nel mese di ottobre 2020 si sono registrati più del doppio degli incendi dello scorso anno. Sono circa 17.000 gli incendi nel solo mese di ottobre. Il WWF ha dichiarato che sono stati 73.000 gli incendi in questo anno di fuoco. I roghi che tormentano la foresta, oltre a provocare ingenti danni ai popoli che vi abitano e alla natura, emettono un grande quantitativo di CO2 nell’aria.

È il ciclo senza fine del riscaldamento globale: le alte temperature favoriscono gli incendi; il clima, che prima era umido e caratterizzato da precipitazioni, oggi è più arido e rende sempre più difficile la crescita della vegetazione.

È una foresta che sta diventando savana.




Tante scelte politiche sbagliate

Le gravi condizioni in cui è immerso il Brasile, all’interno del quale si estende circa 60% della foresta pluviale, sono il risultato delle scelte politiche del presidente Jair Bolsonaro, più interessato agli aspetti economici e produttivi del paese,  che a quelli che riguardano la questione ambientale. Il Presidente è riuscito addirittura a raddoppiare il disboscamento, un altro grave problema. Si pensa a monetizzare la foresta, anziché proteggerla.

Le popolazioni che vivono nella foresta

Quest’anno, oltre ai problemi di deforestazione e gli incendi, c’è anche una pandemia mondiale. Comunità isolate, tribù incontattate  sono costrette a spostarsi a causa sia dell’emergenza climatica, che rende i luoghi inabitabili, sia per politiche che non mirano alla protezione di questi popoli, ma al loro allontanamento da queste zone, per poter sfruttare il territorio dove da centinaia di anni, queste popolazioni, vivono.

È una delle prime nozioni che ci vengono insegnate: “noi respiriamo grazie agli alberi, senza di essi non esisterebbe la vita”, senza di essi scomparirà. Qualche anno fa lo scopo era non arrivare al punto di non ritorno, adesso è cercare di limitare i danni, perché il confine è già stato superato.

Ginevra Dinami

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