Fordlandia, la città utopica di Henry Ford

Fordlandia

Fordlandia è una città fantasma costruita nel 1928 dal magnate industriale Henry Ford. Sono passati quasi cent’anni, eppure Fordlandia giace ancora lì, nascosta nella foresta brasiliana nei pressi della città di Aveiro, nello stato del Parà. Questa abbandonata realtà industriale rappresenta il fallimento del progetto di sviluppo intrapreso da Ford, il quale desiderava creare una coltivazione di piante da gomma per garantire alla sua azienda una fonte esclusiva per la fabbricazione di pneumatici.

La produzione della gomma

Inizialmente il bacino amazzonico rappresentava l’unica fonte di gomma per il mondo. La situazione mutò nel 1876 quando l’esploratore britannico Henry Wickham portò dal Brasile circa 70.000 semi di Hevea Brasiliensis, la pianta della gomma. Di 70.000 semi ne germinarono circa 2.800, una cifra sorprendente per l’Hevea. I giovani alberi nati da questi semi vennero successivamente trasportati verso le colonie tropicali inglesi, tra cui lo Sri Lanka e la Malaysia, dove le piante crescevano con grande facilità in assenza dei parassiti presenti invece in Amazzonia.

La gomma britannica proveniente dal Sud Est Asiatico deteneva dunque il monopolio sul mercato facendo aumentare il prezzo per le auto di Ford. Così, egli decise che avrebbe creato la sua piantagione di piante da gomma e stipulò un accordo con il governo brasiliano, il quale gli concesse 10mila chilometri quadrati di terreno, sulle sponde del fiume Tapajòs, in cambio del 9% dei profitti generati.

La costruzione di Fordlandia

Ettari di foresta vergine furono rasi al suolo per lasciar spazio alle coltivazioni di gomma, ma anche per costruire la città all’interno della quale vivevano i lavoratori, sia americani che brasiliani. La sua ambizione infatti, non si limitava all’avviamento di una piantagione di alberi da gomma, ma ruotava intorno all’idea di fondare una città ideale, basata sui principi che aveva alimentato per tutta la vita.

Quella di Ford, fu una delle prime operazioni di disboscamento industriale della foresta amazzonica.

In quegli anni Ford era l’emblema della rivoluzione tecnologica e del progresso industriale. Egli credeva che le condizioni lavorative attuate in America funzionassero anche in Brasile e che sarebbe riuscito a dare un futuro migliore a chi viveva in quei luoghi selvaggi immersi nella foresta. Egli stesso definì il progetto “un’opera di civilizzazione”. Fece costruire case in perfetto stile americano, un ospedale dove i lavoratori ricevevano cure mediche gratuite, un cimitero, una piscina e un campo da golf. Ford fece inoltre istituire una scuola, la quale rappresentò per gli indigeni il primo contatto con l’istruzione. Ma nonostante la situazione apparentemente idilliaca, come venne riferito dalla National Public Radio, “il primo fallimento di Fordlandia fu sociale”.

Egli non solo stravolse lo stile di vita degli indigeni introducendo gli orologi marcatempo, giornate lavorative di otto ore e proibendo l’uso di alcool e tabacco, bensì li costrinse ad uniformarsi agli ideali di una perfetta società americana.

Il fallimento di Fordlandia

Nel 1930 gli indigeni iniziarono a ribellarsi. Alcuni fuggirono nella foresta, altri crearono sulla sponda opposta del fiume, fuori dalla giurisdizione di Fordlandia, bar e bordelli col fine di sfuggire alle pressanti restrizioni imposte da Ford. Le rivolte continuarono fino a quanto l’esercito governativo non pose fine alle insurrezioni con la forza. Ford sperava che la popolazione locale avrebbe accolto con entusiasmo le prospettive sociali da lui imposte, ma ciò non avvenne mai.

Ma non furono solo il malcontento generale e il dissenso culturale ad infrangere il sogno americano di Ford bensì le piantagioni stesse. Convinto che il razionalismo fosse la risposta ad ogni problema, l’industriale decise di non coinvolgere nessun agronomo nella progettazione delle piantagioni. Si servì invece dell’aiuto di molti ingegneri, i quali realizzarono una foresta di Hevea Brasiliensis estremamente fitta e perfettamente geometrica. Posero le piantine in file ravvicinate e lontane dai corsi d’acqua, agevolando così la proliferazione di malattie e parassiti. Inoltre, le prime piantine vennero piantante durante la stagione secca, durante la quale i giovani alberi patirono molto.

Ciò lo costrinse a spostare l’insediamento nella valle di Belterra nel 1933, alla ricerca di una terra migliore. Ma anche quell’investimento fallì. Il progetto si vanificò del tutto qualche anno più tardi, con l’invenzione della gomma sintetica.

Nel 1945 il nipote di Henry Ford vendette il terreno stimando una perdita di circa 20 milioni di dollari. L’area rimase disabitata per decenni, contando solo un centinaio di abitanti. Solo recentemente Fordlandia è ritornata alla vita: la scuola è di nuovo affollata e le case sono disponibili gratuitamente. Nel 2008 si contavano circa 3000 abitanti.

Ma nulla resta del progetto utopico intrapreso da Ford, se non le rovine dell’ospedale inghiottito dalla giungla e la grossa cisterna d’acqua che si erge imponente nel mezzo di Fordlandia.

 

Annie Francisca

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