Foodporn: la cerimonia esasperata del cibo

Foodporn

Fonte: Wikimedia

Un problema di significato

Foodporn, una parola in uso da un po’ di tempo sui social che definisce al meglio la delizia che provoca una determinata pietanza al palato. Francamente? Sembra tanto un’americanata: la classica parola che descrive l’eccesso, la sovrabbondanza quasi nauseante del cibo insalubre, fritto e strafritto su teglie gocciolanti del peggior olio da motore sul mercato. Ce li possiamo immaginare gli americani che godono nell’addentare un hamburger, fare a pezzi un pollo fritto e ingozzarsi di patatine fritte. Quello è il Foodporn: il paradiso dei divoratori di cibo insalubre.




Eppure, contaminati sin dalla Seconda guerra mondiale dall’influenza verbale degli Stati Uniti, anche in Italia il Foodporn ha trovato il suo contesto ideale. Siamo tra i pochi paesi al mondo con una tradizione culinaria tramandata di generazione in generazione. Prodotti d’eccellenza esportati in tutto il mondo e, purtroppo, copiati male. Come può trovare spazio il Foodporn qui in Italia? In attività che mischiano il prodotto, lo esaltano e lo rovinano emulando gli americani. Il nostri sono prodotti di qualità che hanno una storia, devono essere rispettati e non lasciati in balìa delle esigenze di mercato, di questa continua, ingorda necessità di fornire qualcosa di nuovo.

Gli esponenti del Foodporn e il cibo

Ora parliamo degli esponenti del Foodporn, ovvero, i narratori di questa cerimonia esasperata del cibo. Influencer, semplici utenti, aziende, videomaker: tutti soggetti coinvolti in questo rituale del racconto alimentare che protende per un’alimentazione malsana e, talvolta, mendace circa la presunta qualità dei prodotti. Video corti sui social, un po’ più descrittivi su YouTube ma che hanno un denominatore comune: il mordace e instancabile entusiasmo del racconto (anche quando non è necessario tutto ciò).

Felici, sorridenti, meravigliati, appagati e spesso supponenti. Ecco presentata la figura dell’esponente del Foodporn: un conoscitore di attività, profumi e sapori che sa tutto e che alla faccia di chi lo segue ostenta la fortuna del trovarsi lì in quel luogo e in quel momento. Eppure, una domanda sorge spontanea: oltre alle grinze dovute ad espressioni di piacere mentre addentano una delle tante schifezze, ci sarà qualcosa che oggettivamente non è buona?

Pubblicità, il Foodporn è solo pubblicità e ostentazione

La risposta alla domanda appena sopra formulata: no. Perché tutto deve essere buono, geniale nella sua produzione, nell’architettura del piatto. Non possono certo sostenere che il panino appena morso sia di qualità media; rovinerebbe la reputazione sia del locale (che nella maggior parte dei casi paga l’influencer per la pubblicità) che quella del narratore, giacché questi sceglie solo il meglio e non ha mai un’intuizione infelice.

Pertanto, l’ostentazione è figlia di un progetto imprenditoriale ben evidente: l’esaltazione del prodotto e la cerimonia esasperata che se ne fa; tutto è “necessariamente eccezionale” anche ciò che non lo è, ma il canale deve andare avanti. È ovvio che questi signori non sono critici gastronomici (e menomale!), pertanto, non potrebbero esporsi più di tanto nella revisione di una pietanza. Magari sono anche brave persone, ma l’esaltazione costante del cibo rende la loro figura quasi antipatica giacché propria di connotati arroganti e supponenti. Non ci sorprenderemmo se avvistassimo un narratore del Foodporn intento a mangiare ed esaltare con le lacrime agli occhi (ma con l’imperterrito sorriso) il miglio per canarini. D’altronde, se il negozio di animali paga bene, perché no?

Lorenzo Tassi

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