Foodporn: giù la maschera

Foodporn

Wiki commons

Quel lato del Foodporn che non ti aspetti, o forse sì?

Avevamo bisogno di Franchino er Criminale per smascherare definitivamente il Foodporn e i “valori” che porta seco. Lo youtuber tramite storie Instagram sta portando avanti una crociata contro coloro che definisce “marchettari” e contro il mondo del cibo ultracalorico e ultrasponsorizzato. A indagare ulteriormente sull’ambiente ci ha pensato Repubblica con un articolo firmato da Valentina Lupia che ha sapientemente approfondito la questione addentrandosi nelle dinamiche degli “influencer del cibo” e dei ristoratori che ne supportano l’operato.

Oltre alle richieste folli da parte degli influencer o dai ragazzi inviati dalle “imprese social” per un reel o una storia o un post sui propri canali, i ristoratori sono costretti ad ascoltare richieste folli: cene gratis per l’influencer e la famiglia, settanta (e passa) euro per una foto sui social. Spesso in nero. Non sussisterebbe alcuna problematica (oltre il nero) se la pubblicità fosse legittimata dai principali hashtag. Infatti, secondo le norme del Codice di consumo che tutela i consumatori ogni inserzione social deve essere supportata dai relativi hashtag onde evitare fraintendimenti di natura legale e danni nei confronti di chi usufruisce delle immagini, ovvero, i followers. Cosa è successo? Le principali pagine social relative al Foodporn non hanno mai seguito queste indicazioni ed ora si sono ritrovate costrette ad aggiungere e modificare video e foto con i succitati hashtag. Almeno su Instagram, giacché su TikTok non è possibile rielaborare un contenuto in questi termini.

Una testimonianza che smaschera il modus operandi dei food influencer

Nell’approfondimento vi è anche uno spazio dedicato a uno dei ristoratori chiamati dagli influencer per una sponsorizzazione: Daniele Fadda, proprietario del ristorante Santo nel centro di Roma. Da ciò che emerge nell’intervista, Fadda svela circostanze in cui si è trovato a dialogare con i succitati influencer che rasentano dinamiche a tratti imbarazzanti. Da un primo cauto approccio via messaggio, gli influencer si presentano nel suo ristorante chiedendo di mangiare gratis e ricevere un indennizzo in cambio di una pubblicità sui social senza, però, alcuna fattura. Per non parlare delle influencer che con il cibo non hanno nulla a che fare: una ragazza ha contattato il ristoratore per ottenere una cena gratis, ma dalle foto su Instagram non appariva alcuna propensione della suddetta all’aspetto enogastronomico. Questo ci fa capire quanto il Foodporn sia una materia che attira tutti.




Ma l’aspetto più vergognoso esposto da Fadda è la totale cecità di alcuni ristoratori che abboccano alle richieste degli influencer del Foodporn. Si tratta per lo più di proprietari di locali in crisi e che, disperati, sono pronti a provare qualsiasi espediente pur di salvare la situazione. Le richieste rimangono pressoché le stesse ma il modus operandi, in questo caso, rasentano quanto di più meschino possa esistere. Inoltre, alla fine a rimetterci sarà sempre il ristoratore, perché se ogni locale viene descritto in termini entusiastici, allora non vi è più diversificazione e quindi i contenuti premieranno unicamente la pagina social del “marchettaro”.

Esasperazione del prodotto e “marchette”: la negligenza del Foodporn

Una moda quella del Foodporn che rischia di diventare terreno di cause legali e incitamento all’odio. Molti utenti di Instagram hanno, infatti, preso le distanze da questo mondo commentando a più riprese i post delle pagine social più famose. Pertanto, vi è un momento di stallo nel quale la gente sta piano piano capendo che il sistema pubblicitario legato al Foodporn ha dimostrato lacune in termini normativi e continuato a dar linfa a processi alimentari non diversificati e, talvolta, dannosi per la salute.

Perché la maggior parte dei “piatti” proposti da coloro che lavorano nell’ambito non rappresentano di certo principi di alimentazione corretta. Tra kebab rigonfi di presunta carne di Wagyu e oro commestibile, hamburger strabordanti di salse e “carbopistacchionare” l’attenzione nei confronti del prodotto cede all’esasperazione dello stesso. E da qui, come conseguenza, viene a mancare il rispetto per la salute del cliente e si premia un’accozzaglia di sapori che rende tutto indistinguibile. Il Foodporn dovrà fare i conti con un pensiero generale che sta lentamente cambiando e, di certo, le controversie legali non aiuteranno un ambiente che sulla spinta della visibilità social non ha considerato alcuni importanti elementi.

Lorenzo Tassi

Exit mobile version