L’accordo tedesco-keniota rappresenta un’interessante svolta nell’affrontare la questione dell’immigrazione. Mentre molti paesi europei cercano di proteggere le proprie frontiere e respingere i migranti, la Germania ha adottato un approccio diverso, focalizzato sull’accoglienza e sull’utilizzo della forza lavoro migrante per colmare le carenze di manodopera. Questo accordo potrebbe offrire un modello alternativo per gestire l’immigrazione in Europa, affrontando simultaneamente le esigenze economiche e umanitarie.
Parlando dell’attuale situazione relativa ai flussi migratori in Europa, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha recentemente dichiarato che “l’immigrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea”. Questa affermazione riflette la complessità e l’urgenza di quello che molti definiscono “problema migratorio” e che l’Unione Europea affronta. Tuttavia, nonostante le belle parole, l’UE ha faticato nel fornire una risposta unificata e adeguata alla migrazione, come evidenziato dalla decisione di mantenere la non-unanimità nei voti sugli accordi migratori e dalla critica mossa da alcuni leader europei, come Viktor Orban, che hanno definito tale approccio un “stupro giuridico”. All’interno di questo contesto, potrebbe essere utile analizzare l’approccio tedesco alla problematica, in particolare l’accordo con il Kenya, come un possibile cambiamento di paradigma nella gestione dell’immigrazione europea.
L’accordo tedesco-keniota
Nel giugno scorso, il presidente tedesco Scholtz e il presidente keniota Ruto hanno siglato un accordo che prevede l’accoglienza e la formazione di 250.000 giovani africani in settori ad alta richiesta di manodopera in Germania. Questo accordo rappresenta un cambiamento radicale nella logica tradizionale dell’immigrazione, spostando l’attenzione dall’evitare l’arrivo di migranti all’incoraggiarli e guidarli verso una migrazione legale e strutturata.
Il tradizionale approccio italiano
Nel recente passato, l’Italia ha stipulato accordi con alcuni paesi africani, tra cui la Tunisia, con l’obiettivo di impedire ai migranti di imbarcarsi e raggiungere le coste italiane, piuttosto che utilizzare la loro forza lavoro in modo strutturato. Questo approccio si è concentrato principalmente sulla prevenzione e sulla protezione delle frontiere europee, senza affrontare direttamente la questione della migrazione.
Il modello britannico e il programma “Rwanda”
Recentemente, il Regno Unito ha proposto di inviare i migranti che arrivano sulle sue coste in Rwanda, in cambio di un accordo di finanziamento. Questo programma, noto come “Rwanda”, prevede il pagamento di 120 milioni di sterline (equivalenti a 140 milioni di euro) al governo di Kigali per accogliere richiedenti asilo in attesa che altri paesi accettino di ospitarli. Questo approccio è stato oggetto di critiche da parte della comunità internazionale e delle organizzazioni per i diritti umani, poiché sembra concentrarsi sulla deportazione dei migranti anziché sulla loro integrazione.
Il caso del Kenya
Il caso tedesco è significativo perché cerca di affrontare la questione dell’immigrazione in modo più ampio, mirando a fornire opportunità di lavoro e formazione ai migranti in settori con carenza di manodopera. Il governo tedesco ha identificato una crescente necessità di lavoratori qualificati e giovani, con una stima di circa 400.000 immigrati qualificati necessari ogni anno.
L’approccio tedesco prevede un sistema a punti simile a quello in vigore in Canada, dove i candidati accumulano punti in base a criteri come età, istruzione, esperienza lavorativa e conoscenza della lingua. Questo sistema incoraggia la migrazione di lavoratori che soddisfano le esigenze del mercato del lavoro tedesco. Inoltre, l’accordo prevede la collaborazione tra le scuole di formazione tedesche e keniote per facilitare l’apprendimento della lingua e la preparazione dei candidati.
L’approccio tedesco all’immigrazione, basato sull’accordo con il Kenya, rappresenta un cambiamento significativo nella gestione del fenomeno migratorio. Mentre l’Europa continua a lottare per trovare una risposta adeguata all’immigrazione, l’esempio tedesco suggerisce una possibile soluzione che potrebbe affrontare il deficit di manodopera qualificata in Europa e contribuire alla crescita economica dell’Africa. Tuttavia, è importante considerare l’accoglienza e l’integrazione dei migranti come elementi essenziali di qualsiasi approccio futuro. Se l’Europa decidesse di seguire l’esempio tedesco anziché cercare di fermare le partenze dei migranti, potrebbe trovare una soluzione più sostenibile e umana alla sfida dell’immigrazione. Tuttavia, con le elezioni europee all’orizzonte, l’attuazione di un tale approccio potrebbe risultare politicamente complessa.