Farmaci e fitoterapici si possono sempre prendere contemporaneamente? Lo studio pubblicato a fine gennaio sul British Journal of Clinical Pharmacology dai ricercatori della University of Stellenbosch, in Sudafrica, dice di no. Farmaci tradizionali e prodotti erboristici possono entrare in conflitto inibendo le terapie o inducendo tossicità.
La ricerca delle pubblicazioni
La ricerca si basa sull’analisi di precedenti studi pubblicati dal gennaio 2001 al febbraio 2017. Sono stati utilizzati diversi database, tra cui Pubmed, famoso per la consultazione di articoli scientifici.
Le keywords utilizzate: herbal drugs (fitofarmaci), phytochemicals, herb–drug interactions (interazioni erba-farmaco), side effect and adverse-effects (effetto collaterale e effetto negativo).
Le erbe possono aiutare
Negli ultimi decenni l’uso di fitoterapici o solamente di prodotti erboristici è aumentato notevolmente per diverse ragioni, la più importante delle quali è forse quella di evitare l’abuso di farmaci, aiutandosi con i vecchi “rimedi della Nonna”.
Ma se l’atteggiamento verso le erbe è frutto del fai da te o del “mi hanno detto che fa bene” si può andare incontro a seri problemi.
Forse non tutti riflettono sul fatto che le erbe contengono principi attivi, vale a dire i componenti da cui dipende l’azione curativa di una sostanza, e spesso i farmaci derivano dalle piante o ad esse sono ispirati. Ma una molecola prima di diventare farmaco deve compiere un lungo percorso. E dopo viene prescritta da un medico.
Altro discorso vale per i fitoterapici. La definizione del Ministero della salute è la seguente:
I medicinali fitoterapici sono tutti quei medicinali il cui principio attivo è una sostanza vegetale
Questi medicinali sono approvati dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), che ne verifica la qualità, efficacia e sicurezza. Dopo varie vicissitudini, attualmente i fitoterapici oltre che nelle farmacie, sono venduti anche in erboristeria. La dicitura esatta è “integratori” e le confezioni devono essere prive di posologia e di indicazioni terapeutiche, ma è l’erborista a dare una vera e propria prescrizione circa l’uso e i benefici delle piante.
Il prologo è necessario perché i risultati della ricerca in questione provano che quando si è in terapia farmacologica, l’assunzione di fitoterapici può essere dannosa. Vale a dire che le erbe, i fitoterapici in generale, hanno un chiaro effetto farmacologico e non vanno sottovalutati ma presi sotto consiglio di persone competenti.
L’evidenza delle reazioni avverse
Le interazioni erba-farmaco (HDI) e le reazioni farmacologiche avverse (ADR) sono state valutate col metodo RUCAM (Roussel Uclaf Causality Assessment Method).
Il metodo valuta il ruolo causale che una sostanza ha nella reazione avversa al farmaco. Quest’ultima è stata riscontrata in pazienti con problemi cardiovascolari, tumori, trapianti di rene e immunodepressi da HIV, in terapia con warfarine, statine e antibiotici.
Sono state riscontrate interazioni in relazione all’assunzione di fitoterapici quali Ginseng, salvia, semi di lino ma anche Echinacaea purpurea e Tè verde. In molti casi la reazione avversa consisteva nell’inibizione dell’azione del farmaco. In altri casi l’erba, come per esempio il tè verde, associata alle statine provocava dolorosi crampi muscolari.
Come sempre la conoscenza risulta determinante, e gli autori dello studio concludono con il suggerimento di pubblicizzare gli studi sui meccanismi di azione e apporre in etichetta le indicazioni riguardo l’uso di erbe che potrebbero avere interazioni coi farmaci.
Certo una tisana non ci salva la vita, però può aiutarci a viverla meglio. Con cautela.
Alessandro Desogus