Lo sgombero di un edificio ha portato circa cinquanta persone della comunità somala, tra cui sei donne, a trascorrere la notte in strada. Accesso vietato ai Medici per i Diritti Umani: “Un atto dannoso, miope e incomprensibile”
Sono state solo quindici le persone a entrare in strutture di accoglienza a seguito dello sgombero di un edificio occupato di Via Baracca, a Firenze. Il restante gruppo ha invece trascorso la notte per strada, accampandosi con delle tende presso il ponte sul Mugnone.
Una scelta di principio: mentre le circa quindici persone individuate come “più fragili” avrebbero accettato la sistemazione temporanea, le restanti si sarebbero rifiutate di seguire le indicazioni del Comune. Questo perché alle cinquanta persone censite al momento dello sgombero non erano presenti alcuni residenti, che avrebbero fatto salire a ottanta il numero di persone da alloggiare.
Alla richiesta di offrire un’opportunità a tutti coloro che erano stati effettivamente sgomberati, il rifiuto. “Non accettiamo richieste fuori ogni logica”, spiega l’assessore al welfare Sara Funaro. “Non è pensabile che il Comune dia accoglienza temporanea a chi non era in Via Baracca al momento dello sgombero. Noi ci siamo. Al fianco dei più fragili. Ma diciamo no alle strumentalizzazioni.”
L’intervento di MEDU
Nel frattempo anche l’associazione dei Medici per i Diritti Umani, da anni a fianco delle autorità territoriali e la USL per la comunità somala, sottolinea la propria disapprovazione. In parte per la vicenda in sé, in parte per il rifiuto di un’accoglienza che includesse tutti.
Ancora una volta un perfetto esempio di cattiva gestione di uno sgombero che di per sé non porta mai a soluzioni, ma sposta semplicemente i problemi. Le persone non spariscono ma allo stesso tempo vengono private di un alloggio, allontanate dai luoghi di lavoro e dai servizi del territorio a cui facevano riferimento.
Ma per l’associazione il boccone più amaro è stato quello di essere impediti nel loro servizio di mediatori. Durante lo sgombero, infatti, è stato loro vietato di intervenire per facilitare il dialogo tra gli ormai ex-residenti e le autorità. Un atto definito dai MEDU come “dannoso, miope e incomprensibile”.
Il malcontento non si è limitato a questo. Circa settanta persone, tra somali e attivisti, hanno poi occupato il ponte sul Mugnone in protesta alla decisione del Comune. Ad intervenire anche i consiglieri comunali Antonella Bundu e Dmitrij Palagi: “Inutile piangere chi muore in mare se poi si lasciano allo sbando decine di esistenze”
Una notte difficile, quindi, per chi una volta a casa si è poi ritrovato privo di un’alternativa. La comunità somala ha potuto comunque contare sull’appoggio dei cittadini.
Katherina Ricchi