Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha bloccato un emendamento al decreto fiscale in discussione al Senato, che avrebbe aumentato il finanziamento pubblico ai partiti attraverso una modifica al meccanismo del 2xmille. L’emendamento, presentato da Partito Democratico e Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), era stato poi riformulato dal governo, trovando un accordo tra maggioranza e opposizione. Il Quirinale ha espresso contrarietà per motivi di metodo e di sostanza, rimandando la questione al mittente.
La proposta di riforma e il meccanismo dell’inoptato
L’emendamento sul finanziamento pubblico ai partiti prevede una riduzione del 2xmille allo 0,2xmille dell’IRPEF, destinato poi ai partiti politici, ma con una significativa novità: le quote non esplicitamente attribuite dai contribuenti – l’inoptato – sarebbero state redistribuite tra i partiti in proporzione alle preferenze espresse. Questo sistema avrebbe portato un incremento complessivo dei fondi da 25 a oltre 42 milioni di euro. Per i partiti di maggiori dimensioni, come il Partito Democratico, Fratelli d’Italia e il Movimento 5 Stelle, ciò avrebbe significato un raddoppio o quasi dei fondi ricevuti.
Il Quirinale blocca l’operazione
Mattarella ha motivato il suo intervento con tre principali obiezioni al finanziamento pubblico ai partiti:
- Disomogeneità normativa: la riforma non è coerente con la materia del decreto fiscale, che dovrebbe trattare questioni di urgenza fiscale.
- Necessità di un provvedimento specifico: un cambiamento così importante avrebbe richiesto una legge ad hoc e non un emendamento.
- Impatto sulle finanze pubbliche: la redistribuzione dell’inoptato avrebbe comportato un significativo incremento di spesa pubblica, interferendo con le scelte dei cittadini.
Con queste motivazioni, il presidente ha comunicato alla presidenza del Senato che non avrebbe firmato il decreto se approvato con tale emendamento.
La storia del finanziamento pubblico ai partiti
Il finanziamento diretto ai partiti politici era stato abolito nel 2014 con una legge voluta dal governo Letta. Da allora, i partiti possono ricevere fondi solo attraverso il 2xmille, le donazioni private e iniziative di autofinanziamento. Questo sistema aveva l’intento di ridurre la spesa pubblica e di responsabilizzare i partiti, lasciando ai cittadini la scelta di destinare una parte della loro imposta sui redditi alle forze politiche.
Negli anni, il sistema ha mostrato alcune criticità: molti cittadini non indicano un partito destinatario, e le quote non attribuite rimangono nelle casse dello Stato. Con l’emendamento proposto, queste somme sarebbero state redistribuite ai partiti, seguendo un modello simile a quello dell’8xmille per le confessioni religiose.
Le reazioni politiche
La proposta ha suscitato reazioni contrastanti tra i partiti. Il PD e il centrodestra hanno accolto favorevolmente la riforma per il finanziamento pubblico ai partiti, sottolineando l’importanza di garantire risorse economiche per il funzionamento delle organizzazioni politiche. AVS, inizialmente favorevole, si è ritirata dall’accordo ritenendo che la formulazione finale andasse oltre le intenzioni iniziali. Infine, il M5S ha denunciato il cambiamento come un “colpo di mano” del governo, criticando la redistribuzione dell’inoptato come un ritorno al finanziamento pubblico mascherato.
Secondo Rifondazione Comunista, la riforma avrebbe penalizzato ulteriormente i piccoli partiti, già esclusi dal 2xmille, favorendo invece le formazioni più grandi e consolidate.
Implicazioni per la democrazia e il futuro del 2xmille
Il dibattito sul finanziamento pubblico ai partiti solleva questioni più ampie legate alla democrazia e alla rappresentanza. Secondo i critici della riforma, la redistribuzione delle somme inoptate avrebbe minato il principio di trasparenza, favorendo i partiti più grandi a scapito delle formazioni minori e riducendo la libertà di scelta dei cittadini.
Allo stesso tempo, i sostenitori del cambiamento sostengono che un maggiore finanziamento ai partiti potrebbe rafforzare il sistema democratico, in un contesto in cui la politica appare sempre più dipendente da finanziamenti privati.
Un tema ancora aperto
Lo stop imposto dal Quirinale al finanziamento pubblico ai partiti rappresenta una battuta d’arresto per la riforma, ma il dibattito politico e sociale resta comunque aperto. Per il presidente Mattarella, eventuali modifiche dovranno essere trasparenti e discusse pubblicamente, attraverso un percorso legislativo adeguato. Per i partiti, il tema rappresenta una sfida cruciale: garantire risorse sufficienti per il funzionamento della democrazia senza sacrificare il consenso e la fiducia dei cittadini.