“Finanza di pace. Finanza di guerra”: l’appello delle banche etiche contro i finanziamenti all’industria bellica

Il rapporto “Finanza di pace. Finanza di guerra”, presentato a Milano dalla Fondazione Finanza Etica, dichiara che il valore destinato al sostegno della produzione e del commercio bellico da parte di istituzioni finanziarie a livello globale, ad oggi, è pari a 959 miliardi di dollari

Pubblicata il 28 febbraio 2024 dall’Alleanza globale delle banche valoriali (GABV), la ricerca “Finanza di pace. Finanza di guerra” riporta dati che attribuiscono ai finanziamenti globali per il settore bellico un valore elevatissimo.

Ciò avviene perché il settore della difesa viene considerato maggiormente rispetto a qualsiasi altro settore industriale e infatti, nel rapporto si legge:

«L’industria finanziaria globale è fondamentale per la produzione e il commercio di armi, e facilita, per estensione, i conflitti militari

A tale visione si oppone il punto di vista delle banche valoriali, come  sottolineato dalle parole di Teresa Masciopinto, presidentessa della Fondazione Finanza Etica, ente che ha condotto l’indagine insieme a GABV:

«Le armi generano distruzione e morte. La loro proliferazione, tra l’altro, compromette il raggiungimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, come dice la stessa Agenda per il disarmo dell’Onu»

La presentazione della ricerca “Finanza di pace. Finanza di guerra”

Questa analisi è stata presentata a Milano, in occasione dell’incontro annuale globale di GABV ospitato da Banca Etica in Italia.

Nell’appello si legge:

«La pace, e la stabilità che ne deriva, è un prerequisito per mettere la finanza al servizio del pianeta e delle persone»

L’invito fatto all’industria finanziaria è quello di cessare il sostegno a favore delle produzioni e del commercio di armi, incoraggiando di conseguenza le banche e i fondi economici a introdurre politiche che regolano e riducono i finanziamenti spesi per la difesa.

Le principali banche che sostengono e finanziano l’industria bellica

Il rapporto “Finanza di pace. Finanza di guerra” mostra i dati relativi agli investimenti nel settore bellico raccolti basandosi in alcune ricerche realizzate dalle organizzazioni non governative PAX e ICAN, e sulle analisi della Campaña Banca Armada.

I primi posti tra gli investitori in armi sono occupati dalle più grandi società d’investimento, tutte situate negli Stati Uniti. Spiccano nomi come BlackRock, State Street e Vanguard.

A queste, si affiancano, però, anche le banche europee come ad esempio la Deutsche Bank, la Crédit Agricole e la BNP Paribas.

Non mancano all’appello, nell’indagine “Finanza di pace. Finanza di guerra”, le banche italiane che, secondo i dati della Campaña Banca Armada, non risultano tra le prime dieci banche d’Europa inquadrate in tale settore d’investimento, ma allo stesso tempo non occupano posti molto distanti. In specifico sono: Unicredit, con investimenti pari a 4,4 miliardi di dollari e Intesa Sanpaolo con 2,1 miliardi di dollari.

L’indagine “Finanza di pace. Finanza di guerra” riporta dati approssimati per difetto, in quanto non è possibile stabilire con precisione tutti i crediti concessi all’industria bellica, essendo quest’ultima un settore con poca trasparenza.

I dati dichiarati in tale rapporto, fanno riferimento ai numeri pubblici disponibili attualmente, come ad esempio, i comunicati delle banche, gli elenchi di azionisti delle borse, i rapporti periodici sui fondi monetari.

Di seguito, la classifica mondiale e quella classifica europea dei principali investitori dell’industria bellica:




L’allontanamento di alcune banche dagli investimenti sulle armi

Nel rapporto pubblicato nel 2023 da PAX e ICAN, “Allontanarsi dalla distruzione di massa: 109 esclusioni di produttori di armi nucleari” (“Moving Away from Mass Destruction: 109 exclusions of nuclear weapon producers”), è possibile trovare un elenco di istituzioni finanziarie che hanno applicato protocolli che limitano e/o escludono investimenti a chi produce armi di tipo nucleare.

Ad oggi, sono 55 le istituzioni bancarie a livello globale che non eseguono alcun tipo di investimento riguardate il settore degli armamenti nucleari.

I primi posti della classifica sono occupati da banche valorali come Banca Etica, Bank Australia, Triodos Bank e Bank Schweiz.

Con “Finanza di pace. Finanza di guerra” GABV precisa e sottolinea l’importanza di tale segnale, in quanto sta a significare che il sistema finanziario che sostiene il nucleare sta piano piano calando

Il Manifesto per una “Finanza di pace. Finanza di guerra”

Lo scopo di tale iniziativa è quello di chiedere la condanna di qualsiasi tipo di conflitto e di sospendere i finanziamenti per la produzione e il commercio di armi belliche.

«Condanniamo fermamente ogni tipo di violenza, combattimento o guerra, in qualsiasi circostanza e ovunque avvenga. La risoluzione duratura dei conflitti può avvenire solo attraverso un dialogo aperto e una collaborazione sincera, come mezzi per costruire la fiducia che sottende alla pace. Per questo, invitiamo l’industria finanziaria a smettere di finanziare la produzione e il commercio di armi, incoraggiamo le istituzioni a introdurre o ampliare politiche esistenti che limitino il finanziamento all’industria delle armi e chiediamo di divulgarle in modo trasparente. Infine, invitiamo gli istituti finanziari a unirsi a GABV ed esprimere sostegno a questa Dichiarazione».

L’etica della finanza è nata in diverse parti del mondo, compresa anche l’Italia, grazie ai movimenti pacifisti e per il disarmo.

La presidentessa della Banca Etica, Anna Fasano, durante il suo intervento nell’assemblea della GABV, ha affermato che:

“Dai tempi della guerra fredda, mai il mondo aveva assistito a una corsa al riarmo come quella che stiamo vivendo. Da ogni parte arrivano spinte per aumentare le spese militari mentre consulenti finanziari in tutto il globo esultano per le impennate dei profitti e dei rendimenti registrate negli ultimi mesi dal comparto bellico.”

E ha concluso ribadendo l’importanza della pace per realizzare qualunque cambiamento sociale e ambientale positivo:

“È nostro dovere incoraggiare persone e istituzioni finanziarie a chiedersi fin dove è lecito fare profitti con le catastrofi. L’illusione che un mondo più armato sarà un mondo più sicuro e più in pace è smentita dai fatti: alla crescita della spesa militare globale ha sempre corrisposto un aumento dei conflitti […] Oggi sentiamo parlare con disinvoltura addirittura del possibile utilizzo di armi nucleari: è un passo indietro che non possiamo accettare. La finanza può cambiare il corso degli eventi e le banche della GABV sono in prima linea insieme ai milioni di persone e organizzazioni che le hanno scelte per non essere complici di questa deriva”

Ciò vale a dire che, logicamente, il finanziamento dell’industria della guerra è in netta opposizione con qualsiasi definizione di finanza sostenibile.

Andrea Montini

 

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