Secondo Pierre Hadot, la filosofia antica non offriva un sapere sistematico, ma trasformava l’interiorità delle persone e la loro visione del mondo. Era una disciplina complessa, che richiedeva uno sforzo e una pratica costanti. Il premio? La capacità di essere felici. Per questo la filosofia antica ancora oggi ha la capacità di parlarci. E di insegnarci qualcosa.
Pierre Hadot: la vocazione della filosofia antica
La filosofia antica, per il filosofo Pierre Hadot, è la disciplina che insegna a vivere bene. Diversamente dal pensiero moderno e contemporaneo, infatti, la filosofia antica non elabora un’interpretazione sistematica del reale o di una sua parte. Essa, piuttosto, è uno stile di vita. È un’arte di vivere. Il suo scopo è permettere agli umani di realizzarsi ed essere felici, liberandoli dal dominio delle passioni e delle rappresentazioni errate. Stiamo parlando, dunque, di un sapere che trasforma la volontà, il ragionamento e l’immaginazione: esso mette in gioco tutto l’essere della persona.
Esercizi spirituali
Diventare capaci di essere felici non è un compito facile, né immediato. Non a caso, per gli antichi occuparsi di filosofia era una responsabilità permanente verso se stessi. Per affrontare questa sfida, consolidando i progressi e mantenendo la giusta direzione, le scuole filosofiche dell’antichità proponevano degli “esercizi spirituali”. Ovvero pratiche quotidiane per conservare la giusta disposizione mentale e morale – o per ritrovarla. Gli esercizi spirituali preparavano ad affrontare ogni aspetto della vita quotidiana, perché per la filosofia antica non si padroneggia la disciplina solo riflettendo. Al contrario, si persegue la sapienza solo interagendo con gli altri e con il mondo.
Nelle difficoltà, bisogna prestare attenzione a se stessi: la lezione degli stoici
Tra gli esercizi spirituali, fondamentale è la pratica dell’attenzione. Cioè, di una costante vigilanza sulla propria vita interiore. Questa disposizione consolida la conoscenza di sé e permette di controllare i propri desideri e le emozioni. Come ci si potrebbe educare, infatti, se non ci si conosce?
In particolare, l’esercizio dell’attenzione risulta cruciale per lo stoicismo. Secondo gli stoici, l’attenzione serve ad affrontare le disgrazie e le difficoltà inattese. Certe situazioni, infatti, si presentano come brusche domande della vita. Il saggio deve controllare le proprie reazioni, perché ha imparato a distinguere tra ciò che è in suo potere e ciò che non lo è. Ma, poiché in suo potere è solo compiere il bene ed evitare il male morale, egli dovrà accettare ciò che invece è nelle mani del destino.
Abitare il presente come gli epicurei
Come per gli stoici, anche per gli epicurei occuparsi di filosofia è esercitarsi a vivere con libertà e consapevolezza. Diversamente dagli stoici, però, l’attenzione per gli epicurei è fonte di piacere. Anzitutto, di quel piacere che deriva dalla guarigione dell’anima dai suoi mali. Questa è l’effetto della terapia delle passioni in cui la filosofia consiste. Ma, soprattutto, del piacere che nasce dalla capacità di godere il momento presente. Questa capacità deriva dall’attenzione alla propria condizione di mortali. Ogni momento, infatti, sarebbe potuto non essere. Allora, perché sprecare la sua bellezza con il rimpianto del passato e l’angoscia del futuro?
Dialogare con gli altri, dialogare con se stessi
Interrogato su quale profitto procuri praticare la filosofia, il filosofo Antistene rispondeva:
Il poter conversare con me stesso.
Ora, la filosofia antica – è bene non sbagliarsi – è una pratica dialogica. Filosofare è confrontarsi, rivedere la propria opinione, ammettere l’ignoranza. Il dialogo, come rendono evidente la dialettica socratica e platonica, non è solo un contesto: è un metodo. Molto più importante dell’eventuale verità cui si giunge è il percorso compiuto con l’interlocutore per arrivarci. Si apprende insieme, ponendo le domande giuste e rispondendo onestamente. Quello che Antistene intende dire è che il metodo impiegato ragionando con un interlocutore diviene un’abitudine mentale che influenza il rapporto con se stessi. La filosofia abitua a intrattenere un dialogo incessante, con gli altri e in privato, in cui si rende conto di sé. Esaminando i propri progressi e i propri limiti impietosamente, al riparo da autoinganni e facili assoluzioni.
Due esercizi spirituali per il nostro tempo
Secondo Pierre Hadot, la filosofia antica ha ancora molto da insegnarci su come coltivare la nostra libertà, il pensiero critico, la capacità di essere felici. Ma quali sono gli esercizi spirituali che potremmo svolgere oggi? Di un possibile esercizio vi abbiamo già parlato qui, ragionando sul tempo per vivere. Un altro esercizio, per Hadot fondamentale, è quello di (ri)imparare a leggere. A questo proposito, lo studioso cita Goethe, che scrisse:
la gente non immagina quanto tempo e sforzo costi imparare a leggere. Mi ci sono voluti ottant’anni, e non sono nemmeno sicuro di esserci riuscito.
Se vogliamo riscoprire il pensiero antico e i tesori che riserva per le nostre vite, dovremo ricominciare a leggerlo. A leggerlo davvero, però. Mettendo da parte occupazioni e preoccupazioni, meditando con calma, prestando attenzione. Impegnandoci in una conversazione in cui gli antichi, più saggi ed esperti, ci parlano come vecchi amici.
Valeria Meazza