Si potrebbe parafrasare un celebre film degli anni ’80, “Neverending Story – La Storia Infinita” per raccontare la tendenza che in questi ultimi anni sta interessando molti campi della cultura pop, dalla letteratura al cinema, passando ovviamente per i videogiochi e la musica.
Parliamo della serialità che investe un prodotto cinematografico e letterario quando questo si dimostra capace di conquistare il grande pubblico. L’esempio più celebre è forse quello di Harry Potter, la cui saga sembra destinata a non avere più una fine. Nove anni fa l’autrice del celebre maghetto inglese, J. K. Rowling, disse che con l’ultima pubblicazione, “I doni della morte”, avrebbe definitivamente chiuso, lasciando intendere che le avventure di Harry, Hermione Ron potevano considerarsi terminate. Ma poi la scrittrice britannica ha mandato alle stampe un nuovo sequel, “Harry Potter e la maledizione dell’erede”, a cui di sicuro seguiranno altri titoli.
Anche la trasposizione cinematografica è arrivata a contare ben otto pellicole. Il 2017, in particolare, sarà l’anno dei “seguiti”: dopo il reboot di Ghostbuster in versione femminile, e i remake di Dirty Dancing e Independence Day, nei prossimi mesi usciranno nelle sale Trainspotting, Resident Evil, oltre ai già pluri-spremuti Pirati dei Caraibi, Fast and Furious e Transformers.
Il riciclo di un cult è legato ad una assenza di idee da parte degli autori?
Un’ipotesi probabile a cui si legano anche fattori di diversa natura, tutti con un punto di partenza in comune: l’impatto crescente di alcune tecnologie sulle nostre abitudini di intrattenimento. Se alle origini Hollywood raccoglieva quanto più possibile dalle proprietà intellettuali in suo possesso, oggi, la reiterabilità delle stesse è diventata uno straordinario assetto economico per il mondo del cinema.
La morte del mercato degli Home-Video -che prima rappresentavano il 50% dei profitti di una pellicola- e l’affermazione di nuovi fenomeni di intrattenimento (servizi di streaming legali, espansione del mercato video ludico, la crescente popolarità delle serie TV, la pirateria online) obbligano oggi un film ad incassare il massimo possibile, nel minor tempo possibile, contrariamente a quanto avveniva nel passato.
Anche il rapporto con la TV ha favorito il dilagare della “sequelite”. La constatazione degli enormi successi di show come Walking Dead o Game of Thrones, capaci di fidelizzare il proprio pubblico senza ulteriori investimenti creativi, ha contaminato il cinema e la letteratura. Sulla logica del “better safe than sorry” si è puntato inoltre sull’effetto-nostalgia, rivolgendosi su prodotti pensati per bambini e adolescenti, ma spendibili anche presso i trenta-quarantenni, oramai genitori, cresciuti con gli originali.
Analoghe dinamiche si riscontrano anche in campo musicale, dove non mancano mixtape e featuring all’ordine del giorno. Del resto la serialità è in qualche modo rassicurante: quando ci si innamora di una storia, non la si vuole perdere. Per la serie, “squadra che vince non si cambia”, sebbene alcune ricerche di mercato stiano cominciando a registrare i primi sintomi di insofferenza del grande pubblico verso sequel e saghe. Certo, oggi il malcontento verso la pratica dei sequel è ancora latente, ma non manca chi interpreta questa tendenza come una vera e propria mortificazione della creatività. Il timore infatti che l’usato sicuro possa impedire l’emergere di opere inedite di valore, è molto forte. E non mancherà di impattare sulle abitudini dell’industria culturale. Se infatti a registi di peso fosse stato impedito di esprimere la propria creatività, imprigionandoli nella catena dei sequel, probabilmente oggi non avremmo capolavori come Blade Runner o Incontri ravvicinati del terzo tipo.
Alessandro Orofino