Ha stravinto le primarie del centrodestra e probabilmente sfiderà la candidata del FN, Marine Le Pen, in occasione del ballotaggio decisivo alle elezioni di maggio.
Francois Fillon, l’ex primo ministro di Sarkozy, ce l’ha fatta.
Con il 66,5% ha battuto nettamente Juppè, nel ballottaggio delle primarie dei Republicains (il centrodestra francese) e si è collocato in prima fila nella lunga corsa alla carica di Presidente.
La settimana scorsa, al primo turno, Fillon molto a sorpresa si era già piazzato primo, seguito dal distanziatissimo Juppè, estromettendo quindi il suo vecchio “boss”.
Infatti in Francia la carica di Presidente è distinta da quella di Primo ministro – che comunque viene nominato dal Presidente.
Il Capo dello Stato francese viene eletto a suffraggio universale, con una procedura su due turni. Salvo maggioranza assoluta conseguita da uno dei candidati da subito.
Sarkozy, eletto nel 2007, ebbe Fillon come suo Primo ministro, finchè i due ruppero e Fillon si dimise.
Fillon era un po’ caduto nell’ombra, e a queste primarie del centrodestra non era assolutamente tra i favoriti.
L’importanza della vittoria di Fillon
Bisogna qui tener presente che le primarie in questione sono importantissime, perché designeranno lo sfidante di Marine Le Pen, leader incontrastata del Front Nationale, alle elezioni di maggio.
Elezioni che probabilmente daranno lo spin decisivo a tutta la sequenza di avvenimenti – la successioni di drammatiche elezioni politiche nelle grandi democrazie – che stanno caratterizzando questo 2015-17.
Dopo Brexit; voto austriaco in procinto di essere ripetuto col testa a testa fra parafascisti e liberal-democratici; voto per Trump; ed imminente referendum italiano; sarà la volta del voto a Parigi e Berlino.
Per tacer delle situazioni “minori”.
Forse mai una successione di voti popolari è stata così importante, ed è stata tanto centrale nella storia globale.
Salvo forse nel 1932-33: quando prima vince Roosevelt in America, quindi Hitler in Germania. E non a caso furono elezioni storiche e decisive al massimo grado.
In passato, guerre e magari crisi economiche, o pestilenze, o scoperte tecnico-scientifiche, si ponevano al centro della storia.
Adesso, almeno apparentemente, sono i verdetti popolari nelle varie nazioni che influenzeranno pesantemente tutto il corso futuro di una politica che è ormai, di fatto come l’economia, globalizzata.
Democrazia, nazione e globalizzazione
Ma se l’economia è planetaria, la sovranità legale vien ancora riferita ad ambiti nazionali e territoriali specifici – sebbene nel caso degli Stati Uniti si tratti di uno stato nazionale di estensione continentale, e dalla proiezione incontestabilmente planetaria.
Ma viviamo, proprio a causa dell’incoerenza fra realtà economica globale ed assetto giuridico-politico territoriale, in una fase di crisi profonda della democrazia, e delle nazioni.
Nazione e democrazia sono nate quasi gemelle, e oggi sembra che una delle due debba morire, e per non farlo debba sacrificare l’altra.
Per non rimanere nell’astrazione: la reazione a livello locale alla globalizzazione, che oggettivamente spodesta la maggioranza dei cittadini dal trono che la democrazia aveva loro assegnato, sta in una ventata populista-nazionalista, che mette in discussione i pilastri della globalizzazione.
Soprattutto: l’apertura dei commerci internazionali, ed i trattati che vorrebbero aumentare questa apertura, e le istituzioni sovranazionali.
Per l’ultimo caso, parliamo ovviamente e soprattutto della Unione Europea.
La crisi della Francia e il ruolo della Destra : Fillon o Le Pen?
Vista da tempo, da molti, come una istituzione che applica e trasponde le regole del liberismo e della globalizzazione “mercatista” nell’ambito nazionale. Senza i cittadini, volendo, possano legalmente opporsi.
In Francia, l’ascesa della Le Pen, col suo nuovo corso che ha abbandonato il fascismo palese, il razzismo e il mero tradizionalismo, per rendere il suo messaggio, ora e sempre antiglobalista e nazionalista, appettibile anche a fasce di sinistra o di centro dell’elettorato – questa resistibile ascesa rappresenta la punta di diamante della ventata populista.
In quanto essa si sviluppa in un Paese che, data la sua collocazione geografica, e storica, e il retroterra culturale e politico, se passasse nelle mani della Destra radicale davvero potrebbe mettere fine all’Euro, alla Ue, e a catena determinare rivolgimenti mondiali, in senso opposto alla attuale globalizzazione.
L’ondata populista e le istituzioni
Ma il populismo non necessariamente è di destra, e nazionalista – tantomeno è la tomba della democrazia : al contrario.
Esso è anche un grido di allarme : una urgente richiesta di recupero della democrazia, quindi della sovranità popolare, rispetto a processi che invece la schiacciano.
Che il populismo possa rappresentare uno spauracchio ma quindi anche, come tutti i sani spauracchi, uno sprone a fare le scelte migliori, lo dimostra forse proprio l’indizione delle primarie vinte da Fillon.
Che sono le prime mai indette dal Centrodestra francese, e seguono quelle dei socialisti – a loro volta inaugurate nel 2007.
Sulla scia di quelle, per una volta, introdotte in Europa da una iniziativa italiana (a partire dal 2005 con l’ulivismo e poi entrate nello Statuto del Pd).
Ovviamente quelle dei Democratici sono state ricalcate sul modello americano, antichissimo.
Insomma: la domanda di democrazia – cioè di tornare a contare e ad essere realmente ascoltati – da parte della popolazione francese, ha prodotto un effetto per ora sicuramente positivo.
L’introduzione delle primarie per la scelta dei candidati, anche a destra.
Insomma: più democrazia, perché si vota una volta (anzi due) di più : oggettivamente l’opposto di quanto previsto al momento dalla riforma costituzionale proposta in Italia dal governo Renzi.
Il populismo e la domanda di democrazia che sale dal basso
Insomma: se le elezioni, oggi come mai prima, sembrano contare tanto nella decisione della storia futura – tanto che ci occupiamo addirittura del primo turno di primarie di partito in uno Stato estero, cosa assolutamente inedita anche solo dieci anni fa – se questo accade è proprio perchè è sembrato che le elezioni di recente non contassero ormai più granchè.
Perchè, a stringere, valeva solo il TINA (There Is No Alternative).
Cioè il mantra, per cui funzionasse solo il paradigma neoliberale, per governare le cose del mondo, in quanto eravamo arrivati alla “fine della Storia”.
E quindi, fra trasformismi e grosse coalizioni e “l’Europa/i Mercati ce lo chiedono”: non c’era più alternanza.
Come consumatori globali: possiamo scegliere di comprarci di tutto (ma non di non comprare).
Come cittadini: non possiamo più scegliere come essere governati (ma possiamo benissimo scegliere di non votare, anzi per molti sarebbe meglio se ce ne stessimo a casa).
La storia però sembra essersi incaricata di smentire tutto, poichè l’unica verità storica certa è che essa non finisce mai ed è “levatrice di eventi” cioè di novità .
Bastava conoscerla, la storia : strattonata, strumentalizzata e calunniata, in definitiva tradita e fraintesa, si è arrabbiata.
Ed eccoci tutti qua, a vivere “anni interessanti”.
Interessanti anche e soprattutto perchè tutto ormai si tiene, nell’intreccio di flussi globali.
Balliamo sul filo di una corda, tesa intorno a tutto il mondo – la rete globale, davvero.
E ciò che accade a Parigi peserà moltissimo su quello che accadrà qui, e altrove. Come in un drammatico flipper quantistico.
E Destra e Sinistra sembrano scambiarsi molte carte e posizioni.
Le primarie dei gollisti (la destra francese)
Nello specifico, la vittoria di Fillon ha sorpreso ( e di nuovo i sondaggi hanno fatto cilecca, quindi chissà che succederà il 4) perché il calcolo che si attribuiva agli elettori era che, nella scelta del candidato, essi avrebbero preferito un profilo più moderato come quello di Juppè.
Infatti, al momento sembra scontato che al ballottaggio di maggio, se la Le Pen è quasi sicura di arrivare, non ci arriverà nessun candidato di sinistra.
Per cui, per vincere, il candidato di Destra dovrebbe essere più attraente verso sinistra.
Come accadde nelle memorabili elezioni del 2002 : quando alla sfida finale arrivarono Le Pen padre e Chirac, col secondo che stravinse il confronto, grazie ai suffragi degli elettori di sinistra impauriti dalla vittoria dei fascisti, e indotti a votare un conservatore moderato.
Juppè era stato il Delfino di Chirac, e perciò sembrava qualificato come successore nello stesso ruolo di candidato Sinistra-Destra e salvatore della democrazia liberale, antemurale rispetto a Le Pen figlia.
Invece ha vinto Fillon: che non a caso è stato il delfino di Sarkozy, candidato democratico sì, ma molto più arrogante e antipatico a sinistra.
Tanto che si dava quasi per scontato che non sarebbe andati avanti nelle primarie di cui parliamo – perchè sarebbe stato un suicidio pensare di metterlo a faccia a faccia con la Le Pen.
Il rischio di un capovolgimento del verdetto del 2002 sarebbe stato enorme.
Ma per la stessa ragione: si dava per sfavorito Fillon.
Perchè invece ha trionfato?
Il programma di Fillon
Egli è un cattolico, sostanzialmente tradizionalista, conservatore e moderatamente ma obiettivamente nazionalista.
Amico personale di Putin. Che tanto ha fatto che ormai si candida a capo della “internazionale populista” (come viene definita giornalisticamente) insieme a Donald Trump.
Soprattutto, oltre a pensare di contenere l’espansione dei dirtti civili come queli rivendicati dai gay, Fillon è un liberista.
Thatcheriano, borghese espressione della “Francia profonda”, egli ha vinto – nonostante bandisca un programma di tagli al pubblico impiego e alla spesa pubblica, nonche una simil-riforma Fornero delle pensioni.
Certamente molto più posato e rispettabile dei Sarkozy, tuttavia nel suo messaggio recupera o almeno tenta di recuperare tutto sulla destra nazionale l’ondata populista – dei due termini ora in contraddizione, democrazia e nazione, certamente pensa più alla seconda, o quantomeno pensa di ricongiungerle a partire dalla seconda.
Rimane qui sullo sfondo la domanda sociale. ogni riferimento all’elettorato e a domande di sinistra.
E’ vero che le primarie di domenica hanno raccolto quasi 4 milioni e mezo di voti, e che almeno un 15% sono voti di socialisti, forse per Juppè -le primarie erano aperte a tutti senza vincolo di tesseramento come da noi.
La Sinistra voterebbe per Fillon?
Ma insomma: è lecito domandarsi se un candidato serenamente conservatore di destra come Fillon, possa raccogliere così tanti voti a giugno. In un Paese che bocciò la costituzione europea, nel 2005, sostanzialmente portandoci a dove siamo ora giunti, proprio perchè tale costituzione era troppo liberista e troppo poco sociale.
Perlomeno, tanti voti da battere la Le Pen, che peraltro ha riformulato e riformulerà il suo messaggio : che è quello della classica “destra sociale”, statalista e per le tutele sociali, nient’affatto liberista.
Il discrimine sarebbero Islam, immigrati, e unità europea.
Ma non è chiaro al momento dove Fillon si potrebbe collocare, rispetto a quei tre dossiers, per spuntarla sulla Le Pen.
Egli è duro con l’Islam, come Sarkozy in precedenza, e non particolarmente aperto con gli immigrati (come quasi tutti i partiti Oltralpe, in verità).
Soprattutto, da buon nazionalista/sovranista, che vuole “rendere di nuovo grande” la Francia, non si capisce bene cosa intenda fare con l’Euro e la Ue.
E’ infatti vero che la Francia, rispetto all’Italia, è rimasta molto indietro sulal strada delle riforme e riduzione della spesa pubblica.
Ma tanta spesa non ha prodotto così tanto debito come da noi, e il livello dei servizi, e le performance economiche e istituzionali, per quanto declinanti sono tuttora superiori.
Due scenari per il futuro se Fillon batterà Le Pen
Le possibilità, mi sembra, al momento sono due.
Fillon incarna la consapevolezza della Francia del proprio declino: e della necessità di mettersi alla pari con Germania e Gran Bretagna (la moglie di Fillon è gallese) per tornare alla grandeur.
Riforme drastiche, efficienza, crescita, potenza : ottica neonazionalista confermata.
In un caso, perchè si da per scontato che tornano in auge le potenze nazionali, e quindi la Francia deve prepararsi a competere fra nazioni, anche in Europa, a livello economico e commerciale, ma anche diplomatico e magari militare.
Un ritorno al 1900 – se non al 1914.
La seconda opzione, più verosimile penso, è che il liberismo di Fillon, se vincerà, servirà sì a mettere la Francia in pari “coi compiti a casa” : ma per costruire finalmente quel nucleo duro di una Europa più unita, che avrà in comune bilanci, sistema bancario, moneta forte, molte istituzioni di governo.
E sopratttutto l’esercito: perché la cosa certa è che per il nostro continente quello che accade ai confini, e soprattutto la strategia programmata da Trump, di una riduzione dell’impegno degli Usa nella Nato – tutto questo comporta la necessità di investire nella difesa comune.
Senza uno Stato europeo democratico, almeno a qualche livello, l’idea di avere moneta ed esercito in comune fa pensare agli antichi imperi medievali .
Per non dire che non sembra facile raccogliere gli ingenti fondi necessari, per costituire un grande esercito europeo, senza una qualche forma di ulteriore integrazione dei bilanci.
Anche se per certi aspetti già oggi la spesa europea per la difesa è grandissima: solo inefficiente, in quanto scoordinata e disintegrata in una quantità di eserciti nazionali. La maggioranza dei quali lillipuziani.
E l’Italia di Renzi?
In tutto ciò, visto che tout se tient, la domanda è : che farà il prossimo governo italiano, anche e soprattutto se sarà un forte governo Renzi, vittorioso al referendum, al momento in cui la Francia dirà – noi tagliamo la spesa pubblica, e voi italiani che avete il debito pubblico più alto d’Europa, che cosa fate? State al gioco e rimanete nell’Euro, oppure che fate?