Nato da madre spiritista e da padre (adottivo) astronomo, Jack London è uno dei tanti figli della povertà. Durante la sua breve ma intensa vita svolge i mestieri più disparati e conosce il mondo fino a poter scrivere 50 volumi.
“Figlio del lupo“, di Romana Petri, uscito per Mondadori, poteva essere una biografia ricca di avvenimenti curiosi e di storie esaltanti. Del resto la vita di Jack London offre sufficiente materiale per assicurarsi una narrazione interessante ed evitare il più controproducente degli effetti nella lettura: la noia. Invece questa non è una biografia, ma un romanzo, e forse proprio con questa scelta la scrittrice italiana ha saputo dare alla luce una narrazione viva, che non è solo memoriale, ma ampliamento dell’orizzonte della parola.
Tutto ruota in “Figlio del lupo” attorno a Jack London. Questo atteggiamento, quello della rotazione, dell’osservazione, è la trovata che permette il racconto. Jack ci appare così attraverso gli occhi di chi ha amato, come un vero e proprio personaggio romanzesco. La forma e le caratteristiche della personalità dello scrittore vengono alla luce per mezzo dei comportamenti delle persone che gravitano intorno alla sua singolarità. Ogni approccio, ogni moto di avvicinamento, tradisce una precisa intuizione nell’animo di chi li compie. In questo modo riceviamo il ritratto del protagonista a partire dalle donne che lo hanno nel tempo affiancato.
Incontriamo così Fora Wellman, la madre dello scrittore, donna appassionata di spiritismo e prima vera scopritrice del talento del figlio. Fora crede nelle capacità di Jack. Si accorge del bisogno del bambino di aspirare alla grandezza, nonostante la povertà e la mancanza d’istruzione. Sa essere per Jack consolazione e spinta verso il futuro. Insieme alla sorella Eliza, oggetto di una devozione viscerale, costituisce il nucleo familiare a cui London fa riferimento.
Si susseguono Mabel Applegarth, Bessie, Anna Strunsky e Charmian, tutte diverse, tutte, in un modo o nell’altro esploratrici delle ambiguità e delle fantasie di Jack. Un uomo che nella vita è stato pugile, cercatore d’oro, assicuratore, pescatore clandestino di ostriche, cacciatore di foche e, intanto, scrittore, per diventarlo poi esclusivamente solo dopo tutto questo girovagare e vivere sempre al limite. Arrivato alla ribalta, finalmente, non è mai stato sazio, aspettando all’angolo una nuova svolta, come instancabilmente desideroso di fare esperienza della vita.
“Figlio del lupo” racconta anche di questa sete di scoperta, impregnata di contraddizioni interne strazianti che rendono London un uomo sospeso tra la vitalità più limpida e il suo contraltare più buio. Come se, a tratti, lo scrittore volesse guardare oltre che all’estrema varietà dell’esistenza anche alle profondità dell’abisso della morte. Non è facile convivere con questi estremi, non lo è per le donne che gli stanno accanto, non lo è per lo stesso scrittore, in perenne bisogno di attenzioni e restio alle lusinghe di rapporti stabili e definitivi.
Viene fuori un carattere animalesco, istintivo e bramoso di spazi selvaggi e lontani dal dominio umano. Vicino alla scrittura dello stesso London. Venato da sprazzi di lucidità poetici e drammatici, che colgono in un tempo lo stupore e la malinconia sparsi nel creato. “Figlio del lupo” è la storia di un uomo che si fa scrittore attraverso l’esperienza che fa del mondo, percorrendolo in lungo e in largo dominato da un furore indicibile che vuole essere dentro a ogni cosa sul cammino.
La vocazione socialista dell’autore viene esaminata alla luce della sua prorompente personalità. Emerge, ancora una volta, un profondo dissidio tra l’uomo titanico e fautore della sua affermazione individuale e l’attivista fraterno nei confronti dei più umili. Certo, parlare di socialismo, ma parlare a milioni di persone, con voce chiara e riconoscibile, con tratti distintivi ed emblematici, più come un eroe che come un comune lavoratore.
Ecco in “Figlio del lupo” un ritratto inedito dell’avventuriero Jack London, una storia dei desideri di un giovane infaticabile e delle ragioni più intime del suo cuore.
Paolo Onnis