Figli omosessuali: il Papa dice ai genitori di non condannarli per questo “problema”

figli omosessuali

È affatto raro che nel nostro Paese a dirigere il dibattito etico e sociale sia il leader politico dello stato confinante, il Vaticano. Suscita ora reazioni contrastanti la più recente esternazione del Pontefice. Si tratta dell’invito di Papa Bergoglio ai genitori di figli omosessuali a non condannarli.

Una società ormai evoluta

Di fronte a una società che progredisce -anche se lentamente- bisogna adeguarsi. Mentre uguaglianza e diritti civili tentano di irrompere nell’agenda politica, nuovi temi si impongono prepotentemente. E anche la Chiesa si è trovata costretta ad aggiornare l’agenda. In un mondo ormai post-moderno è troppo avventato continuare a condannare apertamente le persone per il proprio orientamento sessuale. È plausibilmente per questo motivo, ma non solo, che il Papa si è dovuto esprimere a favore della tolleranza. Ebbene sì: a favore della tolleranza, come se ci fosse qualcosa di insostenibile che bisogna sforzarsi di tollerare.



Cosa ha detto il Papa ai genitori di figli omosessuali

Accostando con uno svilente paternalismo l’omosessualità alle pericolose e superficiali ragazzate che trasformano una serata tra adolescenti in tragedia, il Papa ha invitato i genitori di figli omosessuali a non condannare i figli. L’esempio da seguire che il Pontefice ha portato è quello delle mamme in visita ai figli detenuti in carcere. È con lo stesso coraggio di quelle donne (donne e madri, ovviamente) che bisogna sostenere i figli omosessuali. Abbagliati dall’amore e dalla bontà insiti nell’ennesimo invito alla buona azione, ai più è però sfuggito che l’omosessualità sia stata definita un problema. Magari curabile e superabile, come gli anni in carcere che prima o poi passano.

Il poliziotto buono e il poliziotto cattivo

Avevamo circa vent’anni quando la mia amica del cuore mi raccontò di essere stata vittima di una truffa. Mentre con la sua auto superava un’altra macchina che procedeva a una lentezza esasperante, ha sentito un colpo sulla portiera. Si era tenuta a distanza e non aveva avuto la sensazione di aver colpito l’altra vettura, eppure qualcosa doveva essere successo. I due uomini nell’auto sorpassata l’hanno fatta accostare e, una volta di fronte al mezzo, le hanno mostrato i danni che, con la sua manovra azzardata, lei aveva provocato. Uno dei due era davvero aggressivo e minacciava di farle del male. Inevitabile non appellarsi alle capacità di mediatore dell’altro, un uomo più ragionevole che tentava di calmare il nervosissimo compare. Su consiglio del signore più accomodante, la mia amica, spinta verso un bancomat, ha prelevato la cifra che le ha permesso di mettere riparo senza conseguenze al danno arrecato all’automobile del mostro.

Si tratta davvero di aperture progressiste?

Quella attuata dai due manigoldi è la tecnica del poliziotto buono e del polizotto cattivo. Una strategia che funziona se si è spaventati, come nel caso della mia amica. E come nel caso di un credente di questi tempi inevitabilmente peccatore che teme che nell’aldilà non gli andrà troppo bene: fa sesso prima del matrimonio, magari nemmeno si sposa e convive, o è divorziato, utilizza metodi contraccettivi, ha cani e gatti anziché figli, oppure ha un figlio, ma il figlio è gay. Il poliziotto buono e quello cattivo avevano apparentemente atteggiamenti molto diversi tra loro, ma entrambi agivano congiuntamente per la stessa terribile causa.

E le posizioni dell’arcivescovo di Buenos Aires, invece, moralmente più permissivo,  sono quindi davvero più aperte (nei confronti delle persone Lgbt, ma non solo) , di quelle del più rigido e fedele alla tradizione della Chiesa Benedetto XVI?

Irene Tartaglia

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