Mosca, 31 dicembre 1999. Vladimir Putin è un ex agente del KGB, ha 47 anni ed è primo ministro nel governo di un dimissionario Boris Eltsin, che sta per nominarlo presidente ad interim della Federazione Russa. A breve, l’ex KGB terrà un discorso destinato a cambiare la storia. Con Figli di Putin, edito da Linkiesta Books, Ian Garner ripercorre l’ultimo ventennio della Russia, dalla narrazione fiabesca in risposta al degrado degli anni 90 fino alla quotidianità dopo la terza “operazione speciale” del governo, l’invasione dell’Ucraina. Partendo dalla triade del potere Media, Cremlino e Chiesa Ortodossa, Garner offre al lettore un contributo sociologico a 360 gradi in cui ricostruzioni temporali, semiotica ed interviste convergono nell’analisi delle subculture giovanili russe, evidenziando l’esistenza di una generazione che non ha conosciuto una Russia al di fuori di Putin e considera un onore morire per la patria, in pieno stile neofascista.
La fiaba di fine millennio: una nuova Russia, giovane e potente
«Un mondo che percepisce la guerra e la violenza come un modo totalmente logico per porre fine alla guerra e alla violenza». Così Ian Garner descrive la società russa sotto la guida di Vladimir Putin. Infatti, dopo la caduta dell’U.R.S.S. e un decennio caratterizzato dal degrado, dalla miseria e dalla criminalità, gli anni 90, Putin inizia un’operazione mediatica che deve trasformare l’immagine della Russia e creare l’impressione di una nuova Nazione, giovane e potente.
Tutto, dal sistema sanitario fino alle associazioni giovanili, sarebbe stato cambiato per far tornare la Russia agli antichi splendori e per Putin questo sarebbe stato possibile solo applicando un neototalitarismo guidato dallo Stato, con Mosca capitale dell’impero. Il 31 dicembre 1999, quando Eltsin gli affidò la presidenza ad interim, Putin tenne un discorso, in cui affermò: «Libertà di parola, di coscienza, di informazione e diritti di proprietà: lo Stato proteggerà questi principi fondanti della società civile». Oggi, con il controllo dei media, della Chiesa Ortodossa e ovviamente del Cremlino, Putin “protegge” questi principi fondanti a tal punto da essersi insinuato nella coscienza dei giovani, che sotto il regno dell’ultimo zar di Russia hanno tre possibilità per sopravvivere:
- Cercare una via di fuga;
- Chiudersi nel silenzio;
- Reinventarsi come putinisti.
Figli di Putin: la generazione Z russa tra meme, violenza e neofascismo
L’opera di Garner analizza la quotidianità di diversi giovani russi, dall’uso dei social media più popolari, come il Facebook russo VK, al linguaggio bellico e violento che viene utilizzato, per arrivare al senso di colpa che il regime è riuscito ad insinuare, tramite il controllo della Chiesa Ortodossa, nell’anima dei ragazzi.
Infatti, con la promessa di portare ordine individuale e collettivo, Putin attua, almeno a livello mediatico, uno sviluppo sociale e civile che sembra ispirarsi ai valori occidentali (molti sono i film citati nell’indagine, in cui titoli come Love Actually vengono riproposti in chiave russa, con un lieto fine costante e una retorica di benevolenza verso lo Stato), ma che in realtà contribuisce ad aumentare le disuguaglianze, lasciando le periferie nel degrado e eleggendo Mosca a scintillante capitale, un luogo fiabesco in cui il sogno di ogni giovane russo può diventare realtà.
Ad esempio Alina, il primo personaggio che compare nel libro, è un’adolescente alla moda che abita a 1800 chilometri da Mosca, figlia di una classe media che nei primi anni del 2000 è riuscita a crescere economicamente, vive nel mito di una Russia patriottica ed è fiera delle sue origini. Prima del 24 febbraio 2022, Alina su VK condivideva post dei suoi outfit firmati, foto dei suoi viaggi in giro per il mondo e video degli aperitivi e delle serate in compagnia dei suoi amici. Dopo l’operazione militare in Ucraina, la bacheca VK di Alina è diventata un inno all’odio. Alina è una dei Figli di Putin ed è pronta a morire per la sua patria.
Noi e Loro: il neofascismo russo nella coscienza dei giovani
In ogni intervista dell’opera di Ian Garner è evidente come il totalitarismo putiniano sia il frutto della persona che è Vladimir Putin, ossia un ex militare. A tutti gli effetti, la realtà alternativa della fiaba fascista che milioni di giovani sarebbero andati ad abitare avrebbe avuto un prezzo: quello dell’annullamento dell’Altro, della suddivisione in un Noi ed un Loro. In questo nuovo scenario, è ovvio che non ci sia spazio per la libertà d’espressione, per l’affermazione della propria unicità e per le opinioni divergenti rispetto a quelle del governo, c’è posto solo per la guerra e la preservazione dei valori della Nazione.
Così, la strategia politica di Putin non si allontana poi molto da una strategia militare, in cui la ricerca di un nemico è il principale strumento di consenso. Prima erano i ceceni, poi il popolo della Crimea, poi i membri della comunità LGBTQ+, oggi fuori legge in Russia, nonché altre svariate minoranze. Ora come ora, il nemico è senza dubbio il popolo ucraino, che viene percepito dai cittadini russi come un popolo barbaro e da debellare, nemico della Russia libera.
Il paradosso di questa narrazione sta nell’evoluzione e nella retrocessione che Mosca ha attuato nel suo sviluppo sociale: ad esempio, nei primi anni 2000 i bar gay della capitale erano fiorenti e la comunità LGBTQ+ si sentiva libera di esprimersi in quella che era considerata la città cosmopolita, nonché sogno di ogni giovane, della Federazione. Oggi, tutti quei russi che a inizio millennio si sentivano liberi di poter esprimere la loro sessualità, sono costretti a fuggire all’estero o a reprimere le loro emozioni.
Ciò è stato possibile anche grazie al controllo della Chiesa Ortodossa, che con il senso di colpa si è insinuata nelle coscienze dei giovani russi, spingendoli ad odiare tutto ciò che è diverso e non rientra nell’ideologia morale oggetto di propaganda del Cremlino. La bacheca VK di Alina, con i meme propagandistici e gli auguri di morte ai “barbari ucraini” ne è l’esempio e Dio, che parla attraverso il patriarca Kirill, benedice ogni azione violenta volta alla purificazione della società russa.
Il mito della guerra e il sangue versato dei giovani russi: Putin sta sacrificando una generazione per tenersi il potere
Tutte le strategie repressive adottate nel corso del ventennio per mantenere il potere da parte di Vladimir Putin, come l’annullamento delle proteste, gli arresti degli oppositori e le dubbie morti dei giornalisti che indagavano sulla corruzione e i brogli intorno alla sua figura, sono confluite in una guerra vera e propria: prima la Cecenia, poi la Crimea e infine l’Ucraina. Nelle «interviste sconvolgenti, contradditorie, ripetitive e frammentarie» raccolte da Ian Garner, fuoriesce l’indottrinamento subito da Millennials e Generazione Z russi, convinti che la guerra sia giusta e il sacrificio di sangue necessario per un fine più grande. Tutto il neofascismo perpetuato dalla triade dei poteri ha creato una generazione pronta a morire e che vede nell’Occidente un depravato nemico.
Comunque nulla è eterno, neanche Putin, che ormai si trova alla fine della sua esistenza. Ciò non lo distoglie dal mantenersi saldo al potere, ma quando morirà anche lui, cosa accadrà? Garner si avvale dei pareri di politologi ed esperti di geopolitica per comprendere quale potrebbe essere una possibile soluzione perché, anche se è vero che migliaia di giovani russi sono fuggiti oltre il confine e altrettanti aspettano la fine del neototalitarismo per riprendere a respirare, sono innumerevoli anche i giovani cresciuti nel mito della violenza legittimata e indottrinati alla guerra da Cremlino, media e Chiesa Ortodossa.
Così, con Figli di Putin Ian Garner porta alla luce un contemporaneo mondo orwelliano, in cui anche Internet è un’arma ed è un mondo molto pericoloso, dove si parla la lingua dell’odio e si vive un lifestyle al passo coi tempi, ma non è Orwell, è la realtà e per combatterla innanzitutto bisogna conoscerla.
Se la Corea del Nord insegna che si può vivere in una bolla totalitarista completamente isolata, la Russia dovrebbe insegnarci che il processo che porta al totalitarismo è molto più breve di quel che pensiamo. Ad ogni modo, il parere degli esperti che hanno contribuito all’indagine di Garner è che gli organi internazionali di coesione e cooperazione dovrebbero agire immediatamente e con umanità, non con la violenza già estremamente presente nella quotidianità dei giovani russi, per fare in modo che la cruda narrazione descritta nel libro di Garner cambi rotta.