Attribuito ad Augusto e fatto proprio dai Medici, il motto «Festina lente» (cioè “affrettati lentamente“) può sembrare un paradosso. Quando non proprio, specie visti i ritmi frenetici della nostra vita quotidiana, un beffardo nonsenso. Eppure, a prenderlo seriamente, questo monito della saggezza antica è davvero un ottimo consiglio!
L’esortazione «festina lente» mi era del tutto ignota fino a quando, per caso, non l’ho scoperta in un manualetto di retorica. È – come spiegava l’autrice – un antico esempio di ossimoro, in quanto i termini che compongono l’espressione sembrano contraddirsi a vicenda. Il significato di «festina lente» è infatti: «affrettati con lentezza». Gli antichi avevano forse voglia di scherzare? Oppure aveva dato loro completamente di volta il cervello? Niente affatto! Si tratta, in realtà, di un suggerimento davvero saggio. Che, peraltro, a chi ha saputo seguirlo ha dato ottimi frutti.
Festina lente: un consiglio diventato motto
Pare che il primo a fare dell’espressione «festina lente» il proprio motto sia stato nientemeno che l’imperatore Augusto. Così, almeno, riporta lo storico Svetonio nel secondo libro delle Vite dei Cesari a lui dedicata:
Augusto pensava insomma che per un buon generale niente fosse meno indicato della fretta e della temerarietà. Per questo andava ripetendo frequentemente il detto: «Affrettati lentamente! Per un capo è meglio la prudenza che l’ardimento».
(Vite dei Cesari, II, 25)
Ciò significa che Augusto era un pavido, un irresoluto? Naturalmente no. Come precisa il seguito del passo, semplicemente l’imperatore riteneva che prima di intraprendere ogni impresa bisognasse valutarne attentamente costi e benefici. Evitando di agire sconsideratamente come un pescatore che vada a pesca con filo sottile e un amo d’oro massiccio. Quel «lente», pertanto, non va inteso tanto come lentezza – o pigrizia – nel mettere in atto una risoluzione. Piuttosto, l’avverbio fa riferimento alla riflessione che necessariamente dovrebbe precedere l’azione.
Da Cosimo I de’ Medici ad Aldo Manuzio
Grande ammiratore dell’Impero di Roma, nel XVI secolo Cosimo I de’ Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico e duca di Firenze adottò il motto augusteo. Adattandolo, in particolare, alla propria flotta: nasceva così la tartaruga sormontata da una vela che compare in decine di raffigurazioni a Palazzo Vecchio.
A Firenze, però, il motto «festina lente» non era giunto da Roma, bensì da Venezia. Prima del secondo duca di Firenze, infatti, l’esortazione era stata fatta propria dal celebre tipografo veneziano Aldo Manuzio. Che aveva dato ad essa una rappresentazione grafica del tutto particolare, adottando come marca tipografica per le edizioni aldine un delfino avvinto a un’ancora. Un’idea originale per rappresentare insieme velocità (il delfino) e ponderazione (l’ancora), ma non proprio farina del sacco dell’editore. Manuzio, infatti, aveva tratto quel simbolo da un’antica moneta romana donatagli da Pietro Bembo, adattandolo per la sua tipografia. Finendo per associare il simbolo e il motto fin dalla dedica delle opere di Angelo Poliziano, uno degli intellettuali di punta proprio a Firenze, alle dipendenze di Lorenzo il Magnifico.
Festina lente: un ponte reale, un ponte ideale
Nei secoli, numerosi casati europei hanno adottato il motto «festina lente». Non è insolito, perciò, vederlo dipinto sul soffitto di un’antica dimora. Stupisce di più, invece, trovarlo agli estremi di un ponte creato proprio ispirandosi a questo motto. Il ponte, chiamato appunto Festina lente, si trova a Sarajevo ed è frutto dell’ingegno di tre studenti dell’Accademia di Belle Arti: Adnan Alagić, Amila Hrustić e Bojana Kanlić. Inaugurato nel 2012, si estende per 38 metri sul fiume Miljacka: la sua peculiarità è la volta coperta che ospita alcune panchine e forma una sorta di “nodo”. La scelta di questa struttura, come hanno precisato gli ideatori, risponde all’esigenza di invitare chi passa con la consueta fretta a rallentare. A fermarsi a osservare, a chiacchierare, anche solo a riposare.
Può sembrare un’utopia, o magari anche solo un’ingenuità, oggi che il non avere tempo è diventato uno stile di vita. Non solo fermarsi a riflettere, ma addirittura fermarsi a respirare sembra un lusso che moltissimi di noi non possono permettersi. Chiaramente, l’invito «festina lente» non può che apparire inattuale, scioccamente pretenzioso, privo di senso. Eppure, rivendicare a sé stessi il proprio tempo (secondo la lezione del filosofo Seneca) potrebbe essere proprio il primo passo per vivere meglio. Non solo più felici: anche più efficienti e produttivi. Proprio perché, conformemente al suggerimento di Augusto, ci si è concessi il tempo di riflettere sulle opzioni e mettere a punto la linea d’azione migliore. Possiamo continuare a non farlo, certo. Possiamo fare come quei pescatori descritti dall’imperatore, quelli che vanno a pesca con un amo d’oro e si disperano per averlo perduto. Prima di decidere in questo senso, però, forse dovremmo chiederci se saremo in grado davvero di tenere la testa sott’acqua per tutta la vita.