Con Omicron nei paraggi e i contagi di nuovo alle stelle, le feste sono saltate, per il secondo anno di seguito. Come stiamo reagendo a quest’ultimo imprevisto pandemico?
L’impennata dei contagi è ormai sotto gli occhi di tutti. Il caos regna sovrano, praticamente ovunque. Le agognate feste natalizie, con annessi bagordi, sono state offuscate e sabotate, in un baleno, da questo nuovo vortice di casi, tamponi, quarantene e isolamenti. Ci sembra di stare in un loop infinito, in un film già visto che qualcuno ci sta imponendo di riguardare. Un film con scenari post apocalittici più che da cinepanettone.
Il decreto “Festività”
E se già la situazione non fosse chiara, il governo ha pensato bene di varare il decreto “Festività”. Si, l’ha chiamato proprio così, per ricordare a tutti che, anche quest’anno, il Natale e il Capodanno li festeggiamo l’anno prossimo.
Dopo un biennio come quello appena trascorso, é difficile non arrendersi alla stanchezza. È estenuante non potersi godere un po’ di quella socialità che ci è stata tolta, senza doversi confrontare costantemente col fantasma del contagio.
Ci sono, poi, la corsa ai tamponi, le FFP2 obbligatorie che non si trovano e se si trovano costano un rene, il non sapere praticamente nulla di certo sul da farsi in caso di positività, la campagna vaccinale che procede a tentoni, il booster, il Green Pass rafforzato, i No Vax, i giorni di quarantena in caso di contatto e il numero di tamponi da fare in fila per sei col resto di due. Una moderna Babele senza precedenti.
Feste sabotate da Omicron
È un sabotaggio delle feste in piena regola, una roba che neanche il Grinch in persona avrebbe saputo fare meglio. Questo ci dà, forse, ancora più fastidio del dover convivere da due anni con una pandemia. Perché con quella ci sembrava ormai di essere scesi a compromessi. Credevamo di poterla tenere sotto controllo e di riuscire finalmente a goderci un cenone, a staccare qualche ora la spina da tutto il resto e concederci un po’ di festa. E invece no, piani saltati. Un’altra volta. Di nuovo, tutti fuori di testa. Anche perché, tradizionalisti come siamo, se ci toccano le feste comandate non rispondiamo più di noi stessi. Figuriamoci se ce le guastano per due anni di fila.
Strategie e reazioni alle feste sabotate
E visto che è umano avere la necessità di buttare fuori le proprie emozioni comunicando, due sono le strade più battute, negli ultimi giorni, lì (sul web) dove la pandemia non può arrivare: l’aggressività e l’ironia.
La rabbia dei leoni da tastiera
La prima è frequentata dai soliti haters, leoni da tastiera pronti a prendersela con chiunque, pur di sfogare la propria frustrazione. Poco importa se i bersagli non hanno nessuna colpa, se le motivazioni sono fantascientifiche e, il più delle volte, l’italiano di chi inveisce è piuttosto approssimativo. Queste persone sputano sentenze e scagliano anatemi, con una convinzione da luminare e la saccenteria di chi possiede la via, la verità e la vita. Scatenano risse virtuali che neanche nei peggiori bar di Caracas. E sono risse che, naturalmente, non portano a nulla di utile, ma va loro riconosciuto il merito di far passare il tempo a chi partecipa e pure a chi legge.
L’ironia di chi prova a sdrammatizzare
E poi c’è la strada dell’ironia. Sembrerebbe questa la strategia vincente, perché ci fa ridere di questa sorta di Jumanji in cui siamo finiti quando, istintivamente, ci verrebbe da deprimerci fino alle lacrime. Allora via di meme, battute e video demenziali, perlopiù a tema tamponi, mascherine e farmacie. Una sana ironia che sfoga questo bisogno di condivisione che non riusciamo più a colmare da troppo tempo.
Il lato positivo delle feste sabotate
Insomma, se ancora una volta, dobbiamo sforzarci di vedere il bicchiere mezzo pieno e trovare il lato positivo a tutto questo, tocca essere grati che la pandemia da SARS-CoV-2 ci sia piombata addosso in questo periodo storico e non negli anni precedenti. Viverla prima dell’avvento dei social avrebbe significato dover reprimere l’istinto primordiale di socialità e comunicazione che caratterizza gli esseri umani. Invece una forma di incontro, scambio e relazione, seppur virtuale, ci è comunque concessa. Dovrebbe bastarci per stringere i denti e continuare a credere che torneranno gli abbracci veri, i brindisi rumorosi e i luoghi affollati di gioia e sorrisi.
Un’altra lezione da imparare?
Che poi c’è gente che questa roba non l’ha mai sperimentata neanche prima della pandemia e, probabilmente, non riuscirà a farlo dopo, perché la povertà, la malattia e la solitudine esistono dalla nascita del mondo, a prescindere dai periodi pandemici. Non sarà che l’universo vuole farci provare un po’ di umana empatia?
Chi non vede gioie SOLO da due anni, colga l’occasione per praticare un po’ di sana gratitudine, che quando torneranno saranno ancora più apprezzate e vissute come meritano.
Chissà che Omicron non sia un’altra lezione da imparare. E che quest’ultima batosta ci insegni un po’ la vita. Mai dire mai.