Femonazionalismo e politiche reazionarie: come la destra strumentalizza i diritti delle donne

il fenomeno del femonazionalismo

Il fenomeno del femonazionalismo rappresenta una delle più sleali forme di strumentalizzazione delle tematiche femministe e della parità di genere. Se durante le elezioni del 2022 ti è capitato di pensare “ho votato Giorgia Meloni perché è donna”, senza esserne consapevole, sei stata vittima del femonazionalismo. Questo termine, introdotto dalla sociologa e teorica critica Sara R. Ferris nel suo libro In the Name of Women’s Rights: The Rise of Femonationalism, descrive l’atto di strumentalizzare il femminismo a favore di un tipo di ideologia nazionalista ed è spesso utilizzato per giustificare comportamenti xenofobi e razzisti.

Il fenomeno del femonazionalismo: la strumentalizzazione delle idee femministe

A differenza di quello che si potrebbe pensare, la presenza di figure femminili nelle politiche di estrema destra, come quella di Giorgia Meloni e quella di Marine Le Pen, non rappresenta un progresso per il movimento femminista. Al contrario, ancora una volta, ci troviamo di fronte alla conferma della forza del patriarcato.

Entrambe le leader sfruttano la loro posizione per rinforzare politiche nazionaliste, spesso adottando comportamenti e politiche sessiste. Un chiaro esempio del fenomeno del femonazionalismo l’abbiamo vissuto quando, nel 2022, Marine Le Pen decise di sfidare Emmanuel Macron alla presidenza della Francia scegliendo lo slogan “femme d’ètat”, donna di stato.

La lotta contro il velo islamico di Le Pen

Dietro la costruita facciata di emancipazione, le due leader hanno continuato a sostenere politiche che perpetuano la disuguaglianza e l’esclusione.

Un chiaro esempio del fenomeno del femonazionalismo vede Le Pen tentare di attrarre l’elettorato femminile utilizzando un linguaggio che esalta la forza delle donne e che induce a sognare la parità di genere. Tuttavia, le sue posizioni politiche rivelavano una realtà ben diversa.

La sua ostilità verso l’immigrazione e il multiculturalismo, mascherata dal desiderio di difesa dei diritti delle donne, ci permette di osservare con chiarezza la messa in atto da parte di Le Pen del fenomeno del femonazionalismo. Infatti, la sua campagna è caratterizzata dalla lotta contro il velo islamico che tenta di mascherare come una lotta mirata alla difesa dei diritti delle donne.




In realtà ci troviamo di fronte alla promozione di un’agenda xenofoba e islamofoba, poiché, così facendo, ignora le voci delle stesse donne musulmane, che spesso scelgono di indossare il velo come espressione della loro identità e fede. Invece di ascoltare e rispettare queste voci, Le Pen vuole imporre la sua visione di cosa significhi essere una donna libera, perpetuando così una forma di colonialismo culturale.

Politiche sessiste mascherate da emancipazione

È possibile notare la presenza del fenomeno del femonazionalismo anche nella politica di Giorgia Meloni che mira al sostentamento della natalità. La premier ha più volte sostenuto piani per aumentare la natalità che includono incentivi per le famiglie tradizionali, limitando allo stesso tempo l’accesso all’interruzione di gravidanza.

Tali politiche non solo minano l’autonomia delle donne consolidando un ordine sociale che danneggia la libertà personale, ma rafforzano anche un modello di società basato su ruoli di genere rigidi e patriarcali, che confinano le donne principalmente in ruoli di madri e custodi della famiglia.

La presenza di leader femminili che sfruttano le battaglie femministe nei partiti di estrema destra è strategica: serve a renderli più appetibili all’elettorato femminile, mascherando le loro politiche reazionarie con una facciata di emancipazione femminile. Si tratta di un inganno particolarmente pericoloso, poiché utilizza la legittimità delle battaglie femministe per rafforzare sistemi di oppressione esistenti.

Per contrastare il fenomeno del femonazionalismo, è essenziale promuovere un femminismo intersezionale, che non solo lotti per i diritti delle donne, ma anche per quelli di tutte le minoranze; che riconosca e combatta tutte le forme di oppressione basate su razza, religione e classe sociale; un tipo di femminismo capace di ascoltare e valorizzare le diverse esperienze e prospettive delle donne di tutto il mondo.

Il vero progresso non si misura semplicemente dall’ascesa di donne al potere, ma dalla capacità di tali donne di sfidare e smantellare le strutture di oppressione che mantengono le disuguaglianze derivanti da dinamiche patriarcali.

 

Elena Caccioppoli

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