Puntare il dito è semplice. Porsi le domande giuste per riuscire a scardinare una realtà sociale secolare, è molto più difficile. L’obbiettivo delle lotte dell’ultima ondata di femminismo intersezionale è proprio questo: distruggere il patriarcato con l’aiuto in prima linea proprio del genere maschile.
Il femminismo intersezionale indica il movimento volto al raggiungimento della parità di genere, coinvolgendo però non solo le donne, ma ogni essere umano. Poiché il vero nemico non è l’uomo, bensì il patriarcato.
Per quale motivo quindi, gli uomini dovrebbero lottare al fianco delle donne per cambiare la visione di questo mondo riguardo ai ruoli che sono associati ai generi?
Libertà. Di agire, di emozionarsi, di vivere e di scegliere per sé stessi, poiché il pensiero maschilista che annebbia le menti da secoli a questa parte avvelena ogni singolo essere umano.
Negando la possibilità alle donne di avere anche un minimo potere decisionale, lavorativo e personale, agli uomini è stata addossata un’immensa responsabilità, diventata con il tempo un peso che grava sulle loro spalle fin dal loro primo respiro in questa società.
Quante volte abbiamo sentito un genitore rimproverare suo figlio mentre stava piangendo o mostrando delle emozioni? “Sono cose da femminucce e tu devi essere forte!“.
Il maschilismo tossico che sin da piccoli ci insegnano, è ciò che porta alla cultura dello stupro, alla visione della donna-oggetto e all’ingabbiamento del genere maschile in uno stereotipo nocivo.
Non a caso le classifiche di suicidio di tutto il mondo sono dominate da uomini. Stando ai dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità:
“Quasi l’80% dei morti per suicidio sono uomini, con un rapporto di genere (uomini/donne) che è andato aumentando linearmente nel tempo, passando da 2,1 nel 1980 a 3,6 nel 2016. I tassi di mortalità per suicidio sono più elevati tra gli anziani, ma è tra i giovani che il suicidio è, analogamente a quanto si registra a livello mondiale, una delle prime cause di morte con una grande differenza nei livelli di mortalità tra ragazzi e ragazze.”
Il genere maschile è in aggiunta trattato più duramente durante i giudizi in tribunale a parità di reato, vista la pressione sotto cui sono messi costantemente dalla società e dallo Stato. Inoltre, sono i protagonisti della maggioranza dei senzatetto nel nostro Paese, che negli ultimi dieci anni si sono quadruplicati arrivando a toccare le 500 mila unità.
Tutto ciò è il risultato di stereotipi duri ed insensati a cui ogni individuo deve sottostare quotidianamente, i quali danno vita a malesseri generali e tragedie già annunciate.
Un concetto che l’autore Lorenzo Gasparrini cerca di sviscerare nel suo libro Perché il femminismo serve anche agli uomini. Testo del 2020, incentrato sull’inganno della falsa libertà:
“Gli uomini non si riconoscono come vittime di stereotipi o costrizioni. La cultura dominante dice che c’è un solo modo di essere uomini. L’uomo deve essere sicuro di sé, autorevole, non deve mai manifestare emozioni e debolezza, può fare quello che vuole senza dover chiedere mai. Ma la verità è che esistono tanti modi di essere uomini, e sono tutti migliori di questo.”
Essere uomini non vuol dire non piangere, essere sempre sommersi di responsabilità e non poter crollare mai.
Significa essere in primis persone, con un cuore e dei sentimenti.
Questo mondo è ingiusto nei confronti del genere maschile e siccome questi ultimi sono degli esseri umani, è giusto che l’ingiustizia venga riconosciuta e combattuta così come viene fatto con quella a danno delle donne.
L’obbiettivo del femminismo intersezionale è proprio questo: un mondo dove ognuno possa avere la libertà di essere ciò che più desidera, senza alcuno stigma che gli tarpi le ali.
Bisogna spezzare le catene, l’uno affianco all’altra.