L‘ossessione non guarda negli occhi nessuno. Il femminicidio neanche.
Accade a Ravenna, la mattina del 16 settembre, ora locale. Una donna viene colpita ripetutamente con una ferocia animalesca, attraverso un bastone di legno. Sembrano essere una ventina di colpi. Il volto è irriconoscibile, il cranio fracassato.
Ci tenevo davvero ad iniziare un articolo seguendo le sacrosante regole del giornalismo; volevo enunciare semplicemente i fatti, così, esattamente come sono successi, e narrare l’accaduto come semplice e fredda cronaca. Avete il diritto di farvi un’opinione senza che io vi esponga la mia.
Ma il femminicidio non segue nessuna regola logica, nessun capoverso né paragrafo, nessuna coerenza, nessuna confessione evidenziata da una scarpetta di cristallo abbandonata sul tragitto verso casa, con il tacco segato a metà.
Il femminicidio non vede confini, muri, separazioni.
Quella scarpetta non verrà più indossata.
Il femminicidio travolge, colpisce, attacca, e uccide.
La scrittrice Michela Murgia ci pone un interrogativo interessante a riguardo, chiedendosi a cosa serve, realmente, chiamarlo femminicidio.
La parola omicidio comprende già di per se entrambi i sessi.
La parola femminicidio non vuole indicare il sesso della persona morta, ma delinea il motivo per cui è stata uccisa. Una donna che perde la vita durante una rapina non è considerato un femminicidio.
Sono vittime di femminicidio tutte le donne che si spengono perchè rifiutano di comportarsi secondo le aspettative di quegli uomini, che possiedono delle femmine.
Dire omicidio ci rivela che qualcuno è deceduto.
Il femminicidio ci dice anche perchè, e ci avvicina sempre di più al Medioevo.
Più trascorrono i giorni, le ore, i minuti, i secondi, più avanzano inquietanti e raccapriccianti retroscena di un femminicidio consumato attraverso una violenza animalesca e barbara, da appendere a quella scarpetta di cristallo. Una delle tante che non verrà più indossata.
Il dermatologo 51 enne, Matteo Cagnoni, ricattava da tempo la vittima, la moglie dalla quale si stava separando; forse per obbligarla a non abbandonare il tetto coniugale. Da agosto l’uomo possedeva le prove dell’infedeltà della donna. Grazie ad un’investigatrice privata, di fatto, aveva applicato un gps sotto la macchina di lei, e le aveva clonato il cellulare. Se questa non è ossessione…
Non so con esattezza che numero sia Giulia Ballestri nell’infinita lista delle donne uccise nell’anno 2016.
So che i dati dimostrano che oltre il 50% delle donne italiane che vengono assassinate perde la vita per mano di chi avrebbe dovuto amarle.
Giulia non merita di essere considerata soltanto come l’ennesimo caso.
L’ennesimo numero da aggiungere a quella inifinita lista, l’ennesima scarpetta di cristallo da abbandonare lungo il tragitto verso casa, con il tacco segato a metà.
L’ennesima scarpetta di cristallo che non verrà più indossata.
Non lo merita Giulia, non lo merita Lucia, così come Sara, Elisa, Giovanna, Roberta, Veronica…
Non stiamo parlando di raptus improvvisi. Non più. Non stiamo parlando di donne passive, che offrono mente e corpo ad un uomo violento e barbaro, andando incontro al destino come agnellini sacrificali.
E’ forse arrivata l’ora di sfatare un po’ di stereotipi, e massacrare un po’ di luoghi comuni; quelle comode poltrone sulle quali siamo abituati a posare i nostri dubbi e le perplessità, quando non troviamo una spiegazione logica ai fatti di cronaca.
La logica non esiste più. Dinnanzi a noi abbiamo solo più infinita disperazione, follia, rassegnazione e disumanità.
Ossessioni appartenenti a uomini per bene, rispettosi, che quando allentano la cravatta, e tolgono la camicia perfettamente stirata, entrano a far parte del fight club.
L’omicida non è un disoccupato, un ignorante, un alcolizzato cresciuto a pane e violenza, entrando e uscendo da quattro sbarre di ferro. Matteo Cagnoni è un noto dermatologo italiano, laureato con 110 e lode a Firenze, con dottorato sperimentale a Napoli. Da 10 anni, si legge sul suo sito web, si occupa di invecchiamento cutaneo e dermatologia estetica. Possiede inoltre circa una 90ina di pubblicazioni scientifiche, oltre alla pubblicazione del libro “se la pelle parlasse”. Non stiamo di certo parlando di uno sprovveduto con un diploma della terza media.
Questo, e molto altro ancora, non fa altro che dimostrare che il femminicidio non possiede occhi e orecchie, non ha status sociali, né tanto meno vede attestati, riconoscimenti o distintivi appesi al petto.
Non esiste logica né coerenza.
Istruzione e ceto sociale non bastano più ad immunizzare dall’ossessione e dal senso malato di possesso, che è alla base della violenza di genere.
Il femminicidio non risparmia i contesti che consideriamo economicamente e socialmente avanzati.
L‘ossessione non guarda negli occhi nessuno.
La violenza sessuale fa parte di un programma non scritto insito ad ogni battaglia che viene sanguinosamente combattuta. Assistiamo alla ferocia della guerra ogni volta che l’uomo si sveste dai suoi abiti civili, allenta la cravatta e sfila i mocassini.
Il genere umano paga, da sempre, il prezzo di questa società plastificata, che permette all’uomo di dare sfogo al proprio Mr Hyde; il demone interiore che, forse, risiede nelle viscere più nascoste di ognuno di noi.
La donna paga il prezzo più caro di questa disumanità prepotente e barbara, travestita da camice firmate e cravatte sempre più strette al collo.
Elisa Bellino
Riferimenti collegati a:
_Fight Club, romanzo di Chuck Palanhiuk (https://it.wikipedia.org/wiki/Fight_Club_(romanzo)
_Lo strano caso del Dr Jekyll e del signor Hyde https://it.wikipedia.org/wiki/Lo_strano_caso_del_dottor_Jekyll_e_del_signor_Hyde
Non capisco perché non si possa parlare di omicidio. La donna é una specie a se stante.. O che?