A 41 anni Roger Federer dice basta: “il mio corpo non ce la fa più”.
Dopo 24 anni tra i professionisti, in cui ha deliziato gli spettatori con la sua eleganza e con un talento senza pari, la Laver Cup sarà il suo ultimo torneo.
La notizia era nell’aria ma la conferma ufficiale, attraverso un lungo post su Instagram, non può non lasciare l’amaro in bocca a chi ama questo sport. Non può perché è una notizia a cui segue una consapevolezza di cui, volenti o meno, dovremo prendere atto: non ci sarà mai più un altro “King Roger”.
Ma finché siamo ancora in tempo, finché possiamo ancora aspettarci di vederlo un’ultima volta dentro il rettangolo di gioco, non lasciamoci prendere dalla nostalgia. Possiamo ancora ripercorrere la sua storia come se ancora non fosse finita, chiudere gli occhi e immaginarlo trionfante a Wimbledon 2023, in quel “Centre Court” che, da anni, è casa sua.
Federer, ragazzo prodigio
“The Swiss Maestro” nasce a Basilea l’8 agosto del 1981. Inizia a giocare a tennis a 6 anni, ma non è la sua unica passione: pratica anche il calcio. In effetti sembra che fosse un buon trequartista – d’altra parte un talento del genere non può essere limitato ad una sola disciplina – ma a 12 anni opta definitivamente per la racchetta.
Due anni dopo diventa campione assoluto della Svizzera ma servirà ancora un anno per il suo approdo nel circuito ITF juniores. Nel 1998, a 17 anni non ancora compiuti, la sua stella comincia a brillare nel firmamento di questo sport: finale agli US Open Juniores e vittoria a Wimbledon Juniores (segno del rapporto che avrà con l’erba londinese). Il risultato? Primo posto nel ranking mondiale degli under 18.
“King Roger” comincia a lasciare il segno
L’esordio “tra i grandi” arriva nel luglio di quello stesso anno a Gstaad, in Svizzera, contro l’argentino Lucas Ker. Quest’ultimo vincerà il match con un doppio 6-4 e anni dopo rivelerà che mai si sarebbe aspettato che quel diciassettenne sarebbe diventato il tennista più importante della sua generazione- secondo lui aveva un rovescio “debole”. Ma a Roger basteranno due anni per confutare l’opinione di Ker: se nel 1998 chiude l’anno al 301° posto in classifica, nel 2000 salirà fino alla 29° posizione.
Il 2001 è l’anno dei primi successi. E c’è anche un po’ di Italia nella sua ascesa. E’ a Milano infatti che vince il suo primo titolo Atp, sconfiggendo in finale Julien Boutter. Poco dopo comincia a farsi strada anche nei grandi Slam: quarti di finale agli Open di Francia e quarti di finale a Wimbledon.
Secondo gli addetti ai lavori, è proprio nel grande Slam inglese che avviene la svolta della sua carriera: nella sua strada per i quarti batte un altro mostro sacro del tennis, Pete Sampras, interrompendo la sua striscia di 31 vittorie consecutive sull’erba londinese. Quel match- una vera e propria battaglia, durata 4 ore e vinta per 3 set a 2- rimane l’unico incontro sul campo tra queste due leggende.
Da questo momento in poi, la sua ascesa verso la prima posizione sembra sempre più rapida. Nel 2002 vince il suo primo Masters 1000 ad Amburgo e infila un’altra serie di successi. Poco tempo dopo però deve fare i conti con la morte del suo coach, l’australiano Peter Carter, scomparso a seguito di un tragico incidente stradale. Questo lutto improvviso lo destabilizza e gli effetti si vedono sul campo: non riesce ad andare oltre i primi turni in tutti gli Slam.
Il primo di una lunga serie
Bisognerà aspettare il 2003 per vederlo tornare a splendere. Il 7 luglio infatti, a meno di 22 anni, vince per la prima volta il Torneo di Wimbledon, battendo in finale Mark Philippoussis. A Gstaad, la federazione svizzera di tennis lo premia regalandogli una mucca. Federer, visibilmente divertito, battezza l’animale “Juliette”.
Quell’anno sportivo si conclude nel migliore dei modi: Roger vince la sua prima Masters Cup, sconfiggendo un’altra leggenda come Andre Agassi, con il punteggio 6-3 6-0 6-4. In quel momento “The King” è al secondo posto della classifica Atp, ad appena una manciata di punti da Andy Roddick, il numero 1.
2004, l’anno di Federer
Ma è il 2004 a segnare l’inizio di un’era che lo incoronerà come il migliore di sempre. Grazie alla vittoria dell’Australian Open (sconfigge in 3 set Marat Safin), Federer diventa numero uno del ranking mondiale. Poco dopo, a Miami, perde a sorpresa contro un altro “discreto” talento, un certo Rafael Nadal (allora diciassettenne), nel primo di una lunghissima serie di scontri che segnerà un’intera generazione tennistica.
Sempre in quell’anno vince per la seconda volta Wimbledon e per la prima volta gli US Open, diventando il primo tennista di sempre a vincere 4 finali Slam su quattro disputate. Infine chiuderà in bellezza l’anno sportivo vincendo per la seconda volta consecutiva la Masters Cup. Ancora oggi quell’anno è ricordato come una delle più grande annate di sempre nel mondo del tennis.
Il “Career Grand Slam”
Ricordare, anno per anno, tutti i successi di Roger significherebbe perdersi tra centinaia e centinaia di vittorie. Meglio limitarsi ai momenti salienti. Nel 2005 si porta a casa il trofeo di Wimbledon per la terza volta consecutiva, oltre che quello degli US Open. Chiude l’anno con un rapporto vittorie-sconfitte di 81/4.
Nel 2006 la musica non cambia: Federer vince gli Australian Open, gli US Open e, per la quarta volta di fila, Wimbledon. Fu anche ad un passo dal “Grande Slam”, ovvero la vittoria nello stesso anno di tutti e quattro gli Slam, ma fu sconfitto agli Open di Francia da chi là costruirà le proprie fortune. Rafael Nadal infatti si imporrà in quattro set, diventando il primo a battere Federer in una finale di uno Slam.
Nel 2007 la storia si ripete: Roger vince tutti gli Slam tranne il Roland Garros, dove è nuovamente Nadal ad avere la meglio. Da sottolineare che durante quell’edizione di Wimbledon non lasciò neanche un set agli avversari, dimostrando, ancora una volta, la sua superiorità sull’erba londinese. Solo l’anno successivo Rafa Nadal riuscirà a battere lo svizzero al “Centre Court” di Londra, interrompendo una striscia di 41 vittorie di fila nel torneo.
Nel 2009 raggiunge il risultato tanto agognato: battendo in finale l’outsider Robert Soderling, vince per la prima volta il Roland Garros. In questo modo diventa il sesto giocatore nella storia del tennis a raggiungere il Career Grand Slam- la vittoria, almeno una volta, di tutti e quattro gli Slam. Chiuderà per la quinta volta l’anno da numero 1 del ranking mondiale.
Una carriera di successi
Continuare in questo modo sarebbe impossibile, anche perché la nostalgia potrebbe avere la meglio. Roger al momento conta 20 titoli Slam, di cui 8 Wimbledon e 6 Australian Open. Inoltre, è l’unico giocatore ad aver vinto per 6 volte le Tour Finals. Nel suo palmares sono annoverati anche 28 Masters 1000, 24 Atp 500, 25 Atp 250, una Coppa Davis vinta con la svizzera, 1 oro olimpionico nella disciplina del doppio insieme al connazionale Stan Wawrinka (Giochi olimpici di Pechino 2008) ed un argento in singolare a Londra 2012.
Federer, l’uomo dietro l’atleta
Nonostante questo lungo elenco di trofei, Federer non è il tennista più vincente di sempre( anche se detiene il record di settimane consecutive da numero 1 del ranking). Ma non serve essere il più titolato per essere il migliore. Quando pensiamo a lui, non pensiamo solo alla grandezza del tennista, ma anche a quella dell’uomo: mai una parola fuori posto -ma quando parla il silenzio è assoluto- né un comportamento antisportivo. A prescindere dal risultato del match, ha sempre ricambiato l’amore dei suoi tifosi dispensando sorrisi ed autografi. E non perché non sia competitivo, anzi: forse è proprio l’eccessiva voglia di vincere a spingerlo a fare un passo indietro.
Gli ultimi anni di Roger infatti sono stati imperversati da diversi guai fisici, soprattutto al ginocchio. Ripensando al passato recente però, non può non riaffiorare la finale di Wimbledon 2019, in cui, dopo aver avuto due match point, perse contro Novak Djokovic al tie break decisivo del quinto set -la finale durò 4 ore 57 minuti, la più lunga della storia del torneo. Mentre vedevo quel match (quelle due occasioni sprecate gridano ancora vendetta) ebbi l’impressione che si trattasse dell’ultimo canto del cigno per Roger. L’ultima possibilità di trionfare a Wimbledon. Purtroppo i fatti mi hanno dato ragione.
Fino al 26 settembre però, è meglio non pensarci. Abbiamo ancora il privilegio di vederlo giocare un’altra volta e di esultare con lui. Lo osserveremo con un’occhio sognante ed uno nostalgico, sperando che, mescolando le lacrime, confonderemo anche il passato e il futuro. E magari in un’afosa notte di luglio ci sveglieremo di soprassalto, come molte altre volte, soffocati dal caldo e rapiti dai nostri problemi quotidiani, ma ritorneremo a fare bei sogni, sicuri che, come sempre, Re Roger ci protegga da Londra, ben saldo al trono.