Fca (Fiat Chrysler) e Renault: fusione all’orizzonte. Un gigante buono o cattivo?

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Fca rilascia un comunicato

Fca (Fiat-Chrysler) ha rilasciato stamattina un importante comunicato: l’azienda italoamericana guidata da Mike Manley, infatti, ha ufficialmente presentato a Renault l’attesa proposta di fusione. Con molta solerzia, la casa automobilistica francese ha fatto giungere la sua risposta, informando il pubblico e gli addetti ai lavori circa le sue intenzioni di “studiare con interesse l’opportunità di una tale combinazione”. Il primo riscontro è quindi del tutto positivo: la fusione tra i due produttori è una realtà sempre più visibile all’orizzonte e, per ora, sembra suscitare soprattutto entusiasmi: non a caso, Fca registra un +17% a Piazza Affari; Exor, la storica controllante della famiglia Agnelli, vola al +10%; al di là della Alpi, invece, Renault apre al +16%.

Un nuovo gigante “europeo”

La notizia giunge proprio il giorno dopo le elezioni europee (e non è un caso), che hanno sancito un cambiamento di orientamento generale dell’elettorato. Questa possibile fusione tra Fca e Renault, però, non è stata decisa da nessun elettore, eppure risulta così influente per decine di migliaia di vite (e qui sorge spontanea la domanda sull’effettiva ubicazione del potere); ha quindi il risultato benefico di riportarci alla realtà dell’economico-sociale.

Essa creerebbe un nuovo solido colosso: avremmo infatti il terzo produttore di veicoli al mondo (per numero di vetture realizzate) dopo Volkswagen e Toyota. Un vero e proprio gigante di cui, stando a quanto dichiara il portavoce del governo francese Ndiaye, l’Europa ha proprio bisogno. Che cosa c’entra il governo francese nella questione Fca-Renault? Al di là degli ovvi interessi da osservatore (in quanto Renault è uno storico marchio transalpino sotto il cui brand sono impiegati migliaia di cittadini francesi), la Francia ha anche diretti interessi, come primo azionista: Renault, infatti, è in mano allo Stato francese per il 15%. Risulta quindi chiaro perché la settimana scorsa il Ministro dell’economia di Macron abbia incontrato il presidente della casa automobilistica; e perché Ndiaye abbia pubblicamente espresso il favore del governo francese all’operazione Fca-Renault.

Anche per questi motivi, Borghi, responsabile economico della Lega, ha – forse involontariamente – rimarcato come gli aspetti formalmente politici dell’operazione abbiano un’importanza solo di ritorno: infatti ha ipotizzato l’ingresso dello Stato italiano tra gli azionisti di Fca per “bilanciare il ruolo della Francia”.

Alcune caratteristiche

Nel suo comunicato, Fca ha anche specificato che:

La Società risultante dalla fusione (quotata a Milano, Parigi e New York) sarà detenuta per il 50% dagli azionisti di FCA e per il 50% dagli azionisti di Groupe Renault, una struttura di governance paritetica e una maggioranza di consiglieri indipendenti

Fca prevede una stima di 5miliardi di euro di sinergie run-rate annuali, derivanti principalmente dalla convergenza delle piattaforme, dal consolidamento degli investimenti nei sistemi di propulsione e nell’elettrificazione e da economie di scala. La fusione porterebbe inoltre a gestire un portfolio di marchi per coprire pressoché l’interezza del mercato.

Il vantaggio, stando alle stime di Fca, sarebbe reciproco: il marchio italoamericano aprirebbe la via dell’America alla parte francese (via che, date le recenti politiche commerciali di Trump, sarebbe altrimenti assai impervia da percorrere) e Renault permetterebbe una più profonda penetrazione dei prodotti Fca in Asia. Non dimentichiamo, infatti, che Renault ha stretto da svariati anni un’alleanza strategica con Nissan; proprio su questo punto gli entusiasmi si smorzano, perché pare che Nissan non sia molto propensa ad un accordo che prediliga i volumi di vendita nel nordamerica e, di conseguenza, potrebbe tirarsi fuori dall’affare Fca – Renault.

Fca e le possibili conseguenze sui dipendenti

Il quinto importante punto del comunicato recita icasticamente:




La fusione non comporterà nessuna chiusura di stabilimenti. […] I benefici dell’operazione proposta non si otterrebbero con la chiusura di stabilimenti ma deriverebbero da investimenti più efficienti in termini di utilizzo del capitale in piattaforme globali dei veicoli, in architetture, in sistemi di propulsione e in tecnologie. […] La fusione creerebbe nuove opportunità per i dipendenti di entrambe le società e per i principali stakeholder

Dunque, le rassicurazioni non mancano, ma non possono cancellare ogni perplessità e preoccupazione. In Europa, infatti, Fca ha 20 stabilimenti, mentre Renault ne ha 23: molti dei propulsori prodotti da Renault sono di dimensioni simili a quelli prodotti da Fca e si potrebbe prospettare, quindi, un problema di sovrapposizione. La conseguenza sarebbe il riadeguamento o chiusura di alcuni impianti produttivi europei. Ecco un altro nodo che arriva a smorzare gli entusiasmi. E se ne aggiunge almeno un altro: Fca è di base in Olanda e – come abbiamo detto – Renault ha come primo azionista lo Stato francese. Siamo sicuri che il governo di Parigi accetterebbe di buon grado un trasferimento degli organi direttivi ad Amsterdam?

Euforie e dubbi, per vedersi concretizzati o dissolti, comunque,  dovranno comunque attendere parecchio: Manley ha infatti puntualizzato che, qualora la fusione dovesse essere approvata, la nascita della nuova società potrebbe richiedere più di un anno.

Francesco Ziveri

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