Faye D’Souza e la sua esperienza sono solo una goccia del mare della degradazione sessuale. Di fatto, l’emancipazione femminile tutt’oggi sembra dare fastidio ai sostenitori di una società prettamente di stampo maschile. Quanti sono i bombardamenti televisivi con pubblicità associanti la figura della donna alla pulizia idilliaca, alla cura del bebè se non l’indiretto asservimento all’uomo di casa? I reiterati tentativi di ridimensionare la figura della donna alle mansioni tipiche dell’immaginario collettivo sono tanti e invani. Probabilmente alcune battaglie nella storia dell’umanità sono servite a qualcosa. Quindi perché non accettarlo tranquillamente?
Per risalire alla matrice di questo rigetto antropologico, dovremmo tornare indietro nel tempo. Potremmo vedere come l’uomo è sempre stato comandante delle grandi guerre, artefice di grandi invenzioni, scopritore di nuove terre. Nonché massimo esponente politico, se non ecclesiastico.
Cambiano le carte in tavola: la donna esce dalle mura domestiche, intraprende una carriera e raggiunge anche un notevole successo. E nel corso della storia, tante donne sono riuscite ad abbattere questo conformismo soffocante. Non più donne di casa, ma imprenditrici, scrittrici, politiche, cantanti. Fatturano milioni senza l’appoggio di nessun altro. Dimostrano questa sfacciataggine che a molti non va giù. Meritocrazia? Talento? Non per qualcuno. Secondo un’approssimativa mentalità sessista/patriarcale questo successo è direttamente proporzionale ai cm di carne nuda esposta. Non sono state poche (e non saranno), le reazioni di avversità nei confronti delle donne di potere. Diciamo che non sorprende cotanta difficoltà nell’ammettere che questo “spodestamento” a favore delle donne abbia in qualche modo ferito l’orgoglio dell’uomo primeggiante.
E questo è il caso di Faye D’Souza. Recentemente alcune di queste degradanti accuse sono state mosse in India durante il telegiornale Mirror Now ai danni della conduttrice. Durante un’intervista, la presentatrice risponde sagacemente a una provocazione infondata da parte di un suo intervistato:
“Indossa dell’intimo per andare al lavoro, solo così ci sarà uguaglianza tra l’uomo e la donna” così afferma Maulana Yasoob Abbas.
Una provocazione insignificante e senza base alcuna. Pertanto Faye D’Souza riesce brillantemente a spegnere la miccia con un breve discorso intriso di orgoglio e fermezza:
“Non ho paura di te, non mi sento minacciata da te” continua “Se pensi che abbattendo tutte le donne che fanno il loro lavoro, loro ritornino nelle loro cucine e si coprano, lasciando il mondo nelle vostre mani, allora ho una notizia per voi: non andremo da nessuna parte.”
Qui il video del dibattito.
Estremamente fiera e decisa, Faye D’Souza si scopre come ferma sostenitrice femminista. Il suo ruolo lavorativo diventa sinonimo di conquista sociale, in barba a coloro che preferirebbero vedere la donna relegata in cucina per sempre. Il suo impegno femminista, pertanto, non si ferma solo a questo sporadico episodio. Lei stessa si afferma come “Appassionata del progresso dell’investimento sulle donne”. In India, tra l’altro, gli imperativi su come comportarsi o vestirsi, sono all’ordine del giorno. Faye D’Souza diventa così esempio di caparbietà e attiva combattente contro questa emarginazione e discriminazione sociale che non cessa d’esistere.
Ilaria Riccio