Tutto è cominciato pochi giorni fa, quando L’Espresso ha pubblicato il “Fascistometro”, una sorta di indenti-quiz ideato e curato dalla scrittrice Michela Murgia.
Si tratta di un test di 65 domande, finalizzati a rivelare il quadro tipico del nostalgico 2.0 che ha subito fatto il giro del Web e dei social network, diventando in poco tempo un fenomeno virale.
Il test è suddiviso in una serie di affermazioni che, secondo la scrittrice sarda, rappresentano lo stereotipo del “fascista” o simpatizzante medio. Maggiore è il numero di frasi con le quali ci si trova d’accordo, maggiore è la possibilità di una propria collocazione a destra.
In risposta al Fascistometro e alle numerose divagazioni politiche, è arrivato lo “Zeccometro”; il test di 74 domande, per scoprire quanto si è comunisti o “radical chic”.
Il quiz anti-Murgia, curato dal quotidiano Il Tempo, utilizza frasi per contrasto che sono state selezionate dagli autori per rivelare i tipici cliché, con cui di solito si tende a inquadrare chi non si riconosce nel proprio orientamento politico.
Il quadro complessivo delle due iniziative editoriali rivela una sola cosa: una tendenza all’eterna divisione. Per la Murgia e il gruppo de L’Espresso, esistono degli assiomi fondamentali, atti a rivelare la propria predisposizione populista e sovranità. Questo fenomeno si rivela in frasi come:
“Questo è razzismo al contrario”, “bisogna capire che la gente è stanca” oppure “con la cultura non si mangia”.
A questo dato, Il Tempo reagisce in maniera speculare, utilizzando frasi del tipo:
“Con le unioni civili, l’Italia si è adeguata al resto del mondo”, “l’aborto garantisce la libertà delle donne” etc.
Il pregio di queste due liste sta nella capacità di mostrare, in maniera provocatoria, tutto ciò che un determinato schieramento vede nel proprio opposto e in cui non si riconosce. I difetti vanno oltre le probabili aspettative degli autori o le finalità, per rivelare o legittimare un contesto sociale nel quale o esiste il bianco (o il rosso) o il nero; in tutti i casi non possono esservi sfumature.
Per L’Espresso e Il Tempo, sarà un fascistometro o uno zeccometro a rivelare l’identità di un Paese?
Secondo questi criteri, è impossibile condividere in maniera trasversale i principi dell’una o dell’altra fazione, senza essere etichettati in un certo orientamento.
Se gli stessi intellettuali riconoscessero che non è con la classificazione stereotipata, né con la “saccenza di classe” che si costruisce un modello progressista, non avrebbero bisogno di un fascistometro, per guardare a quel futuro che la sinistra e la destra non hanno mai saputo riconoscere nel proprio bagaglio di storia.
Fausto Bisantis