La portata storica di quanto sta accadendo in Afghanistan è innegabile. Il Ferragosto appena trascorso è stato un momento di costernazione che ha anticipato la presa di coscienza collettiva avvenuta nei giorni successivi. Nel giro di poche ore sono comparse sui social network foto e video che documentano la caduta di Kabul e le reazioni del popolo afghano impaurito e disperato. Alcuni giornalisti si sono impegnati nel fare informazione su Instagram, ma quali sono i pro e quali i contro di questo modo non tradizionale di diffondere notizie?
Sui social circolano le foto destinate a diventare storia, che anzi sono già storiche: c’è lo scatto degli uomini che precipitano nel vuoto dopo essersi aggrappati al carrello di un aereo militare in decollo, che ricordano tragicamente l’uomo della famosa foto scattata da Richard Drew l’11 settembre 2001 e nota come The falling man. C’è la foto dell’interno dello stesso aereo, circa seicentoquaranta cittadini afghani che a guardarli in uno spazio predisposto per contenere meno di duecento persone sembrano una marea umana, invece sono pochi rispetto a quelli rimasti in Afghanistan.
L’impegno dei giornalisti
Nei giorni successivi alla caduta di Kabul, alcuni giornalisti si sono impegnati nel fare informazione su Instagram. Realizzando storie e post pubblicati sui propri profili hanno voluto ripercorrere le tappe di quello che è accaduto negli ultimi venti anni in Afghanistan e informare i follower sugli sviluppi della situazione nel paese.
Nelle scuole secondarie italiane di primo e secondo grado lo studio della storia si ferma all’incirca al periodo del secondo dopoguerra, senza arrivare a trattare gli eventi avvenuti nel mondo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila, che sono una delle fonti principali dove cercare risposte alle domande che molti si stanno ponendo negli ultimi giorni riguardo alla crisi afghana. La stessa generazione cresciuta negli ultimi venti anni in Afghanistan non ha mai vissuto sotto un regime come quello imposto ora dai talebani ed è costretta, dopo anni in cui soprattutto le donne hanno avuto modo di studiare e lavorare, a rinunciare alla propria libertà individuale.
I vantaggi dell’informazione via social
Le storie di Instagram sono uno strumento dinamico, è possibile pensarle e costruirle in vario modo. Si possono mostrare foto e video accompagnandoli con una didascalia più o meno breve o si può parlare direttamente al proprio pubblico, anche avviando delle dirette. Proprio il mostrarsi a un pubblico, spiegando i fatti nel modo più chiaro e breve possibile, contribuisce a creare una sorta di rapporto di fiducia tra chi fa informazione e chi fruisce di quelle informazioni. Informarsi tramite questi contenuti creati da giornalisti o persone esperte dell’argomento al centro della cronaca è pratico e accessibile a tutti.
I rischi dell’informazione su Instagram
Su Instagram però, a diffondere le notizie non sono solo i giornalisti che scelgono di servirsi di questo mezzo per svolgere il proprio lavoro in un modo meno tradizionale e parlando a un pubblico tendenzialmente giovane. Chiaramente, chiunque disponga di un profilo Instagram è libero di condividere rapidamente immagini, notizie e opinioni attingendo da fonti più o meno affidabili.
Questo incrementa il rischio di incappare nelle fake news o di diffondere informazioni inesatte, come quella riguardante Clarissa Ward, la giornalista della CNN inviata in Afghanistan. La giornalista compare in due foto messe a confronto: in una è vestita all’occidentale mentre nell’altra indossa l’abaya, una tunica nera in uso tra le donne che praticano una dottrina conservatrice dell’Islam. La notizia, diventata virale, è stata riportata anche da alcuni giornali italiani ma è stata poi corretta dalla stessa Ward. La giornalista ha spiegato con un tweet di aver sempre coperto la testa con un velo quando si trovava in strada e di vestirsi all’occidentale nei luoghi chiusi e quindi sicuri. Pur essendoci una differenza tra le due foto, spiega Ward, non è così netta.
This meme is inaccurate. The top photo is inside a private compound. The bottom is on the streets of Taliban held Kabul. I always wore a head scarf on the street in Kabul previously, though not w/ hair fully covered and abbaya. So there is a difference but not quite this stark. pic.twitter.com/BmIRFFSdSE
— Clarissa Ward (@clarissaward) August 16, 2021
Pro e contro dell’informazione su Instagram
Instagram e gli altri social network sono uno strumento prezioso per la diffusione delle notizie e delle testimonianze di chi assiste agli eventi in prima persona. Si tratta però di spazi limitati o limitanti: spesso non basterebbero ore per discutere, approfondire, porre e porsi domande che esigono risposte esaustive. Per questo, come sottolineano gli stessi giornalisti o utenti impegnati nella diffusione delle notizie, informarsi sui social è utile per avere un quadro generale di una situazione, ma non è sufficiente. È necessario rivolgersi ad altre fonti come libri, giornali o anche ai sempre più diffusi podcast per approfondire tutte le questioni legate a un certo argomento.
Slacktivism o altro?
Specialmente Instagram è la piattaforma che dà maggior impulso alle raccolte fondi e alle mobilitazioni degli utenti che lo frequentano, numeri ragguardevoli che si raccolgono anche e soprattutto grazie agli appelli condivisi dagli influencer. Questo è uno dei motivi principali per cui è necessario e utile continuare a condividere notizie, foto e opinioni riguardo a quello che accade nel mondo. Su Instagram, inoltre, non è raro imbattersi in profili di comunicatori o attivisti che riportano i fatti del giorno facendogli assumere la forma dello storytelling, una forma di narrazione utile per coinvolgere emotivamente il lettore ma inadeguata se si vuole trattare la notizia da un punto di vista più oggettivo.
Spesso il primo impatto di notizie drammatiche come quelle che arrivano dall’Afghanistan è quello che inevitabilmente sconvolge e chiama in causa l’emotività. Il passo successivo dovrebbe essere quello di approfondire l’argomento affidandosi a fonti oggettive e confrontandone diverse.
Giordana Battisti