La vita lavorativa di ogni individuo occupa una parte importante della nostra giornata e ha delle caratteristiche influiranno inevitabilmente sulla nostra vita. Tralasciando il più ovvio (ma non meno importante) tenore di vita, il lavoro che svolgiamo influisce, tra le altre cose, sulla nostra identità professionale e sulla nostra vita familiare. È proprio del rapporto tra famiglia e lavoro ciò di cui ci occuperemo, basandoci su alcuni nuovissimi studi compiuti in questo campo. Infatti, la comprensione di questi fenomeni è essenziale in relazione alla performance, alla dedizione e al benessere del lavoratore, così come lo è rispetto alla capacità dell’azienda di attrarre, trattenere e soddisfare alcuni tra i suoi migliori lavoratori (insomma, va a influire sulle pratiche di recruitment e retention).
Non è tutto oro ciò che luccica…
Alcuni studi sostengono che le interferenze familiari siano uno dei principali fattori di stress che si possono vivere sul luogo di lavoro, sebbene il livello di tali inferenze vari giornalmente. Il motivo è presto detto: i problemi familiari distoglierebbero l’attenzione dal lavoro, prosciugando ulteriormente le risorse del lavoratore, già utilizzate nel contesto lavorativo. Infatti, le conseguenze cognitive (come la ruminazione) o affettive (il senso di fastidio) perdurano nonostante l’evento che le ha scatenate si sia concluso. Nello specifico, gli autori di questa ricerca hanno verificato che le interferenze familiari gravano significativamente sul livello di stress con cui un pendolare inizia la giornata lavorativa, incidendo sulla sua capacità di auto-regolazione nei contesti lavorativi.
Matrimonio e figli rendono leader migliori?
Conseguentemente, le aziende temono che il ruolo di genitore/partner possa competere con quello di lavoratore, penalizzando quest’ultimo…ed è così. Almeno per il fatto che chi ha una famiglia tende a dare più importanza a questo ruolo. Sembra particolarmente vero per le donne, per le quali, però, intervengono anche fattori socio-istituzionali a rinforzare questa adesione (norme di genere, affermazione sociale). Bisogna però chiedersi: è necessariamente un male? Infatti i ruoli familiari possono piuttosto arricchire il lavoratore, fornendogli le risorse per migliorare le proprie capacità, esperienze e performance. La famiglia può infatti arricchire il lavoratore in due modi:
- affettivamente (il supporto sociale e le emozioni positive influiscono positivamente sull’atteggiamento del lavoratore);
- strumentalmente (sviluppando capacità utili nel contesto lavorativo).
Infatti, gli autori di questa ricerca hanno notato come chi aderisce al ruolo familiare può essere un buon leader. Infatti, in famiglia si acquisirebbero capacità relazionali e comunicative, di gestione del cambiamento, di supporto oltre a rendere gli individui più a loro agio nella posizione di leader (e questo è utile per le persone introverse, come abbiamo già visto).
L’equilibrio lavoro-famiglia
Cosa dovremmo dunque pensare? Come sempre, bisogna trovare il giusto equilibrio nelle cose, e questa affermazione sembra essere vera anche per quanto riguarda l’equilibrio lavoro-famiglia (work-family balance). Questo equilibrio può essere definito come il frutto di una situazione in cui, nel rapporto tra lavoro e famiglia l’arricchimento è alto e il conflitto è limitato (seppur non completamente assente). Secondo questo studio, i lavoratori che si mostravano più equilibrati sotto questo punto di vista si impegnano di più, sono più soddisfatti del proprio lavoro e della propria famiglia, sono meno propensi a lasciare l’azienda e hanno performance migliori sia a lavoro che a livello familiare. Ancora una volta, dunque, la moderazione e l’equilibrio possono favorire, complessivamente, una qualità della vita migliore. E voi? Come gestite famiglia e lavoro? Vi è mai capitato di rinunciare a qualcosa dell’uno per favorire l’altro? Fatecelo sapere con un commento.
Davide Camarda