Luci e ombre sul modello politico ungherese per incentivare le nascite

Un approfondimento a riguardo

Politiche nataliste di Orban

Le politiche nataliste di Orbán non hanno portato i risultati sperati.

Un’analisi della natalità in Ungheria

Dal 2010 in poi, il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha lanciato una serie di politiche volte a incentivare la natalità nel Paese, in risposta a un preoccupante declino demografico. L’Ungheria, infatti, ha storicamente registrato un tasso di natalità basso e un tasso di mortalità relativamente alto, con una popolazione in calo. Nel 2010, il tasso di natalità era di circa 10 per mille, mentre il tasso di mortalità si attestava attorno al 13 per mille, con un saldo naturale negativo.

Contesto storico e demografico

Dalla caduta del regime comunista nel 1989, l’Ungheria ha attraversato numerosi cambiamenti socioeconomici e culturali. Negli anni successivi, il Paese ha visto un aumento dell’emigrazione, con molti ungheresi che cercavano opportunità migliori all’estero. Questo fenomeno, combinato con una bassa natalità, ha sollevato preoccupazioni tra i leader politici, in particolare per quanto riguarda la sostenibilità del sistema pensionistico e della forza lavoro futura. La questione demografica è diventata un tema centrale nel dibattito pubblico, e Orbán ha posto la famiglia e la natalità al centro della sua agenda politica in vista delle elezioni parlamentari del 2010.

Le politiche nataliste di Orbán sono state avviate nel 2010 e proseguite fino al 2012, per poi essere ampliate e potenziate nel 2019. Le principali misure adottate includono:

Nel 2019, queste misure sono state integrate e ampliate con il Programma di Protezione della Famiglia, che ha ulteriormente potenziato gli incentivi per le famiglie e ha introdotto nuove forme di sostegno.

Queste politiche hanno portato a risultati iniziali positivi: il tasso di fertilità è aumentato da 1,26 figli per donna nel 2010 a 1,61 nel 2021, segnando una crescita del 28% in più di un decennio. Tuttavia, analizzando i dati più recenti, emerge che nel 2022 e nel 2023 il numero di bambini per donna sta calando nuovamente, passando rispettivamente a 1,55 e 1,49.

Analisi dei dati recenti

Negli ultimi anni, il tasso di natalità in Ungheria ha mostrato segnali preoccupanti di flessione. Questo calo ha sollevato interrogativi sull’efficacia a lungo termine delle politiche nataliste di Orbán. Diversi esperti hanno analizzato le cause di questo andamento.

Critici come il professor Stefano Bottoni hanno evidenziato che le politiche nataliste di Orbán tendono a favorire specifiche fasce della popolazione, in particolare le famiglie numerose, e potrebbero non essere sufficienti per affrontare il problema demografico in modo universale. Lo storico contemporaneo osserva anche che «la questione demografica in Ungheria è un tema che risale a molto prima dell’era Orbán». Infatti, il sostegno alla natalità è sempre stato al centro delle politiche ungheresi, riflettendo preoccupazioni storiche legate al declino della popolazione. Le politiche nataliste di Orbán, quindi, sebbene innovative, si inseriscono in un contesto di misure già esistenti, spesso influenzate da ideologie nazionaliste.

Il professor Tomasz Inglot aggiunge che «il tema della natalità è popolare e unificatore» e che Orbán ha saputo dare nuova vita a un tema che è sempre stato rilevante in Ungheria. Tuttavia, come lo stesso Inglot sottolinea, le politiche nataliste di Orbán sembrano aver avuto un impatto limitato nel lungo periodo, soprattutto per le famiglie già predisposte ad avere figli. Per garantire una crescita sostenibile della natalità, è necessario un approccio più inclusivo e strutturato.



Le politiche nataliste di Orbán sono criticate anche per il loro orientamento conservatore, poiché tendono a promuovere un modello familiare tradizionale che esclude altre forme di famiglia, come quelle monoparentali o le famiglie LGBTQ+. L’attivista Yuri Guaiana ha sottolineato che queste politiche possono alimentare disuguaglianze, creando un ambiente in cui solo le famiglie tradizionali vengono valorizzate. Orbán ha spesso collegato la natalità alla preservazione dell’identità culturale ungherese, rifiutando l’immigrazione come soluzione al calo demografico e definendo le politiche nataliste come un modo per mantenere la «purezza» della popolazione.

Confronto tra le politiche nataliste di Orbán e degli altri leader europei

Le politiche nataliste di Orbán possono essere confrontate con le politiche adottate in altri Paesi europei, che affrontano le sfide demografiche in modi differenti. In tutta Europa, i tassi di natalità sono generalmente bassi e molti governi cercano soluzioni per contrastare il declino della popolazione e le sue conseguenze economiche e sociali. Secondo il demografo Giancarlo Blangiardo, esistono vari approcci che riflettono le diverse tradizioni socioeconomiche dei Paesi europe.

L’approccio nordico

Paesi come Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia hanno adottato un modello basato su un forte sistema di welfare e un’ampia offerta di servizi per la famiglia. Questo approccio mira a garantire un equilibrio tra vita lavorativa e vita familiare. Le politiche nordiche includono lunghi congedi parentali retribuiti (sia per le madri che per i padri), un accesso universale a servizi di cura per l’infanzia a prezzi accessibili e una forte protezione sociale per i lavoratori.

L’obiettivo di queste misure non è solo incentivare le nascite, ma anche promuovere la parità di genere e l’inclusione lavorativa delle donne. Questi Paesi, pur avendo un sistema costoso di welfare, mantengono tassi di natalità relativamente alti per gli standard europei, con la Svezia che si avvicina a un tasso di fertilità di 1,8 figli per donna.

Le politiche di Francia e Germania

Francia e Germania rappresentano un esempi significativo di approcci natalisti in Europa. La Francia, in particolare, ha una lunga tradizione di politiche a sostegno delle famiglie, con incentivi economici, sussidi familiari e congedi parentali flessibili. Il “quoziente familiare” francese permette di ridurre il carico fiscale in proporzione al numero di figli, e lo Stato fornisce un supporto consistente per l’assistenza all’infanzia. Questo ha portato la Francia ad avere uno dei tassi di fertilità più alti in Europa, con 1,84 figli per donna nel 2021.

La Germania, invece, ha intensificato le sue politiche familiari solo negli ultimi decenni. Dopo aver affrontato a lungo un basso tasso di natalità, la Germania ha ampliato i congedi parentali, introdotto il Kindergeld (l’assegno per figli) e potenziato i servizi per l’infanzia, incoraggiando anche la partecipazione femminile nel mercato del lavoro. Tuttavia, la Germania si è concentrata molto sul miglioramento delle condizioni lavorative per le donne e sul rafforzamento delle infrastrutture per l’infanzia, mirando a un approccio di lungo termine.

Il modello dell’Ungheria e dell’Europa orientale

Le politiche nataliste di Orbán e degli altri leader dei Paesi dell’Europa orientale si differenziano dalle tradizioni nordiche e occidentali. In Ungheria, le politiche si concentrano principalmente su incentivi finanziari per le giovani coppie e le famiglie numerose, piuttosto che su un’ampia rete di servizi di welfare. Oltre ai prestiti agevolati per le giovani coppie, il governo Orbán ha introdotto esenzioni fiscali e sussidi specifici per le famiglie con più figli, come il sostegno per l’acquisto di automobili e prestiti legati al matrimonio e alla nascita dei figli.

Questo modello, basato su incentivi economici diretti, mira a favorire l’aumento della natalità attraverso premi finanziari, piuttosto che attraverso un sistema complesso di servizi di welfare. Altri Paesi dell’Europa orientale, come Polonia e Romania, hanno adottato approcci simili, introducendo sussidi per famiglie numerose, ma senza sviluppare un sistema di welfare ampio come quello nordico.

Conclusioni

Il confronto con le esperienze di altri Paesi europei, come Francia e Germania, evidenzia come le politiche nataliste di Orbán richiedano un approccio più complesso e multidimensionale. Affriancare incentivi economici con un sistema di welfare ampio e flessibile, che comprenda misure per la parità di genere, il sostegno alle diverse tipologie familiari e la promozione di un ambiente lavorativo più inclusivo, sembra essere la chiave per garantire una crescita stabile e sostenibile della natalità.

Solo attraverso un approccio che tenga conto le necessità di una società in continua evoluzione sarà possibile elaborare una strategia che non solo contrasti il declino demografico, ma promuova anche una crescita inclusiva e duratura.

Nicola Scaramuzzi

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