Intervista a Fadwah Khawaja del “Jerusalem Center for Women” sulla condizione delle donne palestinesi

Fadwah Khawaja

Andrea Umbrello

Direttore Editoriale di Ultima Voce


Nella zona est di Gerusalemme si trova il Jerusalem Center for Women, un’organizzazione non governativa fondata nel 1994. Il centro si impegna a rafforzare la condizione delle donne palestinesi e migliorare le loro capacità per renderle membri attivi e resilienti alle dinamiche della loro comunità, focalizzandosi sulla diffusione della cultura dei diritti umani. Fadwah Khawaja, attualmente a capo del consiglio di amministrazione del JCW, è disponibile a rispondere alle mie domande sulla condizione delle donne palestinesi.

Con oltre 30 anni di esperienza come attivista sociale e politica nel settore dello sviluppo palestinese, Fadwah Khawaja ha contribuito alla formazione di numerose donne e allo sviluppo di diverse associazioni sociali. Ha partecipato a conferenze nazionali e internazionali relative al settore e ha una carriera politica di oltre 20 anni, inclusa la partecipazione al processo di pace di Oslo come membro del PLC e attiva sostenitrice della risoluzione 1325 delle Nazioni Unite. In passato, Fadwah ha ricoperto il ruolo di capo del dipartimento per le relazioni internazionali presso il Consiglio superiore per la gioventù e lo sport, oltre a essere stata direttrice generale delle organizzazioni non governative e degli affari pubblici presso il Ministero dell’Interno per otto anni.

Le sue parole riflettono la determinazione e la passione nel narrare le sfide che le donne palestinesi affrontano quotidianamente nel perseguire opportunità educative e lavorative. Sebbene il sistema scolastico sia relativamente accessibile grazie alla legge sull’istruzione obbligatoria, le opportunità in ambito lavorativo sono drammaticamente limitate, l’ostacolo principale che impedisce il progresso in questi settori è l’occupazione israeliana. Le forze israeliane spesso interrompono il processo di apprendimento chiudendo le scuole, convertendole in strutture militari, impedendo il movimento degli studenti ai posti di blocco ed esercitando il controllo sul curriculum scolastico palestinese. Per quanto riguarda l’occupazione, allo stesso modo, Israele esercita il controllo economico, imponendo restrizioni sull’importazione, confiscando terre agricole e complicando l’ottenimento di necessarie licenze per le fabbriche palestinesi.

Fadwah Khawaja con profonda preoccupazione afferma che la fragilità del sistema governativo palestinese rappresenta un grave ostacolo all’accesso al lavoro, soprattutto per i giovani. La mancanza di chiarezza nel sistema pensionistico e la pervasiva corruzione amministrativa aggravano in modo considerevole la situazione di disoccupazione. Quando si sofferma sulla realtà della Striscia di Gaza, le mancano le parole, descrivendola come una tragedia straziante, un dolore così intenso che sfugge a ogni possibile descrizione.

Ma come si manifesta la discriminazione di genere nella società palestinese?

“In Palestina, si registra una disparità di genere diffusa, specie nell’ambito delle opportunità lavorative, dove gli uomini godono di una maggiore varietà di scelte. Le donne e le ragazze palestinesi continuano a subire discriminazioni radicate e violazioni dei loro diritti all’interno di una società ancorata alle tradizionali norme patriarcali. Tuttavia, sono in corso sforzi significativi per affrontare e superare queste disuguaglianze. Le iniziative in corso comprendono sessioni di sensibilizzazione per mettere in luce la discriminazione di genere, l’applicazione di leggi pertinenti, la revisione dei programmi scolastici, attività di lobbying e supporto presso gli organi decisionali, nonché lo sviluppo di specifici documenti politici obbligatori. Inoltre, è stata istituita un’unità di genere dedicata a supervisionare attentamente questi sforzi, segnando un passo significativo verso una società più equa e inclusiva”.

In che modo la condizione delle donne in Palestina è influenzata dalla presenza e dalle attività degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi?

“Gli insediamenti hanno sottratto la maggior parte delle terre coltivate dalle donne palestinesi, che sono spesso bersaglio di attacchi da parte dei coloni israeliani mentre lavorano nei campi. Questi attacchi causano danni e distruzione, con l’estirpazione di numerosi ulivi secolari. La vita delle donne palestinesi è costantemente minacciata, poiché i coloni limitano la loro libertà di movimento e impediscono loro di lavorare nei campi, esponendole al rischio di aggressioni. Quelle che vivono nelle vicinanze degli insediamenti vivono con costante paura, talvolta costrette a rientrare prima del tramonto per motivi di sicurezza, in quanto i coloni tendono ad attaccarle durante la notte”

Fadwah Khawaja mi ha guidato attraverso le principali iniziative di JCW per promuovere l’emancipazione delle donne palestinesi. Il Centro è coinvolto in progetti educativi, fornendo supporto psicosociale e sensibilizzando sulla discriminazione di genere.

Ad esempio, ho appreso dell’impegno profuso da JCW nelle Elezioni Locali del 2021-2022 in Cisgiordania e Striscia di Gaza, partecipando all’osservazione e alla formazione delle candidate. L’obiettivo era garantire trasparenza e integrità nel processo elettorale.

Nel 2020 il centro si è concentrato sulla sensibilizzazione nelle comunità beduine riguardo alle questioni di salute, fornendo assistenza medica e adattando le attività a sessioni di sensibilizzazione per le donne a causa della pandemia da COVID-19

Nel 2021, un progetto rivolto alle comunità marginalizzate di Gerusalemme Est, ha responsabilizzato le donne nel ridurre l’impatto dei rifiuti di plastica, educandole sull’identificazione di plastica riutilizzabile, pratiche migliori e il riciclo della plastica in attività commerciali.

Nel 2022, in collaborazione con “Search for Common Ground”, JCW ha progettato un’iniziativa per potenziare la partecipazione e la leadership delle donne nella pace e nella sicurezza in Israele e Palestina.

Un progetto più recente coinvolge la promozione della leadership femminile nel contesto del conflitto israelo-palestinese. In collaborazione con Search for Common Ground, JCW sta lavorando per creare nuove opportunità per iniziative guidate da donne come alternativa allo status quo, coinvolgendo leader femminili influenti a livello nazionale.

Sono solo alcune delle principali iniziative portate avanti in questi ultimi anni, ma secondo Fadwah Khawaja, la situazione di emergenza nel paese richiede maggiori sforzi per affrontare le necessità immediate delle donne.

Le sfide connesse a queste necessità comprendono atti ben documentati di omicidio, tortura, assedio, stupro, violenza, umiliazione, inganno, oppressione, invasione e attacchi alle città palestinesi. La costruzione di insediamenti e la demolizione di case palestinesi sono anch’esse tra le numerose atrocità quotidiane commesse da Israele a Gaza e in Cisgiordania.

Con orgoglio Fadwah mi dice che nonostante queste orribili violazioni, i palestinesi mantengono una ferma risolutezza nel difendere i propri diritti e la propria terra. Aggiunge che “affrontare tali sfide richiede un cambio nella narrazione e l’assicurazione che la comunità internazionale comprenda che questa terra ci appartiene di diritto ed è stata sottratta dall’occupazione israeliana”. Poi, continua dicendo che “alzare la voce e utilizzare i social media per documentare le violazioni israeliane contro i palestinesi è di importanza cruciale. Inoltre, rafforzare l’unità interna e unificare un discorso rivolto al mondo attraverso una campagna mediatica è altrettanto essenziale per porre fine all’occupazione”.

Le strategie che il JCW adotta per evidenziare le conseguenze della forza militare e delle restrizioni di sicurezza sulle esperienze delle donne palestinesi includono la raccolta di testimonianze dal vivo, la documentazione professionale delle violazioni e la condivisione diffusa di queste testimonianze e documentazioni sui social media. Per Fadwah “Tutto questo è fondamentale affinché il mondo intero possa vederle e ritenere Israele responsabile di tutti i crimini commessi contro i palestinesi”.

Data la specificità della situazione delle donne palestinesi, in che modo JCW affronta la persecuzione femminile, sia da parte delle forze di occupazione israeliane che di altre dinamiche interne alla società palestinese?

“In termini di dinamiche interne, JCW è un’organizzazione membro della Coalizione Nazionale Antiviolenza. La Coalizione Antiviolenza è un collettivo di organizzazioni dedite alla protezione delle donne dalla violenza e che offrono servizi di supporto 24 ore su 24, tra cui una hotline per assistenza immediata e rifugi per le donne vittime di abusi. Esiste anche un accordo di collaborazione con la polizia palestinese per intervenire e tutelare le donne in casi specifici. Ogni organizzazione membro della coalizione ha il suo rispettivo ruolo, JCW ad esempio lavora sulla sensibilizzazione e fornisce supporto psicosociale. Per quanto riguarda la violenza inflitta dall’occupazione, ci sono limiti nella nostra capacità di intervento. Purtroppo non possiamo scoraggiare efficacemente la violenza perpetrata dalle forze di occupazione”.

Quando le ho chiesto quali siano gli impatti principali dell’uso della forza militare e delle restrizioni di sicurezza sulle vite delle donne palestinesi, Fadwah Khawjah ha dipinto un quadro agghiacciante attraverso sei punti cruciali:

  1. Le donne palestinesi affrontano gravi danni fisici e psicologici a causa della violenza e dell’aggressione derivanti da operazioni militari e restrizioni di sicurezza. Queste costanti minacce e la presenza delle forze armate provocano lesioni fisiche, traumi e disagio psicologico.

  2. La libertà di movimento delle donne palestinesi è fortemente limitata dalle restrizioni di sicurezza, tra cui checkpoint, posti di blocco e la barriera di separazione. Questa limitazione influisce negativamente sulla loro capacità di accedere all’istruzione, all’assistenza sanitaria, all’occupazione e alle opportunità sociali, generando un senso di isolamento e dipendenza.

  3. Le azioni militari, inclusa la demolizione delle case palestinesi, causano lo sfollamento delle famiglie. Le donne sono particolarmente colpite da questi spostamenti, affrontando una maggiore vulnerabilità e l’interruzione dei loro mezzi di sussistenza e delle reti sociali.

  4. L’ambiente militarizzato perpetua e accentua la violenza di genere, con le donne palestinesi che subiscono molestie sessuali, aggressioni e altre forme di violenza sia da parte del personale militare che all’interno delle loro comunità. Spesso, hanno un accesso limitato alla giustizia o ai servizi di sostegno.

  5. L’occupazione militare e le restrizioni di sicurezza ostacolano lo sviluppo economico e le opportunità nei territori palestinesi, con un impatto sproporzionato sulle donne. Affrontano prospettive di lavoro limitate, disparità salariali e ostacoli all’imprenditorialità a causa delle restrizioni di movimento e del controllo economico delle forze di occupazione.

  6. L’occupazione militare e le restrizioni di sicurezza contribuiscono alla disuguaglianza e alla discriminazione sistemiche di genere. Le donne palestinesi incontrano barriere nell’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, ai diritti legali e alla partecipazione politica, subendo ulteriori marginalizzazioni all’interno della loro società.

 

Nel perseguire il coinvolgimento delle donne nel raggiungimento di una pace regionale basata sulla giustizia, Fadwah mi dice che JCW ha collaborato in rete con una serie di organizzazioni a livello regionale, impegnandosi in sessioni di dialogo produttive per valutare l’efficacia delle normative e delle leggi relative ai diritti delle donne in ciascun paese. Inoltre, JCW ha perseguito attivamente l’attuazione dell’UNSCR 1325, che mira a proteggere le donne nelle zone di conflitto. Inoltre, JCW ha sostenuto la creazione di forze internazionali imparziali dedicate alla protezione delle donne nelle zone di conflitto.

La presidente di JCW aggiunge che il centro “mira a migliorare la sicurezza e il benessere delle donne offrendo supporto in varie aree. Ciò include fornire opportunità educative, garantire l’accesso a beni di prima necessità come alloggio, cibo e assistenza sanitaria e migliorare le condizioni di vita generali delle donne attraverso l’assistenza economica. Attualmente stiamo affrontando attivamente le urgenti necessità derivanti dallo stato di emergenza nel Paese”. Poi, precisa che “è importante notare che tutti i nostri sforzi vengono portati avanti in stretto coordinamento con le autorità competenti”.

Anche quando la interrogo sulla natura della pressione esercitata dall’esercito israeliano e su come essa stia impattando sulle attività e iniziative quotidiane di JCW negli ultimi tempi, lei preferisce rispondere ancora mettendo chiaramente in luce sei punti distinti:

  1. Posti di blocco e blocco militare: L’esercito israeliano istituisce numerosi posti di blocco in tutti i territori palestinesi occupati, causando lunghi ritardi, restrizioni alla circolazione e perquisizioni arbitrarie. Ciò ostacola le attività quotidiane dei palestinesi, inclusi l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e al lavoro.

  2. Demolizioni di case: L’esercito israeliano demolisce abitazioni palestinesi, spesso adducendo motivi di sicurezza o mancanza di permessi. Questa pratica provoca lo sfollamento delle famiglie, la perdita di proprietà e una maggiore insicurezza tra i palestinesi.

  3. Confisca delle terre ed espansione degli insediamenti: L’esercito israeliano è coinvolto nella confisca delle terre palestinesi per la costruzione e l’espansione degli insediamenti israeliani, violando i diritti dei palestinesi e danneggiando le comunità.

  4. Arresti e detenzioni: I palestinesi, compresi donne e bambini, sono spesso soggetti ad arresti e detenzioni arbitrarie da parte dell’esercito israeliano, con effetti psicologici ed emotivi duraturi.

  5. Raid e incursioni militari: L’esercito israeliano conduce regolarmente raid e incursioni nelle comunità palestinesi, spesso causando danni materiali, feriti e perdite umane, generando un clima di paura e insicurezza.

  6. Violenza dei coloni: L’esercito israeliano fornisce sicurezza ai coloni israeliani, ma episodi di violenza da parte dei coloni contro i palestinesi sono frequenti, senza adeguata protezione alle comunità palestinesi.

Inoltre, le forze israeliane compiono azioni aggressive contro le organizzazioni palestinesi, chiudendo istituzioni, incarcerando donne attiviste e limitando la libertà dei media. Ciò include persecuzioni e incarcerazioni brutali basate su dichiarazioni e articoli pubblicati sui media, con impatti significativi sul nostro lavoro a Gerusalemme Est. Le chiusure stradali e le restrizioni alla circolazione ostacolano la nostra capacità di fornire servizi, impedendo ai beneficiari di accedere ai programmi.

Conclude dicendomi che “la recente escalation della pressione militare israeliana ha avuto un profondo impatto sulla partecipazione e sul coinvolgimento delle donne palestinesi nelle iniziative sociali. Le crescenti tensioni e violenze nella regione creano un clima di paura e incertezza, che può scoraggiare le donne dall’impegnarsi attivamente in iniziative sociali. La maggiore presenza militare, le restrizioni ai movimenti e le misure di sicurezza imposte dalle forze israeliane limitano ulteriormente l’accesso delle donne agli spazi pubblici e agli incontri comunitari, rendendo più difficile per loro la partecipazione alle iniziative sociali. Inoltre, la minaccia della violenza e la necessità di dare priorità alla sicurezza personale spesso distolgono l’attenzione delle donne dal coinvolgimento della comunità. Questi fattori ostacolano collettivamente la partecipazione attiva e il coinvolgimento delle donne palestinesi nelle iniziative sociali, limitando la loro voce e il loro contributo alle loro comunità”.

In questo racconto di sfide e resistenza, emerge con forza il coraggio delle donne palestinesi che, nonostante le difficoltà, cercano di costruire un futuro migliore. La voce di Fadwa Khawaja, capo del consiglio di amministrazione del Jerusalem Center for Women, risuona come un richiamo alla solidarietà e all’azione. La realtà quotidiana delle donne palestinesi, segnata da restrizioni, discriminazioni e violenze, richiede una risposta urgente e compassionevole.

L’escalation della pressione militare e le conseguenze devastanti sulla partecipazione delle donne alle iniziative sociali mettono in evidenza l’urgenza di un cambiamento e la necessità di solidarietà internazionale. La narrazione di Fadwah Khawaja ci ricorda che dietro ogni statistica e ogni sfida, ci sono storie di forza umana e dignità che meritano di essere ascoltate.

In questo difficile contesto, la visione del JCW per una società palestinese emancipata non è solo un ideale, ma un impegno tangibile. Sostenere queste donne significa contribuire a costruire un mondo più giusto e inclusivo. Che le voci di Fadwa e delle donne palestinesi risuonino nelle nostre coscienze, spingendoci a unirsi nella lotta per la pace e la giustizia.

 

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