Facebook in Afghanistan: perché bandirlo è pericoloso

Facebook in Afghanistan

A oltre due anni dalla presa di potere dei talebani, milioni di persone in Afghanistan hanno un accesso limitato alla connessione Internet e ai servizi online. Ora, con il blocco di Facebook, si rischia un black out informativo

Facebook in Afghanistan rischia di essere bandito. La notizia è arrivata la scorsa settimana, durante un’intervista di TOLO News, a Kabul, al ministro talebano delle telecomunicazioni e della tecnologia dell’informazione, Najibullah Haqqani.

Il regime, salito al potere nell’agosto 2021, ha fortemente limitato la libertà di stampa e di espressione. Alcune pagine Facebook, tra cui la BBC, Voice of America, Radio Free Europe/Radio Liberty, e l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, sono già formalmente vietate. Ma, in realtà, sono ancora accessibili ai lettori, e la piattaforma rimane il social media più utilizzato dalla popolazione afghana per la diffusione di notizie e informazioni.

Se il regime dovesse ufficialmente bandirlo, il Paese rischierebbe di trovarsi isolato dal resto del mondo, in un vero e proprio black out informativo.

A cosa serve Facebook in Afghanistan?

Quando, tra il 1996 e il 2001, i talebani governarono l’Afghanistan, Internet fu effettivamente bandito. Gran parte della popolazione rimase quindi esclusa dal resto del mondo online.
Internet, tuttavia, stava diventando una struttura sempre più globale. Infatti, i talebani mantennero attivo il loro sito web ufficiale per motivi propagandistici.

Vent’anni dopo, seppur con una connessione problematica e un’infrastruttura molto poco robusta, Internet è diventato vitale per l’Afghanistan.
Sia per la popolazione, come mezzo di resistenza; che per il regime stesso, come strumento di propaganda. Infatti, i leader talebani sono attualmente presenti e attivi su Twitter/X.




Durante i combattimenti del 2021, Internet fu uno dei principali elementi di opposizione al regime. Proprio per questo motivo, in alcune aree del Paese, si verificarono diversi black out della rete.
Il Panjshir, la regione che, per più tempo, riuscì a resistere alla presa dei talebani, cadde in una grave crisi umanitaria. Dovuta, secondo le testimonianze dei report allora presenti, anche al taglio della rete.

La chiusura di Internet aggrava la crisi umanitaria che i talebani stanno avviando nella valle, dove intere famiglie sono intrappolate senza cibo sufficiente, forniture di base o qualsiasi forma di comunicazione con il mondo esterno

Per ridurre la forza della loro opposizione, i talebani avevano tagliato internet, le connessioni telefoniche, e ogni forma di comunicazione. Così da rendere più facile l’isolamento dei manifestanti, la repressione del dissenso e l’esercizio della propria influenza. Inoltre, come spiegò un giornalista, l’assenza di connessione evitava che il mondo si rendesse conto di ciò che stava realmente accadendo.

I talebani hanno tagliato fuori le società di telecomunicazioni nel Panjshir. Non c’è modo di comunicare. Lo fanno per mettere a tacere la nostra voce in modo che non raggiunga il mondo.
Non vogliono che il mondo sappia che sono ancora le stesse persone che erano 20 anni fa, poiché hanno bisogno di sostegno finanziario dal mondo

Successivamente, con le chiusure di testate locali, gli accessi vietati a media stranieri, e gli arresti di vari giornalisti, Facebook in Afghanistan è rimasto uno dei servizi informativi più utilizzati dalla popolazione.
Lo stesso team della piattaforma, il giorno successivo alla presa al potere dei talebani, aveva dichiarato che avrebbe continuato a vietare i contenuti talebani, definendo il gruppo “un’organizzazione terroristica“. Il tutto, reso possibile da uno staff di esperti afghani dedicato al monitoraggio e alla rimozione dei contenuti collegati al regime.

I talebani sono sanzionati come organizzazione terroristica secondo la legge degli Stati Uniti e li abbiamo banditi dai nostri servizi in base alle nostre politiche sulle organizzazioni pericolose. Ciò significa che rimuoviamo gli account gestiti da o per conto dei talebani e vietiamo l’elogio, il sostegno e la rappresentazione nei loro confronti

Oltre a ciò, Facebook ha introdotto misure di sicurezza per permettere ai cittadini afghani di continuare a utilizzare la piattaforma, pubblicando contenuti e visionando quelli provenienti dall’estero, nonostante le forti restrizioni imposte dal regime.

Abbiamo lanciato uno strumento che, con un clic, consente alle persone in Afghanistan di bloccare rapidamente il proprio account. Quando il loro profilo è bloccato, le persone che non sono loro amici non possono scaricare o condividere la loro foto del profilo, e nemmeno vedere i post sulla loro timeline

Facebook in Afghanistan, CPJ: “ulteriore colpo alla libertà di informazione”

Sulla questione è subito intervenuto il CPJ (Comitee to Protect Journalists) che ha espresso preoccupazione in merito al diritto della popolazione afghana di utilizzare i social media per informarsi e informare.

Le piattaforme di social media, tra cui Facebook, hanno contribuito a colmare un vuoto lasciato dal declino dell’industria dei media afghana dopo la presa del potere da parte dei talebani nell’agosto 2021 e la conseguente repressione della libertà di stampa. Il divieto proposto evidenzia il peggioramento della censura da parte dei talebani.
La decisione di limitare o bloccare Facebook in Afghanistan sarà un ulteriore colpo alla libertà di informazione, nel Paese martoriato dalla guerra

Il CPJ ha dunque rivolto un appello al portavoce dei talebani, Zabiullah Mujahid.
Quest’ultimo ha dichiarato che l’intenzione del regime non è quella di bandire totalmente il social, ma di “imporre restrizioni“.
In particolare, secondo il ministro Haqqani, lo scopo sarebbe quelli di “impedire ai giovani di sprecare tempo e denaro, e di fermare la diffusione di idee immorali“.

Giulia Calvani

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