Da qualche anno l’editoria è in caduta libera. Facebook e gli altri social network hanno senz’altro contribuito a questa rovinosa discesa. Il motivo è molto semplice: le notizie girano vorticosamente online senza controllo. Sui social non si distingue quasi mai se un articolo è scritto da un giornalista o è semplicemente l’invenzione di qualcuno. Non si cercano le fonti e ci si aggroviglia in mezzo ad un mare di menzogne, pilotato dai soliti ignoti, per trarne profitti. Profitti da cui noi poveracci siamo esclusi. Così a fianco di Facebook si sono sviluppate, come gramigna velenose, le fake news. Scritto in un italiano poco elegante, notizie false o balle che si voglia.
Il post di Zuckerberg
Di ieri le parole di Zuckerberg postate su Facebook:
Non possiamo creare una comunità informata senza giornalisti. Se sempre più persone leggono le notizie in luoghi come Facebook, noi abbiamo la responsabilità di contribuire a fare in modo che tutti abbiano una comprensione adeguata delle cose.
Ma sappiamo anche che le nuove tecnologie possono rendere più difficile per gli editori finanziare il lavoro dei giornalisti, sui cui tutti noi contiamo. Per questo qualche tempo fa abbiamo lanciato Facebook Journalism Project. Il nostro obiettivo è lavorare più vicino alle redazioni, ma stiamo anche lavorando con ricercatori e università per aiutare le persone ad essere più informate e consapevoli delle notizie che leggiamo online.
Questo riconoscimento alla professione degli editori e dei giornalisti arriva inaspettato e ridona una speranza a coloro che credono ancora che questi lavori debbano essere svolti da professionisti e non da gente improvvisata o politici frustrati.
Facebook per l’editoria come un sovrano…
In pratica le cose sono andate così: con l’uso di massa di internet e social vari la carta stampata è crollata a picco. E con lei i già scarni ricavi pubblicitari. Questo fece sì che i giornalisti cominciassero ad essere pagati sempre meno se non licenziati, sempre che la stessa casa editrice fosse sopravvissuta alla crisi.
La propaganda social andava troppo veloce per trovare un adeguamento professionale tale per cui si potesse garantire la sopravvivenza delle testate e la dignità del giornalista. Molti giornali, anche storici, hanno chiuso i battenti. Nel mentre però c’è chi ha tentato di salvare la qualità dell’informazione, lottando negli sporchi e affollati mari del web e ottenendo anche dei buoni risultati di reale fidelizzazione del lettore e credibilità. Purtroppo non sempre questo è servito o serve a garantire il prestigio delle professioni di editore e giornalista. Ma ora le cose sembrano cambiate. Zuckerberg vuole aiutarci.
L’esempio del New York Times
Il New York Times iniziò a sentire la forte crisi, data dalla concorrenza dei colossi Facebook e Google, già molti anni fa. Capirono subito che dovevano trovare, giornalisticamente parlando, una nuova strada da percorrere. Ci provarono con il famoso articolo Snowfall del 2012, il primo vero pezzo multimediale in assoluto che registrò, a sei giorni dalla sua pubblicazione numeri strepitosi, che riporto come da fonte dell’editore esecutivo Jill Abramson:
- più di 10.000 condivisioni su Twitter
- 2.9 milioni di visite
- 3.5 milioni di visualizzazioni della pagina
- un picco di 22.000 lettori contemporaneamente connessi
- una media di 12 minuti di permanenza nella pagina.
Tutto questo non bastò. Nel 2014 il New York Times cominciò con i primi pesanti licenziamenti e con una rapida discesa. E parliamo del New York Times. Cosa potevano fare dei semplici giornali contro Google e Facebook che controllano il 50% del mercato della pubblicità globale?
Il futuro del giornalismo…
Ma Mark Zuckerberg, di cui tutto si può scrivere fuorché sia uno stupido, ha capito che la correttezza dell’informazione va tutelata, se non altro anche per la credibilità e il futuro del suo colosso. Tramite i suoi team sta facendo studi per aiutare i giornali presenti con le loro notizie su Facebook ad avere più abbonamenti. Ha in previsione anche di facilitare al lettore la ricerca delle fonti, cercando di avere il logo delle testate su tutti gli articoli. È risaputo che il lettore social medio non arriva neanche al sottotitolo, spesso si ferma all’immagine o al solo titolo. Per questo facilitare graficamente la ricerca delle fonti potrà aiutare ad arginare la valanga delle fake news. Come spesso accade nella storia, vi sono corsi e ricorsi. Senz’altro l’uso di massa di internet e dei social ha scombussolato e ferito il giornalismo. Ma le persone intelligenti sanno che senza la qualità di una professione, nella totale anarchia, non si va da nessuna parte…
L’abbiamo già scritto, vero, che Mark Zuckerberg è una persona intelligente?
Marta Migliardi