Due anime a confronto, all’interno di una galassia sconfinata che siamo soliti chiamare morale. Forse è questo il fil rouge che permette una giustapposizione di valori, nel dialogo/scontro tra due grandi poeti del 900, ideologicamente agli antipodi: Ezra Pound e Pier Paolo Pasolini.
Sono i corsi e i ricorsi storici che, di solito, tendono a isolare i linguaggi che non rispondono al dogma del modello culturale dominante e questo vale (purtroppo) anche per l’arte e la letteratura. E’ questa una della ragioni per le quali si tende a parlare con esacerbata prudenza di Ezra Pound. Una voce fuori dal coro delle “poliedriche” lotte di classe vittima, come tanti altri, di una sorta di colonialismo etico da parte di una determinata fazione politica, bisognosa di modelli di riferimento eleggibili alla nobile causa dell’aristocrazia culturale; ossia la vera “terza posizione” della società di classe.
Ma cosa accade quando un simbolo di anticonformismo provocatorio come Pound incontra l’istintività post-ideologica di Pasolini?
Semplicemente l’incontro di due sensibilità profonde e “fuori dal coro”. Molti hanno parlato di “geni”, ma ciò che lega spiritualmente questi due grandi pensatori è la capacità di non retrocedere mai davanti alla caduta delle ideologie, sacrificando all’altare della stessa l’integrità morale e politica delle idee, che in quel momento diventano “patrimonio dell’umanità”. Un retaggio che il poeta, scrittore e regista ha subito in prima persona; prima sulla rispettabilità umana e artistica, poi anche su quella fisica. Anche il poeta americano ha in parte subito la stessa sorte. Ma prima che quella sensibilità profondamente intrisa di passione gramsciana volta alla verità, venisse strappata via da quel corpo martoriato sul litorale di Ostia, il 2 novembre 1975, il percorso di Pasolini incontrerà quello di Ezra Pound, dando vita ad una delle pagine più delicate della letteratura moderna. E’ il ritratto di un destino quasi comune, quello che vede due fedi politiche contrapposte, dalle quali hanno subito e subiranno l’offesa più profonda che un intellettuale possa ricevere. Ezra Pound ha passato 13 anni di reclusione nel manicomio criminale St. Elizabeths di Washington, a causa della sua vicinanza culturale all’ideologia fascista. L’esperienza lo segnerà nel corpo e nello spirito, ma i decenni successivi non saranno meno clementi nei confronti di quello che è stato un genio visionario della letteratura americana e internazionale, colpevole di non aver aderito, dopo la guerra, alla cultura dominante; quella che da 70 anni decide chi è buono e chi è cattivo, ma anche chi potrebbe diventarlo.
Nel momento in cui il dogma imperialista diventa “infallibile” più di una bolla papale, Pound raccontava l’amore per l’Italia, grazie a uno dei suoi capolavori: i Canti pisani.
L’incontro fra i due poeti avvenne nel 1968 e fu in parte influenzato e poi testimoniato da Enzo Siciliano, che lo riporta nel libro; La Vita di Pasolini. Vi era ovviamente una certa ritrosia a travalicare l’insofferenza ideologica delle proprie idee, resa più delicata dalle tensioni politiche dell’epoca.
Ma il Pasolini di quegli anni condivideva, assieme a molti intellettuali, una certa fiducia circa le possibilità di incidere sull’evoluzione stessa della storia umana, attraverso un progetto di società votata a un miglioramento esistenziale, bel lontano dalla drammatica e ludica analisi confluita nei suoi ultimi e crudi articoli. Pasolini diventa testimone volontario e accusatore della caduta delle ideologie, ma anche di una società votata al consumo, incapace di riconoscerne il grado di schiavitù dorata nel quale si è addormentata. Allo stesso mondo Ezra Pound diventa interprete curioso, solitario e appassionato della necessità dell’arte di adattarsi al modus vivendi e forse sarà questo che permetterà ai due poeti di stabilire una una tregua idealistica ma non esistenziale. L’intervista, realizzata dalla Rai a Venezia, vede la metafora delle idee in contrapposizione l’uno di fronte all’altro. Da una parte un intellettuale rivoluzionario e languidamente provocatore, dall’altra un poeta stanco e debilitato dall’età e dalla prigionia, ma non per questo meno vitale o consapevole dello straordinario incontro di due anime accomunata dall’amore per la poesia. Ciò che nasce è una vera rivoluzione di pensiero: Pasolini ebbe l’onestà di riconoscere in Ezra Pound una disobbedienza artistica, nell’affermare con coraggio la non appartenenza alle “ragioni” stesse del mondo, in nome della poesia e della libertà di osare:
” Sì, ardenti di libertà obbediscono, affermava, non possono che obbedire”.
Viaggiando per l’Italia Ezra Pound va alla ricerca di un mondo contadino glebalizzato, come direbbe Diego Fusaro, all’interno del mondo industriale, decretandone l’inevitabile incompatibilità dei decenni a venire. Alla fine del filmato Pasolini si congederà da Ezra Pound con il Patto scritto da quest’ultimo con il poeta Walt Whitman, come se i due stessero sottoscrivendo un accordo ideale per il nuovo mito del mondo che fu e che sarà!
Fausto Bisantis