Nella mattinata di lunedì 20 novembre, sono cominciate le operazioni di sgombero dell’ex Moi di Torino. Le palazzine, sede del villaggio olimpico durante i Giochi Invernali del 2006, erano state occupate a partire dal 2013. L’operazione è stata svolta congiuntamente Vigili del Fuoco, Croce Rossa, Protezione Civile e Forze dell’Ordine.
Non sono mancate le tensioni ed un piccolo gruppo di migranti si è rifiutato di lasciare i sotterranei.
Ad abitare queste palazzine sono principalmente migranti africani, con prevalenza Subsahariana. Tra loro ci sono clandestini ma anche rifugiati o titolari di forme di protezione internazionale che non hanno trovato una sistemazione.
Il caso dell’ ex Moi
La storia dell’ ex villaggio olimpico di Torino esemplifica bene molti dei problemi connessi alla migrazione e all’inserimento del nuovo arrivato nella società. Questo video raccoglie alcune brevi testimonianze dei migranti che hanno lasciato il complesso.
Le testimonianze raccontano storie comuni tra i migranti che popolano le nostre città: vite sospese in cerca di una soluzione abitativa dignitosa e che sperano nel rinnovo di documenti per poter perseguire i loro obbiettivi di riscatto.
Naturalmente, l’intero fenomeno delle migrazioni in Italia è estremamente complesso e non può essere spiegato con poche parole. Il caso in questione è però emblematico da diversi punti di vista.
Secondo diverse stime, sono 750 gli occupanti dell’ex villaggio olimpico anche se secondo alcuni le cifre sarebbero più alte.
Erano in circa 60 ad abitare gli scantinati in condizioni a dir poco precarie e per questo sono stati i primi ad essere trasferiti negli 80 alloggi messi a disposizione dalla Diocesi.
Il Piano di sgombero della Città di Torino e della Compagnia San Paolo è graduale e dovrebbe essere completato entro il 2020.
Uno dei temi centrali portati alla luce da questo caso è quello della questione abitativa. Come abbiamo visto, gli occupanti dell’ex villaggio olimpico non sono solo clandestini e richiedenti asilo sbandati ma anche titolari di forme di protezione internazionale.
Al termine del percorso SPRAR (Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) il migrante si trova spesso spaesato e senza punti di riferimento. Molto spesso il numero di posti è insufficiente rispetto al numero di profughi che ne fanno richiesta e la scadenza delle forme temporanee di protezione pone il migrante in una condizione di instabilità che spesso prelude alla clandestinità.
Le reazioni della comunità locale
In questo contesto, assumono particolare importanza le reazioni della comunità locale. Infatti, si è costituito subito dopo l’occupazione dell’ex Moi, il Comitato di Solidarietà Migranti e Rifugiati che ha promosso varie attività tra cui una scuola di italiano gestita da volontari ed è ancora oggi al fianco dei migranti.
Naturalmente, sono state molte le manifestazioni di protesta contro gli occupanti delle palazzine da parte di chi era preoccupato per il degrado dell’area e per la difficile convivenza con popoli così diversi.
Insomma dinamiche di convivenza complicate in un contesto dove ognuno rivendica il diritto ad una vita migliore.
La speranza è che questo sgombero costituisca una soluzione definitiva, nell’interesse di tutti e che non apra la strada a nuove precarietà.
Gessica Liberti