Un nuovo modo per studiare l’evoluzione dei batteri

Alcuni ricercatori di Harvard, tra cui spiccano il nome  del Prof. Roy Kishony titolare di un laboratorio alla Harvard Medical School e i sui collaboratori, ricercatori post-dottorato Tami Lieberman (ora passata al MIT) e Michael Baym hanno messo a punto un sistema che permette loro di osservare l’evoluzione dei batteri in azione in una maniera del tutto nuova e ne hanno dato notizia in un articolo su Science.disco-di-petri
Evoluzione dei batteri sotto osservazione grazie ad un’idea semplice
Che cosa hanno fatto Kishony e i suoi associati? Si sono costruiti un disco di Petri molto molto grande, tanto che l’hanno chiamato Microbial Evolution and Growth Arena (arena per la crescita e l’evoluzione di batteri) che si abbrevia in MEGA.
Il disco di Petri è quella specie di scatolina bassa e rotonda, appunto un dischetto delimitato da un basso bordino, usata per colture batteriche e altri scopi nella ricerca biologica. Utilizzare un disco di Petri davvero enorme, in realtà un rettangolo di quattro piedi (circa 120 cm) per due, ha dato il vantaggio di avere una superficie così grande che i batteri si possono sparpagliare a differenza che in una provetta e così si possono osservare i singoli batteri e le loro reazioni. Semplificato al massimo: nel piatto si pone un fondo nutriente di agar (un polisaccaride usato come gelificante naturale ricavato da alghe rosse) e antibiotici in diverse concentrazioni a seconda della zona.
Che cosa hanno osservato i ricercatori a proposito dell’evoluzione dei batteri
I ricercatori di Harvard hanno osservato cose che non si aspettavano e questo è sempre un bene perché sfida vecchie convinzioni sbagliate o imprecise che magari facevano da ostacolo all’avanzare della conoscenza.
Ad esempio: usando questa metodologia i ricercatori hanno potuto osservare i batteri mutanti che hanno iniziato l’adattamento per primi e hanno scoperto mutazioni sia in un gene in cui se le aspettavano il DNA polimerasi III (che è un bersaglio degli antibiotici) che in geni in cui non se lo aspettavano affatto, come quelli che codificano un trasportatore di fosfato e una chinasi (un particolare tipo di enzima) che non sono conosciuti per aver alcun ruolo nel fenomeno della resistenza agli antibiotici.
Un’altra osservazione, questa meno inaspettata, è stata che se i batteri di Escherichia Coli utilizzati nell’esperimento incontrano prima una concentrazione intermedia di antibiotico che una alta, sviluppano più velocemente resistenza.
Effettiva utilità della nuova metodologia
Alcuni ricercatori pur premettendo che i colleghi di Harvard hanno fatto un gran bel lavoro mettono in guardia dai facili entusiasmi puntualizzando che una cosa è come i batteri sviluppano resistenza in un disco di Petri e cosa diversa come lo fanno nello stomaco. Quindi mettono in dubbio che le osservazioni avranno una immediata applicabilità contro il problema della resistenza agli antibiotici, d’altro canto tutti concordano che questo nuovo metodo sarà uno strumento straordinario nella didattica dell’evoluzione dei batteri e capire meglio come i batteri evolvono è comunque uno strumento chiave per combattere lo svilupparsi della resistenza agli antibiotici.

Roberto Todini

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