La Bolivia si trova al centro di un nuovo ciclone politico e giudiziario, che ancora una volta coinvolge direttamente l’ex presidente Evo Morales. Un mandato di arresto è stato emesso dalla procuratrice Sandra Gutiérrez, portando alla ribalta accuse di estrema gravità che rischiano di avere un forte impatto sulla scena politica e sulla figura storica del leader socialista. Morales, che ha guidato il Paese dal 2006 al 2019, è accusato di tratta di minori a causa una presunta relazione intrattenuta con una ragazza minorenne durante il suo mandato presidenziale.
Le indagini preliminari descrivono una situazione complessa e delicata: secondo le accuse, la relazione tra Morales e la giovane di 15 anni si sarebbe protratta dal 2016 al 2019, periodo in cui l’ex presidente era ancora al potere. Inoltre, stando a quanto riferito dalle autorità, i genitori della ragazza avrebbero acconsentito alla relazione, spinti dalla possibilità di ottenere favori politici. L’accusa di tratta di minori, infatti, non si limita alla mera relazione ma si estende a un presunto sfruttamento della minore per fini politici e personali.
Ulteriori dettagli delle accuse includono il riconoscimento legale, da parte di Morales, di un figlio nato dalla relazione nel 2017. Questo elemento ha aggiunto ulteriore peso alle indagini, spingendo le autorità a considerare la questione come una violazione non solo etica ma anche delle norme giuridiche nazionali e internazionali che tutelano i diritti dei minori.
Morales respinge le accuse: “Un attacco politico”
Di fronte al mandato di arresto e al clamore mediatico, Evo Morales ha categoricamente negato ogni accusa, definendola una manovra orchestrata per screditarlo politicamente. In una serie di dichiarazioni pubbliche, l’ex presidente ha sostenuto che il caso è privo di fondamento e che si tratta di un tentativo di destabilizzare il suo movimento politico, il MAS (Movimento per il Socialismo), che continua a essere una forza dominante in Bolivia.
In un post sulla piattaforma X, Morales ha annunciato:
Denuncio al mondo di essere vittima di una brutale guerra giuridica orchestrata dal governo di Luis Arce, che si è impegnato a consegnarmi come trofeo di guerra agli Stati Uniti.
Come accaduto a molti presidenti di sinistra in America Latina, inventano reati contro di me, non rispettano i principi costituzionali della presunzione di innocenza e del giusto processo, mi condannano e mi “giustiziano” giuridicamente, politicamente e mediaticamente. Non hanno prove, solo slogan e odio sfrenato.
L’unico reato che ho commesso è stato, come primo presidente indigeno, aver costruito un Paese con un’economia giusta per il popolo; una Bolivia plurinazionale che include gli esclusi.
Morales, da tempo una figura polarizzante nel panorama politico sudamericano, ha più volte denunciato l’uso del sistema giudiziario come arma politica contro di lui e i suoi sostenitori. Infatti, il primo Presidente indigeno della Bolivia, fin dagli inizi della sua carriera politica ha incontrato l’opposizione feroce delle élite economiche e dei settori conservatori (spesso appoggiate dagli USA) contrarie agli interessi delle classi contadine e alle politiche di redistribuzione della ricchezza, che sono state spesso responsabili di complotti e attentati contro di lui.
Solo quest’anno, Morales è sopravvissuto a una violenta sparatoria al veicolo sul quale stava viaggiando, una vicenda che ricorda le numerose minacce ricevute durante i suoi anni di esilio e lo scontro del 2008 con le forze separatiste del Paese che avevano pianificato la sua eliminazione fisica per destabilizzare la Bolivia.
Appare dunque chiaro che quella di Morales non è una figura nuova a controversie e accuse: si passa dalla frode elettorale e l’insistenza nel restare al potere scavalcando i limiti della democrazia alla corruzione, abuso di potere e al legame con leader internazionali noti per le loro azioni contraddittorie, in primis Hugo Chávez e Nicolás Maduro.
Un ambiente politico-sociale frammentato
Nonostante la gravità delle accuse, l’arresto di Morales non si è ancora concretizzato, grazie anche al supporto dei suoi sostenitori. In diverse occasioni, gruppi fedeli all’ex Presidente hanno impedito fisicamente l’intervento delle forze dell’ordine, bloccando strade e organizzando manifestazioni di massa. Questo comportamento evidenzia non solo la fedeltà verso Morales ma anche le divisioni profonde che attraversano la società boliviana.
Il MAS, che ha rappresentato per anni le istanze delle classi popolari e indigene, continua a essere una forza capace di mobilitare grandi segmenti della popolazione, anche se gli ultimi avvenimenti dipingono un quadro non proprio idilliaco per il partito boliviano, in cui la sua coesione e il suo futuro sono messi a dura prova.
Infatti, da un mese a questa parte Morales non è più riconosciuto come leader del MAS, venendo soppiantato da Grover García in quella che sembra a tutti gli effetti un’operazione messa in atto dalla Corte elettorale boliviana con lo scopo di trasformare il movimento in una forza pro-governativa non ostile all’attuale Presidente Luis Arce.
Il mandato di arresto contro Morales potrebbe avere così ripercussioni significative sul futuro del partito, sulla sua partecipazione alle elezioni del 2025 e sulla sua capacità di mantenere il consenso in un Paese già segnato da anni di instabilità politica.
Implicazioni politiche e giudiziarie: cosa riserva il futuro?
Le accuse contro Morales aprono una serie di interrogativi sul sistema giudiziario boliviano e sullo stato di diritto nel Paese. Da una parte, c’è chi sostiene che il caso rappresenti un passo avanti nella lotta contro l’impunità, dimostrando che nessuno è al di sopra della legge, nemmeno un ex Presidente. Dall’altra, molti osservatori ritengono che il mandato d’arresto sia l’ennesimo capitolo di una lunga serie di conflitti politici che hanno visto il sistema giudiziario trasformarsi in un campo di battaglia per questioni di potere.
Questo caso non è isolato nel contesto sudamericano ma è proprio la sua specificità, che mescola il personale al politico, a renderlo particolarmente delicato e capace di suscitare polemiche.
La vicenda ha anche attirato l’attenzione della comunità internazionale, sollevando questioni più ampie riguardanti la tutela dei diritti dei minori e l’uso del potere per scopi personali. Organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno sottolineato l’importanza di garantire un’indagine trasparente e imparziale, affinché il caso non si trasformi in un ulteriore strumento di divisione politica.
Gli esperti sottolineano che, indipendentemente dall’esito delle accuse, il dibattito pubblico dovrebbe concentrarsi sulla necessità di rafforzare le tutele per i più giovani, prevenendo situazioni di abuso e sfruttamento.
Il futuro di Evo Morales e del suo movimento politico resta incerto ma è molto probabile che le accuse rischino di compromettere definitivamente la sua immagine e il ruolo del suo partito.
Il caso rappresenta una sfida cruciale per la Bolivia, chiamata a dimostrare la propria capacità di affrontare questioni così delicate in modo equo e trasparente. Per Morales, invece, questa potrebbe essere l’ultima battaglia politica, una lotta non solo per difendersi dalle accuse ma anche per preservare un’eredità politica che, nel bene e nel male, ha segnato profondamente la storia recente del Paese.