Il segreto bancario, per i clienti italiani, non esiste più: “la Svizzera ha firmato una serie di accordi internazionali e si è impegnata a collaborare con le autorità fiscali”. In pratica, basta con l’evasione fiscale.
Queste le parole di Davide Corti, un avvocato di Lugano, specializzato in fisco e banche. Da anni, in Italia, si tenta di lottare con le unghie e coi denti contro l’evasione fiscale. Gli irriducibili evasori, ricchissimi e anonimi, che hanno nascosto miliardi in banche oltreconfine, sono nel panico: le banche Svizzere hanno inviato lettere particolarmente loquaci ai propri clienti, avvisandoli dell’imminente collaborazione col fisco italiano.
“Gentile cliente, l’agenzia delle entrate ha inviato alla competente autorità elvetica una formale richiesta di assistenza fiscale. In tale contesto, l’amministrazione federale ha richiesto al nostro istituto una serie di dati sulla sua relazione bancaria”. Questo lo stralcio di una lettera inviata dalla Bsi (Banca della Svizzera Italiana) a un presunto evasore lombardo. Tradotto in parole povere: caro evasore, il fisco ti ha scoperto e noi siamo costretti a collaborare. Molte altre banche Svizzere hanno inviato ai propri clienti delle lettere simili, tra cui il colosso Ubs. L’evasione fiscale, forse, può essere davvero bloccata.
Nonostante numerose leggi e condoni, tra cui gli scudi approvati dal 2002 al 2010 dal governo Berlusconi-Tremonti, che offrivano vantaggi favolosi in cambio del 5%, in Italia non si è visto neanche un soldo. Di pagare le tesse onestamente proprio non se ne parla. Ovviamente, non hanno aderito nemmeno alle “voluntary disclousure” del 2016, che prevedeva sanzioni più severe. Da qualche anno, però, tutto e cambiato e dal 2017 la Svizzera è costretta a scambiare informazioni fiscali con le agenzie italiane, che ricevono ogni anni dei report sui dati bancari e ricchezze conservate gelosamente nelle banche elvetiche.
Come hanno risposto gli evasori?
La contromossa degli evasori italiani, ovviamente non s’è fatta attendere. Se la Svizzera collabora col fisco, allora meglio nascondere i tesori in paradisi fiscali offshore prima dell’entrata in vigore delle nuove norme. Via a Dubai, Panama e Delaware (il favorito anche di Trump), dove le leggi europee di certo non possono raggiungerli. Si paga un prestanome italiano per il proprio conto, si chiede una residenza fiscale svizzera (o comunque estera) e il gioco è fatto. Tuttavia, in questo giochetto c’è un comunque un rischio. I soldi devono essere portati contati, fisicamente. La banca elvetica, infatti, registra i prelievi in contanti e i bonifici verso i paradisi offshore. Dunque, perché rischiare galera e sanzioni per un cliente perduto!? La Svizzera non copre più nessuno.
E allora gli irriducibili spostano la propria residenza in Svizzera, che deve essere “effettiva” , cioè comprovata. Basta un regolare contratto di locazione o, addirittura, basta presentare le bollette del gas o dell’acqua. Dunque, per i bravi italiani basta pagare un custode che vada a sperperare acqua luce e gas in una casa vuota. In più, le banche elvetiche hanno rifiutato le “indagini indiscriminate” (cioè si pesca gente a caso) sui propri clienti, approvando però quelle di “gruppo”, anche su milioni di individui che però devono essere specificati e segnalati.
Dunque, la lettera inviata dalle banche Svizzere ai propri clienti ha fornito l’espediente adatto e il fisco italiano, il 6 dicembre 2018, ha potuto richiedere i dati di tutti coloro che non avevano risposto alla richiesta di dimostrare la loro “regolarità fiscale”. Anche se gli evasori ricorressero ad appelli e proroghe, fortunatamente non c’è la possibilità di scampare alle indagini. Dato che noi siamo un paese cordiale e ben disposto, le leggi approvate nel 2019 garantiscono l’immunità penale a chi si ravvede prima delle indagini. Il sistema delle lettere elvetiche e le successive indagini hanno fatto incassare allo stato italiano 5,6 miliardi in tre anni. Si spera che la lotta all’evasione fiscale continui con durezza, senza più condoni.
Questi irriducibili evasori continuano a usufruire dei servizi del paese, non versando neanche un centesimo. Sono gli italiani onesti che pagano l’assistenza sanitaria, l’istruzione, e ogni tipo di servizio anche per loro. Non è più tollerabile. I dati mostrano che sono circa 13 mila italiani a evadere le tasse con 14 miliardi oltre confine. Solo il loro contributo avrebbe potuto coprire tutte le spese dell’emergenza coronavirus. Se gli italiani onesti lavorano e pagano tasse su tasse, chi si ostina a evadere deve essere sottoposto a sanzioni molto più severe: la confisca dell’intero patrimonio.
Antonia Galise