Europa omofoba? A giudicare dagli ultimi episodi si direbbe che stiamo conoscendo un’omofobia di ritorno. Se già prima la situazione era critica, nell’ultimo anno è peggiorata regredendo ulteriormente.
L’ultima aberrante dichiarazione è quella di Mart Helme, ministro dell’Interno estone e leader del Partito Popolare conservatore.
Helme ha dichiarato di provare disgusto per tutte quelle persone che non condividono i suoi stessi gusti sessuali e di essere infastidito dalla loro presenza all’interno dell’Estonia; ha poi “suggerito” ai cittadini gay di fuggire in Svezia: lasciateli correre in Svezia. Tutti li trattano in modo più educato.
Helme non ha mai nascosto la sua omofobia, che non ritiene tale, avanzando anche una proposta di legge per vietare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Non solo, secondo il ministro rendere egualitario il matrimonio sarebbe una minaccia per il futuro del Paese.
Il referendum è importante per tutte le persone, perché senza matrimonio, senza donne e uomini che hanno figli, non c’è futuro. Vogliamo che lo stato sia preservato e non può essere preservato senza figli e senza moralità.
Torna, dunque, in auge il tema della necessità di preservare benessere e futuro di una nazione tramite il mero atto riproduttivo, senza tenere conto di politiche di welfare efficaci e che tocchino diversi ambiti. Si tratta semplicemente dell’ennesimo tentativo di sviare dalle problematiche reali di un paese, individuando un capro espiatorio che contravviene alla morale comune e, quindi, alla salvaguardia della “normalità. Alle accuse di omofobia, il Ministro risponde tacciando la controparte, colpevole solo di buon senso e umanità, di eterofobia.
Non è omofobia. Direi che coloro che definiscono superfluo il nostro referendum sono eterofobi. Stanno entrando nelle camere da letto degli eterosessuali. Lo fanno loro, non noi. Se possono fare la loro propaganda omosessuale, possiamo fare anche altra propaganda.
La dialettica dell’eterofobia la conosciamo bene, utilizzata da un politico nostrano per opporsi a una legge contro l’omotransfobia, tanto necessaria quanto presa sottogamba. Parliamo del ddl Zan, che andrebbe ad ampliare i già esistenti articoli 604-bis sui discorsi d’odio, aggiungendo quelli “sul genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere“.
L’utilizzo del termine eterofobia è un gioco sporco e pericoloso che, come per l’Estonia, svia il discorso da tematiche reali e importanti andando a creare una divisione non necessaria là dove invece sarebbe il caso di agire con leggi chiare che garantiscano la tutela a tutti i cittadini che ne hanno realmente bisogno. E per “realmente” si intende tutti coloro che ogni giorno sono vittime di abusi e violenze per il loro orientamento sessuale e la loro identità di genere.
Creare un problema inesistente come l’eterofobia, e trincerarsi dietro la scusa di una supposta uguaglianza, non è altro che una manovra dialettica sleale per deresponsabilizzarsi politicamente ed eticamente . Nonostante questi tentativi dal retrogusto finto intellettuale e finto progressista, la realtà dei fatti ha pronta per queste persone un’altra parola: omofobia.
L’Europa omofoba non si ferma, purtroppo, a Estonia e Italia: il 2020 ci ha regalato almeno un paio di altri esempi.
La Polonia, che in questi giorni si trova a combattere contro la nuova legge sull’aborto, questa estate ha conosciuto altre problematiche interne.
Si è, infatti, diffusa la notizia di zone polacche dichiarate “lgbt-free”: zone franche in cui l’omosessualità non è tollerata, ma l’omofobia sì. La stessa omofobia che ha portato all’arresto di alcuni attivisti gay la scorsa estate, facendo seguire delle proteste in strada.
La Polonia sta conoscendo una grave recessione in ambito di diritti civili.
Lo stesso scenario lo possiamo trovare altrove, ad ed esempio in Ungheria, altro esempio di questa Europa omofoba che non intende retrocedere. Qui, il presidente Viktor Orbán ha approvato una legge che impedisce la registrazione del cambio di sesso e il riconoscimento giuridico dell’identità di genere delle persone transgender. Con questa mossa, di fatto, si legittima una pratica come quella del misgendering, una violenza a tutti gli effetti. Un altro esempio ancora, poi, ci viene dalla vicina Romania che proibisce l’insegnamento degli studi di genere.
Gli esempi, a quanto pare, sembrano crescere col tempo e non si tratta solo di paesi che siamo abituati a considerare arretrati.
Il ritorno di un’Europa omofoba è una piaga che va combattuta comunitariamente e in modo tempestivo.
La pandemia in corso, purtroppo, ha fagocitato tutta l’attenzione mediatica e pubblica, facendo passare in secondo piano qualsiasi altro problema.
Ma dobbiamo ricordarci che il mondo va avanti e c’è chi, oltre a questa situazione, si trova a subire violenze quotidianamente e nel silenzio di una Unione impegnata a combattere su altri fronti.
Sarebbe bene non dimenticarci del valore dell’umanità e riportare sul tavolo delle discussioni leggi che tutelino i diritti civili di tutti.
Marianna Nusca