Esiste nella cultura occidentale un motto potentissimo anche se costituito da appena quattro parole: Etiamsi omnes ego non. Da dove proviene, che cosa significa, qual è insomma la sua storia?
La prima volta che ho letto le parole “etiamsi omnes ego non“, è stato sulla pelle di un’amica, nella forma di un tatuaggio. Anche se ce l’ha da molto, io non l’avevo mai notato, perciò l’ho riempita di domande. E lei, con la consueta generosità, mi ha fatto conoscere un pezzo della nostra storia culturale che non conoscevo, ma che davvero merita.
”Etiamsi (o etsi) omnes ego non” sono parole che vengono dal Vangelo, in particolare da Matteo 26, 33, dove in greco antico si legge:
Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai.
Sono le parole di Pietro, che così risponde a Gesù quando questi predice l’abbandono dei discepoli prima di recarsi con loro nel Getsemani a pregare. Parole di lealtà cui, nel caso di Pietro, non fanno seguito i fatti. Un monito, dunque, anche a ricordare quanto in concreto restare fedeli a sé stessi e agli altri possa essere complicato. E quanto, cionondimeno, sia irrinunciabile almeno tentare.
Il motto nella Storia
Il motto “Etiamsi omnes ego non” ha avuto nella Storia numerosissime riprese. Forse perché ricorda contemporaneamente le vette e gli abissi di cui l’umano è capace, forse perché invita a perseguire vie più alte, ancorché più difficili.
Uno dei primi a riprenderla in epoca recente fu nientemeno che lo scrittore Victor Hugo, in chiave anti-napoleonica. Sembra, infatti, che prima di andare in esilio, in aperta opposizione all’ascesa di Napoleone III, il romanziere abbia detto:
Dovesse rimanerne uno solo [di contrario a ciò che sta avvenendo], io sarò quello!
Del resto, Hugo aveva già dimostrato le proprie idee libertarie e difeso appassionatamente i diritti umani scagliandosi contro la pena di morte. Comportandosi, di fatto, come quell’ “ego non” del motto.
Tuttavia, fu tra il secondo e il terzo decennio del Novecento che il motto riscosse il maggior successo. Le parole “Etiamsi omnes, ego non“, infatti, furono fatte proprie dal filosofo Giuseppe Rensi. Costui fu un docente antifascista, titolare della cattedra di filosofia morale a Genova, in aperto dissenso fino alla morte con il regime. Non a caso, come epigrafe volle proprio quel motto, che oggi si trova inciso sulla sua tomba al Cimitero Staglieno.
Del resto, quelle parole furono portate come un vessillo anche dagli oppositori al regime nazista. Per esempio, esse comparivano sul frontone della casa di Philipp von Boeselager, ufficiale coinvolto nell’attentato contro Hitler del 20 luglio 1944. Inoltre, “Etiamsi omnes ego non” era il motto della Rosa bianca, un’organizzazione studentesca ispirata da valori cristiani che cercò di resistere facendo uso della nonviolenza.
Etiamsi omnes ego non: qualcosa che vale la pena ricordare
Oggi poco conosciuto, il motto “Etiamsi omnes ego non” merita invece di essere ricordato e di tornare in auge. Specialmente nel nostro Paese, dove “Lo fanno tutti” – come si legge in una pubblicazione di Michele Corradino – diventa l’alibi per ogni sorta di illecito o di atto moralmente discutibile. Queste partole ci invitano a un ragionamento più difficile, magari più sgradevole, ma senz’altro necessario.
Lo fanno tutti? Bene. Etiamsi omnes ego non. Non per essere dei santi, degli esseri moralmente superiori agli altri. Semplicemente perché la crisi dei valori che sentiamo e che ci mette a disagio può trovare un rimedio solo se, a poco a poco, uno alla volta proviamo a opporci alla corrente. E ad andare nella direzione giusta, insieme.