Con l’espressione estinzione di massa (o con termine più tecnico transizione biotica) si indica il sovvertimento dell’ecosistema terrestre in un termine di tempo geologicamente breve, con la scomparsa di molte specie viventi e con le sopravviventi che diventano dominanti (ad esempio la scomparsa dei dinosauri ha lasciato spazio ai mammiferi). Nella storia della Terra se no sono susseguite cinque, quella più famosa, quella determinata (o perlomeno favorita) dal meteorite alla fine del Cretaceo, 65 milioni di anni fa, è stata l’ultima della serie. Ora una ricerca proveniente dalla Aarhus University e dall’Università di Goteborg e pubblicata su PNAS afferma che sarebbe già in corso una estinzione di massa per i mammiferi, la sesta estinzione di massa della storia e la prima provocata dall’uomo. Ricerca che naturalmente non ha nulla a che fare con quella di cui ho scritto circa un anno fa che analizzando il ciclo del carbonio affermava che ci si sta avviando verso le condizioni per una sesta estinzione di massa.
Cosa hanno fatto i ricercatori? Hanno preso in esame non solo le specie di mammiferi esistenti ma anche quelle scomparse nel recente passato a causa dell’attività umana, hanno quindi potuto analizzare in maniera completa il nostro impatto sulla biodiversità della classe di vertebrati conosciuta come mammiferi.
Il risultato in parole povere è che il meccanismo adattativo della natura, l’evoluzione, non riesce a tenere il passo con l’azione umana e se non si intraprenderanno immediatamente azioni più incisive per la protezione di queste specie, nelle prossime cinque decadi si avrà un calo così drammatico delle specie di mammiferi che nel migliore degli scenari possibili per ritornare agli attuali livelli di biodiversità alla natura occorrerebbero dai 3 ai 5 milioni di anni e ce ne vorrebbero dai 5 ai 7 per tornare al livello di biodiversità dei mammiferi prima che si evolvesse l’uomo moderno.
La ricerca fa una classifica delle priorità, cioè delle specie a cui dare la precedenza nella conservazione, detta così sembra un’ingiustizia, perché una specie dovrebbe avere più diritti d sopravvivere di un’altra? Il fatto è che le estinzioni sono anche un processo naturale ma alcune sono più dolorose per l’albero della biodiversità di altre, “per fare un esempio” dice il paleontologo Matt Davis, che ha condotto lo studio “quando abbiamo perso le tigri dai denti a sciabola abbiamo perso tutto quel ramo evolutivo, invece esistono centinai di specie di toporagni, possono ben sopportare qualche estinzione”. Il professor Jens-Christian Svenning dell’Università di Aarhus aggiunge che una volta la Terra era piena di mammiferi giganti, ora rimangono solo pochi giganti, come l’elefante e il rinoceronte, e queste poche specie, uniche rimanenti della cosiddetta megafauna, sono a rischio di essere spazzate via. Il lavoro vuole essere proprio una guida a individuare le estinzioni da evitare assolutamente perché più dolorose per la biodiversità che deve essere pensata come un albero: esistono rami che se tagliati portano via con se intere ramificazioni che saranno perse per sempre.
Roberto Todini