Oggi l’età delle prime esperienze intime si è abbassata e i dati forniti da Euromedia Research mostrano che nel Belpaese il 13.1% degli italiani afferma di aver consumato il primo rapporto sessuale tra i 14 e i 16 anni e c’è anche un 2% che dichiara di aver avuto la prima esperienza di questo tipo in età precedente ai 14 anni. Accade spesso che a causa delle premature esperienze sessuali si fatichi a gestire quelle che possono essere le conseguenze, parliamo in termini di malattie sessualmente trasmissibili e di gravidanze indesiderate. Le baby-mamme in Italia hanno avuto un incremento del 60% e spesso il fenomeno riguarda la fascia under sedici. Queste adolescenti corrispondono all’1% delle partorienti nel nostro paese, dati ovviamente poco rilevanti rispetto alle realtà presenti in altre nazioni. Ma cosa vuol dire essere una “giovane mamma”? E’ possibile vivere ugualmente la freschezza e la gaiezza di cui l’adolescenza è tipica? O è uno stigma sociale sinonimo di avventatezza ed incoscienza?
Attraverso la storia di Elmy, una giovane mamma di Torino, possiamo forse conoscere più da vicino questa realtà,fatta di tante paure ma anche di una sostanziosa dose di coraggio.
Sono Elmy, ho diciannove anni e mezzo e sono la mamma di Andrea, un bellissimo bambino di quasi tre anni. La mia storia diverge un po’ dalle altre perché non sapevo di essere in attesa. Ero piccola, avevo sedici anni e non avevo nessun sintomo tipico della gravidanza. Qualche chiletto in più c’era ma rientrava nel mio peso norma. È successo che il tre aprile 2017 mi sono assentata da scuola perché avevo la febbre altissima e un malessere generale. Questa sintomatologia si presentò per due giorni e la mattina del 5 aprile mi vennero anche dei crampi addominali fortissimi. Non capivo cosa mi stesse succedendo, non sapevo che di li a poco sarebbe nato mio figlio Andrea. Quando ho preso consapevolezza del mio stato ho avuto il sangue freddo di gestire la situazione e ho partorito da sola a casa. Una volta arrivata l’ambulanza mi dissero che il piccolo era nato di trentadue settimane e che pesava 1,570 kg. Siamo stati un mese in terapia intensiva neonatale ed oggi è un bellissimo bambino vivace e allegro. Io nonostante tutto non ho mai mollato e sto facendo il possibile per garantire un futuro a mio figlio.
Come hai reagito alla nascita di Andrea?
Inizialmente ero spaventata, tanto. Solo dopo ho metabolizzato la cosa. Non sapevo come muovermi.Soprattutto non sapevo se fossi capace di adempiere a quest’onere. Mi chiedevo se fosse meglio tenerlo o darlo in adozione. Alla fine ho deciso che non volevo separarmi da lui. Ho scelto di chiamarlo Andrea perché sono sempre stata innamorata di questo nome che significa “grande uomo”.
Come hanno reagito amici e familiari?
I miei, soprattutto all’inizio, non erano contenti. Sono rimasti tutti abbastanza scossi dall’avvenimento e mi riferisco anche ai miei fratelli. Oggi la situazione è cambiata, non saremo in grado di concepire la nostra vita senza Andrea. Non sono più insieme a suo padre che non ha preso bene il suo nuovo status. Però devo dire che nonostante lavori fuori città riesce a essere presente nella vita di nostro figlio e questo è l’importante.
Cos’è cambiato nella tua vita? Che cosa ti manca di più?
Vedendomi oggi posso dire di essere più responsabile di quella me sedicenne e sono felice perché in tanti lo notano. Ovviamente sento che certe cose non mi sono più permesse ed è anche giusto in relazione al mio ruolo di mamma. Cerco di avere un abbigliamento sempre “decoroso” e ho abbandonato certe abitudine tipiche degli adolescenti. Mi chiedo spesso: cosa direbbero su di me se fossi una mamma che adotta certi comportamenti? Io per mio figlio voglio essere una fonte di esempio e di orgoglio.
Quello che mi manca di più è la libertà. Intendo dire che avendo Andrea ho delle limitazioni su vari fronti, anche semplicemente l’orario di rientro a casa. Mi mancano la tranquillità e la spensieratezza tipiche della mia età, ma ho un bambino che mi sprona tutti i giorni a dare il meglio di me.
Com’è essere una “giovane mamma” nel 2020?
Nella nostra società ci sono ancora molti pregiudizi su una mamma giovane. Tendono a vederti tutti con un’accezione negativa e ti etichettano come un’irresponsabile. È vero che un figlio ti cambia la vita, ma in meglio. Io posso fare tutto anche con Andrea, lui per me non è un ostacolo ma una gioia in più.
Avevi paura? Quali sono state le tue preoccupazioni più grandi?
Io amo i bambini e sono sempre stata abituata a badare ai più piccoli ma quello che mi terrorizzava era il era il giudizio delle persone. Che cosa avrebbero detto di me? Chi ero diventata io agli occhi degli altri? Il primo anno è stato molto difficile da accettare. Non lo nascondevo ma facevo fatica a parlarne. Oggi invece la prima cosa che dico con orgoglio è che sono una mamma. E’ successo che siccome ero minorenne e non a conoscenza del mio stato di gravidanza il giudice tutelare aveva deciso di farmi trascorrere un periodo in una comunità di ragazze madri per verificare se ero idonea a prendermi cura del bambino. In questo periodo ho sofferto anche la lontananza dalla mia famiglia d’origine e soprattutto mi è dispiaciuto che mio figlio non abbia potuto creare fin da subito un rapporto con i nonni. Mi sono capacitata nel dimostrare forza e coraggio, infatti il mio soggiorno lì ha avuto esito positivo. Ero felice di essere diventata madre e amavo stare insieme ai bambini, è anche grazie al tempo trascorso in comunità che mi si è aperto il mondo dell’educazione. Ho legato in modo particolare con un’altra mamma, un po’ più matura di me in termini d’età. Diciamo sempre che il mio Andrea e il suo Giacomo sono cugini perché hanno mosso i primi passi insieme.
Cosa sogni per te e tuo figlio?
Sogno una vita autonoma e felice, per lui voglio il meglio come un po’ tutti i genitori. Poi vorrei che la società cambiasse perché avere un figlio giovane non è una sciagura ma può succedere a chiunque! Spero tanto che il pensiero della gente si evolva. Quando ho partorito facevo il secondo anno al liceo linguistico. Ho dovuto lasciare quella scuola perché troppo impegnativa per la mia nuova vita ma non mi sono fermata. Oggi al mattino, mentre Andrea è al nido, lavoro come aiuto-educatrice e la sera frequento l’istituto tecnico-turistico.
“Da grande” che cosa vorresti fare?
Vorrei fare l’ostetrica . E’ una professione che ho sempre ammirato e che volevo fare fin da piccola, ancora prima di avere Andrea. E’ stato anche grazie a questo sogno che è andato tutto bene durante il parto quando ho dovuto fare tutto da sola, senza l’assistenza di nessuno. Mi sono tagliata da sola anche il cordone ombelicale. Tuttavia se non dovessi superare il test d’ingresso mi iscriverei a scienze dell’educazione per diventare educatrice, magari in una comunità. Mi piacerebbe aiutare chi ha vissuto la mia stessa esperienza.
Cosa diresti ad una giovane mamma che vive una situazione analoga alla tua?
La prenderei per mano e le direi di non aver paura! Tutto passa, anche le paure. Nessuna deve temere di non essere all’altezza del ruolo di madre. Bisogna capire che il bimbo non ti cambia la vita ma te la migliora. “Quando nascerà lo capirai”, so che può sembrare una frase fatta ma non c’è nulla di più aderente alla realtà.
Susanna Zanetti