Essere pacifisti senza rifiutare l’utilizzo delle armi come strumento di difesa

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Chi è davvero pacifista ripudia la guerra come strumento d’offesa, ma non rifiuta l’utilizzo della armi come strumento di difesa.


Sono sicuro che ci sono tanti pacifisti “puri”. Non tutti usano l’espediente del pacifismo per camuffare la simpatia filo putiniana. Mi riferisco ovviamente alla sinistra, quella che davvero ha un sentimento puro contro la guerra e nello stesso tempo schifa il pensiero putiniano o rossobruno.

Chi dice “né con Putin, né l’invio delle armi all’Ucraina” pensa davvero di fare un’affermazione autoevidente, vuol dire letteralmente ciò che dice: no a Putin e no alle armi. Il problema è che però si rischia di agevolare la propaganda russa.

Proprio oggi Putin ha affermato di dispiacersi per quello che sta accadendo in Ucraina. Ammette che ci sono atrocità, ma che non le ha volute lui. Sono quasi sicuro che presto toglierà il divieto di pronunciare la parola guerra: dirà che ha condotto una operazione speciale che, per colpa del presidente ucraino Zelensky e dell’occidente, si è trasformata in guerra. Ecco di chi è la colpa, una guerra che lui non ha voluto. Un pensiero che rischia di confondersi con il pacifismo.

Pensiamoci. Dire “né con Putin, né con l’invio delle armi all’Ucraina”, inconsapevolmente alimenta il pensiero putiniano. La filosofia politica conosce talmente bene questo fenomeno che gli ha dato un nome ben noto: eterogenesi dei fini.

Chi è davvero pacifista, nel senso che è per la pace e dà valore alla nostra costituzione (anche se spesso viene citata a corrente alternata se penso alle carceri e giustizia), ripudia la guerra come strumento d’offesa, ma non rigetta l’utilizzo della armi come strumento di difesa. E a difendersi dall’aggressione è il popolo libero e democratico ucraino, con tutti i pregi e difetti che ogni Paese a regime liberale può avere.

Questo lo hanno capito i pochi cittadini russi che con coraggio manifestano e si fanno arrestare. Ma sono isolati da noi stessi. Perché era così facile mobilitare giustamente milioni di persone contro Bush e l’esercito americano per la guerra in Iraq e nessuno prova a riempire le piazze contro Putin senza se e senza ma?

Perché mi devo ritrovare a leggere un articolo della professoressa Donatella Di Cesare che se la prende con quella parte di sinistra lontana da questa equidistanza? Ringrazio il cielo che c’è una sinistra (temo minoritaria) che vuole appunto affermare con forza il “sacro dovere” di un popolo a resistere e a difendere la propria democrazia. Non bisogna aver paura, a sinistra, di ribadire con forza la fine dell’aggressione brutale di Putin e il sostegno di chi si difende. Sono concetti che, ripeto, sono stati ben esposti da quei russi coraggiosi. Invece qui abbiamo intellettuali e opinionisti che fanno del vittimismo se vengono criticati per la loro posizione di equidistanza. Ma meno male! Vuol dire che lo spirito critico ancora non è del tutto perduto.

 

Damiano Aliprandi

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