Dal ragazzo della porta accanto al celebre giocatore di calcio. Ancora oggi un ragazzo gay ha paura a dichiararsi tale per paura delle reazioni negative
Una sentenza storica. Il Tribunale di Foggia ha riconosciuto al partner superstite di una coppia gay il diritto al trattamento pensionistico di reversibilità con effetto retroattivo. Il giudice ha condannato l’Inps a versare la pensione di reversibilità alla compagna superstite di una donna deceduta nel 2011, cinque anni prima dell’approvazione della cosiddetta “Legge Cirinnà” (la legge che ha sancito diritti e doveri delle unioni civili).
Le coppie omosessuali italiane non possono accedere all’istituto del matrimonio, ma lo Stato deve garantire alla comunità Lgbt il diritto alla vita familiare, come riconosciuto da diverse sentenze della Corte europea dei diritti umani, della Corte costituzionale e della Corte di cassazione. Il Tribunale di Foggia ha incluso la pensione di reversibilità tra questi diritti, senza distinzioni tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali. La decisione del giudice riprende integralmente le motivazioni della Corte di Appello di Milano, che nel 2018 aveva condannato una cassa previdenziale in un caso analogo.
Aggressioni e denunce
Eppure, se di diritti vogliamo parlare, la strada verso un Paese civile è ancora lunga. Sono ancora tanti gli episodi di intolleranza e aggressione. Solo per citare gli ultimi casi, in Toscana, a Firenze e a Lucca, ci sono state aggressioni nei confronti di ragazzi gay, mentre a Lecco un’infermiera è stata minacciata di essere cacciata perché lesbica.
La denuncia arriva anche dal mondo dello sport, dove i giovani sono più esposti e la paura di dichiararsi gay è ancora più forte.
“Nel nostro sport solo otto giocatori si sono ufficialmente dichiarati omosessuali, molti altri vorrebbero farlo ma non se ne sentono liberi, per paura delle reazioni negative”
Questo ha dichiarato il giocatore di calcio della Sampdoria, Albin Ekdal; Albin ha partecipato a un evento organizzato al Parlamento europeo per combattere ogni forma di discriminazione nei confronti delle persone Lgbt nello sport e non solo. “Come giocatore professionista ritengo essenziale contribuire a sensibilizzare il pubblico europeo sul tema della omofobia”, ha detto. E nel resto del mondo?
L’omofobia nel mondo
La Polonia è uno dei paesi con il più alto livello di omofobia in Europa. Il partito al governo, Diritto e Giustizia (PiS), ha addirittura lanciato una campagna contro i diritti delle persone Lgbt e alcuni comuni polacchi si sono autodichiarati “liberi dagli Lgbt”. Alcuni attivisti hanno fotografato in segno di protesta persone omosessuali in posa di fronte ai cartelli di questi comuni. Cartelli che scrivono “Lgbt free-zone”. La Storia non ci ha insegnato niente.
Africa. L’Associazione Internazionale Gay e Lesbiche ha dichiarato nel 2015 che l’omosessualità è vietata in 34 dei 54 stati africani. Ad eccezione del Sudafrica e di Capo Verde, i diritti LGBT in Africa sono molto limitati. Il Sudafrica è considerato il paese africano più gay friendly e per questo qui è stata organizzata la prima sfilata di moda per i diritti gay. Nel maggio 2019, l’alta corte del Kenya ha respinto una richiesta per ribaltare le leggi dell’era coloniale che criminalizzavano il sesso gay (ad oggi si rischiano 14 anni di carcere). L’Uganda stava per introdurre una legge che prevedeva rastrellamenti per identificare (se non peggio) tutti gli omosessuali ugandesi. Il Parlamento ha bloccato la legge. In Nigeria, si rischia fino a 14 anni di carcere, mentre è prevista la pena di morte negli stati dove vige la Sharia. È illegale per legge, e anche il solo parlare di LGBT è considerato reato.
Arabia Saudita. Vita dura per le donne, figuriamoci per i gay. Suhail al-Jameel, ragazzino arabo di 23 anni amato sui social, rischia di fare tre anni di carcere per una foto postata sul suo profilo Twitter. Una foto ritenuta”compromettente” dalle autorità dell’Arabia Saudita, nonostante il giovane sia in pantaloncini (leopardati). Le punizioni possono essere frustate ma anche pena di morte.
E la stessa cosa avviene nello Yemen, in Iran e in Qatar (dove vige la Sharia e ogni atto omosessuale è severamente punito con il carcere, una pena corporale o capitale: teniamolo bene a mente per i Mondiali del 2022).
La strana antitesi tra lobby e società
Fa riflettere quanto sia strano il contrasto tra le lobby gay così potenti che lavorano nell’ombra nei posti di potere e la situazione di tanti giovani omosessuali che ogni giorno nel quotidiano combattono contro omofobia, ignoranza e discriminazione. Un muro culturale che ancora spacca la società. Dal ragazzo di Lecco al celebre giocatore di calcio. Ma allora il gay dietro le quinte che agisce all’interno di una organizzazione va bene? Pura ipocrisia. Come se la natura omosessuale venisse accettata solo in quanto segreta, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Perché? Perché è una cosa di cui vergognarsi, potrebbe fare scalpore, inorridire la Chiesa, fare arrabbiare i cittadini più conservatori o una certa parte politica. Allora si fa così, i panni sporchi si lavano in casa, o meglio, dentro le mura, private o meno private che siano.
Marta Fresolone