In una scuola di Vercelli una circolare ordina lezioni separate fra italiani e stranieri
Ma gli alunni “autoctoni” si ribellano: l’intolleranza si può sconfiggere
L’antirazzismo segna un punto a Vercelli.
Nella scuola media intitolata a Sandro Pertini ieri, come in tante altre scuole, si è celebrata la Giornata dei Giusti : e per una volta non è servita solo ad esercitare l’arte retorica.
Infatti, nel periodo fra la Giornata della Memoria del 27 gennaio scorso e la Giornata di ieri, il corpo docente ha organizzato un esperimento sociologico e psicologico.
Nella settimana appena trascorsa, è stata data lettura in alcune delle classi di una circolare che stabiliva la segregazione in aule differenziate degli alunni che non potessero “vantare” entrambi i genitori con cittadinanza italiana.
Inoltre, i non-autoctoni venivano avvertiti di dover sottostare ad un duplice esame, necessario per attestarne la necessaria conoscenza della lingua e della cultura italiana.
Il messaggio, per soprammercato, era accompagnato da un riferimento alle leggi razziali del 1938, che avevano colpito gli Ebrei.
Un’Onda controcorrente e ribelle
La reazione degli allievi, registrano le cronache, è stata veeemente: proteste, richieste di spiegazioni o di seguire gli allievi segregati nell’aula dove sarebbero stati destinati, e in alcuni casi studenti e studentesse che hanno impedito fisicamente la “deportazione” dei propri compagni.
Ovviamente, tutto accompagnato da una serie di telefonata alla preside, ad amici in altre scuole e a tutti i contatti possibili per capire cosa stesse succedendo e che cosa fare per impedire un’ingiustizia.
Tutto questo esperimento è stato realizzato con la complicità dei compagni, quelli destinati a recitare la parte delle vittime, che erano stati in precedenza avvertiti e, verosimilmente, preparati a recitare la parte dei rassegnati alla deportazione.
Grande soddisfazione della preside che ha diretto l’esperimento sociale, preside la quale ha fatto presente che se le cose fossero andate così anche ottant’anni fa, forse oggi non avremmo bisogno di una Giornata della Memoria – o quantomeno, non sarebbe una memoria così luttuosa e carica di vergogna.
La preside ha quindi rivendicato il successo dell’esperimento, che dimostra la forza degli anticorpi al razzismo e all’intolleranza, come il risultato di un lavoro educativo di anni intorno ai tema della tolleranza e dell’accoglienza.
Perché esiste il razzismo? Una ipotesi sociologica
Nulla da dire. Non c’è dubbio che quanto realizzato in quella scuola, e altrove, sia stato e sia prezioso.
Peraltro, rimane sempre il dubbio, in chi considera queste vicende e questi temi, su cosa davvero spieghi e determini il comportamento dei popoli e delle collettività.
Per dire, all’opposto, ricordiamo che vent’anni di martellante campagna bellicista del fascismo non servirono a trasformare quello italiano in un popolo guerrafondaio e assetato di sangue straniero.
Ma si potrà obiettare che un lavoro minuzioso e puntuale, in una scuola o un gruppo di classi, può rendere molto di più ( e si spera, sempre in vista di obiettivi positivi) che una propaganda che piomba dall’alto e da lontano su una collettività indeterminata e dispersa.
Cultura, educazione e società : termini ambigui
La cultura, intesa come ciò che ci porta a fare o non fare certe scelte, come individui e come gruppo in cui viviamo – e quindi senza connotazioni positive o negative – è ancora qualcosa di misterioso.
Nel 1938, in effetti, quasi nulla fu la resistenza alle espulsioni degli Ebrei da tutte le scuole – e nelle università centinaia corsero a far carriera occupando i posti dei ricercatori “semiti” buttati fuori. Gli Ebrei stessi, colpiti del tutto alla sprovvista, agirono con grande rassegnazione.
Poi, però, è un fatto che, anche scontando una proaganda consolatoria che ha dipinto quello italiano come un popolo di “brava gente” – dimenticando le stragi in Africa e nei Balcani o Grecia – i resoconti ci dicono che la collaborazione della nostra nazione alla persecuzione della minoranza ebraica è stata limitata.
Fu per civismo? Fu proprio per un innato anarchismo verso qualsiasi Stato, liberale o autoritario che fosse? Fu per influenza della Chiesa?
Altri popoli, come quello danese, o quello bulgaro, rifiutarono in modo assolutamente radicale la collaborazione ai nazisti nell’opera di sterminio degli Ebrei.
Il re di Svezia, nazione nei fatti occupata da Hitler, seppur formalmente autonoma, andava a passeggio con una stella di David appuntata al bavero, e rifiutò sempre di collaborare alla Shoah.
Ma anni fa si è scoperto che, dopo la guerra, per decenni uffici statali portarono avanti un vasto, costoso (e fallimentare) programma di eugenetica di stampo razzista.
Né la Bulgaria si è dimostrata un esempio di società aperta e illuminata, durante gli anni della Guerra Fredda – e altri esempi controversi si potrebbero fare.
L’Onda e gli esperimenti sociali del passato
D’altro canto, l’esperimento antirazzista di Vercelli sembra davvero speculare a quello descritto ne L’Onda– il film tedesco di Gansel del 2008, che suscitò polemiche e discussioni.
Alla base di quanto raccontato nel film (ricostruzione di una messa in scena, che induce una parte degli allievi di una scuola a comportarsi come le guardie fanatiche di una autorità assoluta e discriminatoria, incarnata dal corpo insegnante) vi è prima di tutto l’esperimento di Milgram del 1961.
L’esperimento che mostrava come fosse tutto sommato facile indurre un gruppo a dividersi in aguzzini e vittime, basandosi sulla innata propensione al conformismo e al rispetto dell’autorità da parte degli esseri umani.
L’esperimento di Vercelli dimostrata quantomeno che l’autoritarismo non è così scontato, e che se si basa su quel principio, il razzismo può essere efficacemente combattuto.
Ma Primo Levi ne I sommersi e i salvati spiegò, da testimone e vittima oltre che analista acuto, che ciò che consente di mettere in moto la macchina del razzismo, della segregazione e quindi della violenza, non è l’autorità in sé – ma la disuguaglianza.
La Zona Grigia
Il potere deve provvedere a creare una serie di dislivelli nel corpo sociale, fra quanti siano superiori e quanti dichiarati inferiori – e soprattutto deve organizzare una sorta di “ zona grigia” (espressione che proprio Levi coniò).
Grigia è quella zona in cui “abita” la maggioranza dei componenti di un gruppo, quelli che non sono né condannati né privilegiati, e sperano di salvarsi.
Essi, durante la Shoah, collaborarono con gli aguzzini nella speranza di guadagnarsi la benevolenza e la salvezza dalle mani dei carnefici dei propri fratelli (spesso, seguendoli nel loro infame destino).
In questo modo, relativamente pochi poterono fare così tanto male a così tanti.
Nel piccolo contesto sociale in cui è stato compiuto quello che magari, d’ora in avanti, gli annali di sociologia chiameranno l’esperimento di Vercelli, è ben verosimile che simili dislivelli non fossero stati creati ad arte dagli insegnanti, né mai prodotti dalla situazione reale.
La solidarietà, più di tutto, ha battuto l’autoritarismo.
Forse ha contato anche più dell’educazione o della cultura, forze sempre disponibili a differenti manipolazioni, al contrario di quanto speravano gli illuministi.
Per questo ogni potere lievita sulle diseguaglianze, in una società in cui tutti sono in guerra con tutti.
Per questo, il razzismo non è all’origine della disuguaglianza, ma è il prodotto della disuguaglianza.
Per questo, in una società dominata dall’ineguaglianza come la nostra (perlomeno, se raffrontata alla situazione di alcuni decenni addietro) il razzismo rialza la testa e torna ad essere parte dei programmi politici di partiti nazionali.
Per questo, se vogliamo che l’antirazzismo prevalga sempre, e il razzismo scompaia, dobbiamo curare una nuova società fondata sulla solidarietà e lo spirito di comunità – come nelle classi in cui è stato realizzato l’esperimento di Vercelli.
ALESSIO ESPOSITO