Una serie di iniziative culturali dedicate al Cinema tedesco nel periodo della Repubblica di Weimar ha permesso di evidenziare la qualità di una produzione che ha determinato, fin dall’inizio, effetti notevoli nell’evoluzione della tecnica cinematografica e nelle modalità narrative. In Germania, tra il 1918 e il 1933 – gli anni della Repubblica di Weimar – la “Settima Arte” accrebbe la sua rilevanza in modo esponenziale, diventando un potente mezzo di comunicazione di massa su cui confluirono discipline, metodi e tendenze storico-culturali.
Con la designazione Repubblica di Weimar è indicato il periodo storico tra la fine del Primo conflitto mondiale e l’inizio del 1933. Weimar è la città della Turingia dove si radunò l’Assemblea Nazionale (Weimarer Nationalversammlung) – che aveva carattere di Assemblea Costituente e di Parlamento – composta dopo le elezioni del 19 gennaio 1919, successive all’abdicazione dell’imperatore Guglielmo II (9 novembre 1918) e alla mancata successione. Nelle elezioni il primo partito fu la SPD – Partito Socialdemocratico Tedesco, seguito dal Partito di Centro e da altre liste. Lo stesso anno a Weimar fu siglata la Costituzione (Die Verfassung des Deutschen Reichs) che istituiva la Repubblica parlamentare (i cui rappresentati erano eletti con il sistema proporzionale e il suffragio universale).
La mostra “Kino in der Moderne. Film in der Weimarer Republik” (Cinema Modernista. Film nella Repubblica di Weimar), allestita alla Bundeskunsthalle di Bonn (14 dicembre 2018 – 24 marzo 2019), realizzata in collaborazione con la Deutsche Kinemathek (Berlino), è stata incentrata su una serie di installazioni multimediali per evidenziare le innovazioni pionieristiche e le originalità della cinematografia degli anni Venti e la sua interazione con la Letteratura, la Psicologia, l’Architettura, le Belle Arti e la Storia. Una sezione è stata dedicata al pubblico delle sale cinematografiche e alla rilevanza che ebbe, fin da allora, la cinematografia nella percezione da parte del pubblico delle evoluzioni sociali e degli avvenimenti in corso. La mostra retrospettiva “Weimar Internazionale: film muti senza confini da Berlino a Babelsberg, 1918-1929” al Deutsches Historisches Museum (01 novembre 2018 – 02 febbraio 2019) è stata incentrata sulla modernità delle pellicole del periodo, confermata dalla rilevanza che registi quali ad esempio Fritz Lang, Ernst Lubitsch e Georg Wilhelm Pabst hanno avuto per le generazioni successive di autori cinematografici soprattutto degli anni Sessanta e Settanta.
Nella costruzione narrativa, i registi e gli sceneggiatori utilizzarono sia riferimenti realisti, ovvero personaggi e ambientazioni proprie delle varie classi sociali, sia riferimenti alla quotidianità nelle grandi città della Germania, sia riferimenti alle trasformazioni culturali apportate dallo sviluppo tecnologico. Nel primo periodo della Repubblica di Weimar la produzione fu caratterizzata soprattutto da film Espressionisti, ambientati, in modo innovativo, prevalentemente in spazi chiusi e con poche riprese esterne. Esemplare Das Cabinet des Dr. Caligari (1920, 76′), con la regia di Robert Wiene, determinante nella definizione dei parametri del genere horror e del noir. Come nel contemporaneo Futurismo, anche la cinematografia di Weimar evidenziò i cambiamenti determinati dai progressi nell’industria automobilistica, ferroviaria e dell’aviazione. Uno dei primi film sugli sport motoristici fu Rivalen im Weltrekord (1930, 115′), diretto da Ernö Metzner. Anche gli scenari naturali diventarono ambienti cinematografici, come avvenne per il regista Arnold Fanck, uno dei pionieri del film di montagna. Altro argomento utilizzato fu il Primo conflitto mondiale. In questa categoria, uno dei film di maggior rilievo è Die andere Seite (1931, 107′), del regista bavarese Heinz Paul, incentrato sul punto di vista di un soldato britannico.
https://youtu.be/Jg5p8hhxJ6I
Alla realizzazione di Menschen am Sonntag (1930, 73′), un lungometraggio in parte documentario, parteciparono autori poi assurti alla notorietà internazionale, quali Robert Siodmak e Edgar G. Ulmer (alla loro prima regia), Billy Wilder alla sceneggiatura, e Eugen Schüfftan, direttore della fotografia. E’ la narrazione del tempo libero trascorso da un gruppo di giovani a Berlino e sulla spiaggia pubblica del lago Wannsee. Considerato tra le opere cinematografiche principali della Nuova Oggettività (Neuen Sachlichkeit), Menschen am Sonntag è stato proiettato a Palermo, al Cinema De Seta, in un cine-concerto con musiche originali eseguite dal vivo, a cura di Peter Wegele, con un ensemble del Conservatorio di Musica “Alessandro Scarlatti ” di Palermo, nell’ambito una iniziativa culturale promossa dal Goethe-Institut Palermo.
Registi, quali Friedrich Wilhelm Murnau e Fritz Lang, e attori, quali Emil Jannings (nome d’arte di Theodor Friedrich Emil Janenz) e Marlene Dietrich (in particolare con Der blaue Engel (1931, 104′), di Josef von Sternberg), raggiunsero la notorietà internazionale e l’industria cinematografica tedesca fu concorrente di Hollywood. Gli studi cinematografici di Berlino divennero famosi per la realizzazione delle scenografie e dei costumi. Ne è un esempio Metropolis (1927), di Fritz Lang, considerato uno dei capolavori nella storia del Cinema. Metropolis e altri film di Lang, tra cui Die Nibelungen: Siegfried (1924, 143′), e lungometraggi di altri celeberrimi registi tra cui Murnau e Ernst Lubitsch furono prodotti dalla Ufa (Universum-Film Aktiengesellschaft, fondata nel 1917).
Quella di Weimar fu anche una cinematografia sperimentale. Tra il 1919 e il 1920, Fritz Lang realizza Die Spinnen, film in due parti – Der Goldene See (1919, 81′) e Das Brillantenschiff (1920, 104′) – considerato un precursore del film di avventura nella modalità di Indiana Jones. Nel 1926 Hans Richter realizza Filmstudie un cortometraggio (7′) con riferimenti all’Astrattismo, all’Animazione, alla fotografia e nel 1931 Fritz Lang, nel film M (1931, 117′), con protagonista Peter Lorre, utilizza la tecnica espressionista, focalizzando immagini sui contrasti. Sebbene le pellicole fossero in bianco e nero – alcune delle quali poi colorate – durante il periodo di Weimar vari registi tedeschi sperimentarono il film a colori. In Kreise (1933, 3′), Oskar Fischinger animò forme astratte sulla musica di Richard Wagner (overture del Tannhäuser) e di Edvard Grieg (la Marcia di Huldigung dal Sigurd Jorsalfar). E’ un esempio di animazione a colori anche il cortometraggio Der Sieger (1921, 3′), di Walter Ruttmann. In parallelo alla sperimentazione, furono seguiti anche i generi classici come il melodramma, ad esempio in Die Carmen von St. Pauli(1933, 114′), di Erich Waschneck, con le interpretazioni di Jenny Jugo e Willy Fritsch, che narra la storia di un marinaio le cui vicende sentimentali lo portano a complicare la propria esistenza.
https://youtu.be/8QqUclHbUFo
Al cinema di Weimar è stata dedicata la sezione “Retrospettiva” della 68esima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino (15-25 febbraio 2018), nel quadro del 100esimo anniversario dalla conclusione del Primo Conflitto Mondiale. In edizioni precedenti, la “Berlinale ” aveva già dedicato retrospettive a registi e attori celebri dello stesso periodo. Nel 2018 è stata realizzata una panoramica comprendente anche film e autori meno noti. Sono state presentate in anteprima anche versioni restaurate realizzate da istituzioni cinematografiche tedesche. Nel programma della rassegna – “Il Cinema di Weimar rivisitato” – sono stati selezionati 28 film, suddivisi in tre aree tematiche: Storia, soggetti esotici, quotidianità. Sono state proiettate pellicole rare o ritrovate dopo essere state considerate perdute, come Christian Wahnschaffe, film in due parti – Weltbrand (1920, 77′) e Die Flucht aus dem goldenen Kerker (1921) -, del regista danese Urban Gad, che narra la storia del figlio viziato di un industriale, tratto da un romanzo del 1919 dello scrittore bavarese Jakob Wassermann.
Un altro film considerato perduto fino agli anni Novanta, è Abwege (1928, 107′), diretto da Georg Wilhelm Pabst, un melodramma su una coppia che attraversa una crisi matrimoniale, interpretato da Brigitte Helm e Gustav Diessl. Tra le personalità del cinema tedesco che iniziarono la propria carriera durante il periodo di Weimar vi fu Leni Riefenstahl, prima diventa famosa recitando in vari film drammatici e poi celebre regista (sua, tra l’altro, la regia del film sulle Olimpiadi di Berlino del 1936, con una serie di tecniche di ripresa innovative). Inoltre nella sezione “Berlinale Classics ” è stata proiettata la versione restaurata di Das alte Gesetz (1923, 128′), di Ewald André Dupont, per la quale il compositore francese Philippe Schoeller ha realizzato un brano musicale presentato dalla Orchestra Jakobsplatz München. Tra gli altri film nella retrospettiva: Der Favorit der Königin (1922), diretto da Franz Seitz, Das Abenteuer der Thea Roland (1932), di Hermann Kosterlitz, Der Kampf ums Matterhorn (1928), con la regia di Mario Bonnard e Nunzio Malasomma. In Germania, tra il 1926 e il 1930, Bonnard realizzò la regia di sette film; Nunzio Malasomma, tra il 1924 e il 1930, fu regista e sceneggiatore di sei film.
Il cinema di Weimar ebbe un eco internazionale anche a Hollywood. Ernst Lubitsch – tedesco di origini bielorusse -, dopo aver ottenuto notorietà internazionale con le sue commedie, nel 1922 si trasferì a Hollywood e lavorò per la Twentieth Century Fox. Lo seguirono Fritz Lang e Friedrich Wilhelm Murnau, che con la realizzazione di film quali Nosferatu, eine Symphonie des Grauens (1922, 94′) e Der letzte Mann (1926, 77′) fu considerato la personalità di maggiore creatività e abilità nell’utilizzo delle tecnologie cinematografiche, fu riconosciuto uno stile proprio, spingendo la sperimentazione al punto da realizzare film incentrati soprattutto sui movimenti della cinepresa e sulle luci, rinunciando alle didascalie. La carriera di Alexander Korda, dopo la realizzazione di film durante il periodo di Weimar, proseguì invece in Gran Bretagna dove, negli anni Trenta, fu il regista di maggior successo. Ma vi furono anche personalità di Hollywood che lavorarono negli studi cinematografi di Babelsberg (a Potsdam), come l’attrice Louise Brooks, interprete in due film di Georg Wilhelm Pabst, tra cui Die Büchse der Pandora (1929, 109′), una pellicola che ha trovato in seguito un successo di critica.
Essendo caratterizzato da una narrazione per immagini in movimento, il cinema divenne negli anni Venti il mass media più utilizzato poiché la sua accessibilità non era condizionata da differenze di ceto sociale e da formazione culturale, e non richiedeva allo spettatore una conoscenza tecnica dello strumento di comunicazione. Il cinema di Weimar ebbe, soprattutto nelle produzioni dei primi anni, una funzione di catarsi dopo il dramma del Primo conflitto mondiale, per diventare poi – in virtù delle innovazioni tecniche e narrative – un esempio di industria cinematografica. Nel 1926 in Germania le sale cinematografiche ebbero 332 milioni di spettatori e alla fine degli anni Venti ebbero 2 milioni di spettatori al giorno.