In un clima di forte tensione a causa delle spinte secessionistiche e delle decisive elezioni del 2 ottobre, la Bosnia ed Erzegovina sta compiendo i primi passi per espatriare i migranti pakistani presenti nel paese
Il clima di tensione delle elezioni in Bosnia ed Erzegovina
Il 2 ottobre in Bosnia ed Erzegovina si sono tenute le elezioni nazionali per costituire la nuova presidenza tripartita (con un membro per la componente bosniaca, uno per quella croato-bosniaca e un altro per la parte serbo-bosniaca) e per eleggere i membri dei diversi parlamenti. I partiti in corsa non hanno presentato programmi elettorali innovativi rispetto alle precedenti elezioni e le spinte secessionistiche hanno mantenuto una rilevanza significativa. Durante le elezioni l’integrità del paese è stata messa profondamente in discussione; in un clima così teso, il tema dell’immigrazione, oggetto di momenti critici nella recente storia bosniaca, non ha ricoperto un’importanza significativa per nessuna delle fazioni in campo. Forse complice di questo silenzio anche il fatto che, come mostrano i dati forniti dall’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (IOM) rispetto al 2015 il numero di migranti presenti nel paese è in calo (anche se dal 2018, quasi in 70mila sono arrivati clandestinamente in Bosnia ed Erzegovina). Nonostante i candidati abbiano concentrato le proprie campagne elettorali su altri temi, proprio qualche mese prima delle elezioni, il governo bosniaco ha mosso i primi passi verso l’espatrio dei migranti pakistani dal paese.
L’espatrio dei primi due migranti pakistani dal paese
Il 23% degli immigrati presenti nel paese provengono dal Pakistan e il 31 luglio 2022 due di essi, privi del permesso di soggiorno, sono stati espulsi dalla Bosnia ed Erzegovina. L’operazione di rimpatrio a Islamabad è avvenuta con un volo commerciale partito da Sarajevo che consentiva l’espulsione di due soli migranti, per questo il numero è stato così esiguo. Le autorità bosniache hanno però evidenziato che si è trattato solo di un primo passo simbolico: per le successive operazioni il governo utilizzerà voli charter per permettere l’espulsione di gruppi più numerosi di migranti. Al momento non ci sono notizie di ulteriori espatri, ad eccezione di un gruppo di clandestini provenienti dal Marocco con precedenti penali.
Le trattative per i rimpatri sono iniziate due anni fa
Si concretizza così, dopo due anni, il protocollo firmato tra Pakistan e Bosnia ed Erzegovina per il rimpatrio nel paese d’origine dei clandestini. Nel novembre 2020 infatti Ijaz Ahmed Shah, il ministro dell’interno del Pakistan e Selmo Cikotic, il ministro della Sicurezza bosniaco, si sono incontrati nella capitale pakistana, Islamabad e si sono accordati per la gestione dei rimpatri. I due delegati hanno accettato la reciproca riammissione dei propri cittadini, dopo che le cifre in crescita dei migranti presenti in Bosnia avevano portato a momenti di tensione. Nell’aprile dello stesso anno, Fahrudin Radoncic, il precedente Ministro della Sicurezza bosniaco, aveva ordinato al Ministro degli Affari Esteri bosniaco il censimento di almeno 9mila migranti clandestini da espatriare; di questi 3mila provenivano dal Pakistan e Radoncic accusò l’ambasciata pakistana di non collaborare alla loro identificazione e quindi alle operazioni di rimpatrio. Radoncic non fu il primo a evidenziare queste difficoltà, ma il governo Bosniaco non lo assecondò e lui si dimise.
Il ruolo dell’Unione Europea nelle operazioni di espatrio
L’Unione Europea ha fornito degli incentivi per il conseguimento del protocollo firmato tra i due paesi attraverso investimenti volti a garantire un sostegno finanziario per le operazioni di rimpatrio. Sasa Kecman, consigliere del Ministro della Sicurezza della Bosnia ed Erzegovina, ha dichiarato che l’UE ha promesso alla Bosnia mezzo milione di euro per favorire la riammissione dei cittadini clandestini. Il denaro, sarà consegnato dall’Unione Europea all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM), responsabile dell’acquisto dei biglietti aerei e garante della riammissione dei migranti nel paese di origine. Secondo la ricercatrice Gorana Mlinarevic l’espulsione dei migranti è uno dei prerequisiti fondamentali richiesti dall’Unione Europea per annettere un paese. I finanziamenti da parte dell’UE sono garantiti da accordi di preadesione e sono volti a incentivare le operazioni di rimpatrio, i cui costi amministrativi sarebbero troppo ingenti per la Bosnia ed Erzegovina che deve però dimostrarsi intenzionata a espellere i migranti presenti nel paese in modo clandestino.
Il primo espatrio: una dimostrazione all’Unione Europea
Sul profilo Facebook del Ministero della Sicurezza il 31 luglio 2022 è stato pubblicato il video che mostra i due migranti condotti verso l’aereo che li riporterà in Pakistan. Nella descrizione del post si rivendica la rilevanza di questa prima operazione e il primato, su tutti i paesi Balcanici, della Bosnia. La copertura mediatica che ha accompagnato questo primo espatrio è probabilmente finalizzata a dimostrare ai vertici dell’Unione Europea la volontà di compiere i primi passi per una gestione autonoma del problema dell’immigrazione. Il post sottolinea anche il primato della Bosnia ed Erzegovina sugli altri paesi balcanici: è infatti il primo paese ad aver firmato un accordo con il Pakistan.
La funzione dei campi profughi finanziati dall’Unione Europea
L’Unione Europea non fornirà aiuti solo le operazioni di rimpatrio: dal 2015 ha iniziato a finanziare e a promuovere la costruzione di campi presenti nei confini dei paesi membri e nelle zone limitrofe per consentire lo stanziamento dei migranti richiedenti asilo. I migranti che non vengono respinti, richiedendo aiuto ai paesi europei, vengono così collocati nei campi dove i diritti umani vengono spesso violati. Essi, detenuti nei campi o respinti verso paesi non sicuri, sono costretti a richiedere accordi di rimpatrio volontari per fuggire da situazioni di grave pericolo. Secondo Mark Akkerman oltre a essere un modo per gestire i migranti già presenti nella Regione balcanica, la detenzione è anche una strategia di dissuasione per i futuri richiedenti asilo.
Un nuovo campo, uno snodo per l’espulsione formale
Nel novembre 2021 è stato costruito un nuovo campo a Lipa, gestito dall’OIM, l’Unione Europea ha fornito il 54% dei finanziamenti e la Banca centrale Europea il 2,25%. Per la sua posizione di confine tra la Bosnia ed Erzegovina e la Croazia e anche per la lontananza dalle strutture sanitarie o scolastiche, secondo la Mlinarevic, il campo non è stato costruito per permettere ai migranti di costruirsi un nuovo futuro, ma solo come passaggio obbligato prima di poter eseguire il rimpatrio. Si tratterebbe dunque della costruzione, da parte dell’Unione Europea, di uno spazio, lontano dai centri abitati, in cui poter gestire formalmente le operazioni di espulsione dei migranti, costretti a uno stato di isolamento e di vessazione.