Dall’Università delle Hawaii a Manoa è giunta la notizia della scoperta dell’esopianeta più giovane mai osservato.
La scoperta è stata documentata con un articolo uscito su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Il pianeta si chiama 2M0437b e orbita attorno a una giovane (ha un’età compresa tra 2 e 5 milioni di anni) piccola (ha una massa compresa tra 0.15 e 0.18) stella che dista 421 anni luce da noi, situata in una nota “nursery stellare” nella costellazione del Toro. Finora abbiamo scoperto migliaia di pianeti extrasolari ma 2M0437b rientra nella ristretta lista di quelli che possiamo effettivamente osservare con i nostri telescopi e non solo inferirne l’esistenza tramite l’analisi delle perturbazioni alla luminosità della loro stella al passaggio davanti al disco.
Il motivo per cui siamo riusciti ad osservare 2M0437b è proprio la sua giovane età, insieme alla sua distanza dalla stella (circa 100 UA cioè 100 volte la distanza Terra-Sole). I pianeti non brillano di luce propria come è noto, tranne che quando sono molto giovani come nel caso di 2M0437b appunto, in questa fase sono molto caldi e dunque emettono una debole luce. Dunque se il pianeta, che è una specie di super-Giove (la sua massa dovrebbe essere circa 5 volte quella del gigante del Sistema Solare), fosse stato vicino alla sua stella non saremmo riusciti a vedere il suo pallido bagliore.
Per confermare la scoperta ci sono voluti circa tre anni di osservazioni, la prima risale infatti al 2018, il professor Eric Gaidos la definisce una scoperta “serendipita” cioè casuale e fu effettuata col Subaru Telescope dell’Istituto per l’astronomia di Maunakea da Teruyuki Hirano un ricercatore in visita (che naturalmente figura nella lunga lista di autori della ricerca), in questi tre anni Gaidos e colleghi hanno osservato la stella che si muove lentamente nel cielo con altri telescopi tra cui quelli del Keck Observatory di Maunakea,
L’esopianeta più giovane non è solo una curiosità da Guinness dei primati spaziali, potrebbe insegnarci molto, confermare o sfatare teorie, sull’evoluzione dei sistemi planetari, ma per una conoscenza più approfondita dovremo aspettare di osservarlo coi telescopi spaziali: il veterano Hubble e soprattutto l’erede James Webb Space Telescope che sarà lanciato (a meni di rinvii) il prossimo 18 dicembre.
Roberto Todini