L’illustre lingua italiana deriva dal latino, ma non deriva dal latino classico bensì dalla sua forma volgare. Il latino volgare era parlato dalle diverse popolazioni dell’impero romano, dai soldati ai provinciali. Molte parole usate dal popolo romano erano quindi pronunciate diversamente dalla regola del latino classico. Possiamo quindi affermare che gli errori nella lingua ad un certo punto sono diventati la norma.
La lingua è viva in continua evoluzione
Ogni linguaggio è “vivo” perché muta nel corso del tempo. Infatti la stessa lingua italiana, inizialmente era suddivisa in tanti volgari differenti per ogni regione italiana, chiamati oggi dialetti. Solamente ad un certo punto l’idioma è stato unificato adottando ufficialmente il volgare toscano come punto di riferimento. Da quel momento, basandoci sulle produzioni letterarie degli scrittori del Trecento, abbiamo rinnovato il linguaggio comune. Nel corso del tempo poi sono stati molteplici i forestierismi accolti nell’italiano, tra cui gli inglesismi, gli arabismi, i germanismi, ecc. Insomma il linguaggio è in continua evoluzione e c’è sempre differenza tra l’oralità della lingua, ovvero il parlato e la scrittura della stessa. In particolare nella lingua italiana ci sono parole pronunciate in un modo ma che scritte necessitano di una corretta ortografia. E’ quindi molto semplice sbagliare. Ci ricordiamo tutti le correzioni degli errori nella lingua evidenziati in rosso delle maestre delle elementari: ci facevano sentire così male! Eppure se la lingua è dinamica e in evoluzione, gli errori sono così gravi?
Cosa sono gli errori nella lingua?
Secondo Claudio Marazzini nel suo testo “Breve storia della lingua italiana”:
L’-errore- è una deviazione rispetto alla norma, ma nell’errore medesimo possono manifestarsi tendenze innovative importantissime. Quando l’errore si generalizza, l’infrazione diventa essa stessa norma per tutti i parlanti.
Vi ricordate quando ci ammonivano: si dice “o ma o però”, eppure questa doppia congiunzione avversativa è stata accettata nell’italiano parlato e nello scritto informale, così come “a te ti” è sempre stato considerato un errore fastidioso, acquisito ormai per consuetudine nelle conversazioni informali. Ecco che possiamo capire meglio la differenza tra il latino volgare di un tempo rispetto a quello classico, poiché anche la nostra lingua è suddivisa in una produzione più classica e in una meno formale. Quelli che un tempo erano considerati errori, possono non esserlo più. Dipende quanto ampiamente si generalizza l’errore.
Appendix Probi: una antica lista di errori
L’Appendix Probi è un documento molto antico scritto a Bobbio intorno al 700 d.C. In realtà gli studiosi collocano l’origine di questo documento ancora prima nel V o VI sec. Si tratta di una lista di 227 parole non corrispondenti alla buona norma classica precedute dalla formula corretta. Il codice è stato probabilmente scritto da un maestro romano del tempo, basandosi sugli errori nella lingua latina dei suoi allievi.
Ecco alcuni esempio di forma corretta vs forma erronea:
Speculum non speclum (in italiano è diventato “specchio”)
Vetulus non veclus (in italiano è diventato “vecchio”)
Auris non oricla (in italiano è diventato “orecchia”)
Oculus non oclus (in italiano è diventato “occhio”)
Viridis non virdis (in italiano è diventato “verde”)
Calida non calda (in italiano è rimasto “calda”)
Aqva non acqva (in italiano è diventato “acqua”)
http://https://www.youtube.com/watch?v=GhTEwl1yaNA
http://https://www.youtube.com/watch?v=U0HT5D1_gaw
Grazie a questo documento possiamo constatare che in alcuni casi gli errori condannati ma utilizzati dalla maggior parte dei parlanti, saranno quelli destinati ad affermarsi nei secoli seguenti. Ma molte altre parole pronunciate sbagliate dagli studenti sono riuscite ad arrivare oggi nella buona norma richiesta dal latino classico.
Chissà se gli italiani smetteranno di fare alcuni degli errori reputati più gravi come la é senza accento alla terza persona singolare; “ho, hai, ha, hanno” senza la h necessaria nella coniugazione del verbo avere; gli errori con la “q, cq o qq” oppure un giorno diventeranno la norma? Ad ogni modo è sempre meglio studiare correttamente la lingua italiana per preservarne la bellezza ed eleganza.
Cristina Meli
Bellissimo, interessante, ben articolato, condiviso articolo sulla nostra splendida lingua.
Complimenti, Cristina, tratti sempre argomenti di grande interesse e attualità.
Bravissima!!!!!!!!!!!!!!!!!
Un caro saluto,
Marina
Molto interessante L’Appendix Probi e molto interessante l’argomento.
Per fotografare la situazione che si era creata nel periodo in cui il latino cedette il posto al volgare, utile sarebbe osservare i dialetti.
Queste lingue locali sono suddivise in varie parlate regionali, ad esempio: Lombardo orientale, lombardo occidentale, lombardo meridionale.
Queste parlate a loro volta sono suddivise in isoglosse.
A determinare queste differenziazioni sembrerebbe siano state le lingue delle tribù liguri e celtiche che occupavano a macchia di leopardo la pianura padana prima dell’occupazione romana. Le antiche parlate lasciarono una loro traccia nella parlata latino volgare che si impose nella zona.
La presenza di queste isoglosse è (o perlomeno era) percepita dalla popolazione. Chiedendo a un anziano saprebbe dire che la parlata di Marcallo “tira verso Magenta” e la parlata di Busto Garolfo “tira verso Legnano”
Le isoglosse sembra abbiano la tendenza a sfaldarsi, praticamente in ogni paese ci sono alcune parole che non vengono usate in nessuna altra parte del mondo.
contemporaneamente però agisce una forza unificante. Un tempo era la città capoluogo, i dialetti della provincia di Milano tendevano ad uniformarsi a quello della città di Milano, quelli della provincia di Brescia alla città di Brescia.
Adesso la lingua uniformante è l’Italiano. Ad andare persi sono soprattutto i termini che non sono comprensibili fuori dalla propria zona.
Lo stesso era successo quando il latino aveva imposto l’unificazione delle varie lingue locali lasciando solo un substrato degli antichi idiomi. poi era ripartita la deriva interrotta solo dall’unità d’Italia e dalla scuola obbligatoria.
Però adesso c’è una novità: Scuola, mezzi di informazione ecc. hanno la forza per decidere se lasciar modificare o meno la lingua.
Quello che un tempo era un andamento spontaneo, adesso può essere guidato.
Al momento parrebbe prevalga la tendenza al cambiamento, soprattutto con l’inserimento dei termini inglesi. Si potrebbe decidere di invertire la tendenza.
Ciao Stefano, molto interessanti le tue informazioni. Grazie a presto -CM.