Erri De Luca: “è tempo di amor di patria”

Erri De Luca www.ultimavoce.it

Intervista a cura di Andrea Umbrello


Il popolo, l’amore in guerra e la potenza della parola. Erri De Luca porta alla luce tutto questo nella drammaticità attuale.


È uno strano momento storico per porre delle domande a Erri De Luca. Tra crisi sanitaria dovuta al Covid-19 e l’attuale guerra in Ucraina, il rischio è di rimanere travolti da un flusso di riflessioni capaci di mostrare con semplicità e precisione la drammatica crisi di valori che stiamo vivendo.
In Ucraina si è saldato il popolo “ mi dice a proposito delle recenti vicende che hanno sconvolto quella parte di mondo che ancora possiamo definire democratica. E poi, parla di “amor di patria”, quella patria che molti di noi disconoscono e per la quale nessuno sarebbe disposto a sacrificarsi come sta facendo il popolo ucraino oggi.
Ho corso il rischio a cui facevo riferimento in precedenza, il risultato è un insieme di parole che arricchiscono e consolidano le immagini che ci accompagnano da quasi due mesi, perché le immagini non parlano da sole e nessuna di esse potrà mai sostituire la potenza della parola.


A me sembra che ci sia una partecipazione molto sentita, cominciata in tutta Europa con l’accoglienza immediata dell’ espatrio di massa dall’Ucraina. Poi confermata dalla condivisione delle sanzioni contro la Russia, sanzioni severe perché coinvolgono anche la nostra economia, con le conseguenze di un aumento dei prezzi e un prossimo ricorso al razionamento dell’energia.

 Di solito il giornalismo in zona di conflitto è svincolato dall’orientamento dei consigli di amministrazione. Il corrispondente di guerra è meno condizionato del cronista di cose italiane. Dunque una serie di buoni servizi giornalistici mi stanno permettendo di seguire momento per momento l’andamento della guerra. Sono grato al loro difficile impegno.
L’epidemia è stata narrata come una guerra da combattere contro il virus. Dissentivo dall’uso dei termini bellici, compreso quello del coprifuoco. La realtà dell’Ucraina oggi ci costringe alla vera definizione della parola guerra e della parola coprifuoco.

La parola non è sostituibile dall’immagine. Sono contrario al ritornello che dice che le immagini parlano da sole e che una sola di esse vale più di tante parole. Sono contrario all’espressione: “non ci sono parole“. Perché ci sono e sono quelle che permettono la più alta definizione di un avvenimento. So da lettore che non esiste l’indescrivibile, perché ho trovato descritta ogni circostanza della vicenda umana e del mondo.

Il dubbio è la premessa del suo scioglimento, così come la paura è la premessa del coraggio.

Il fattore popolo: improvvisamente degli individui appartenenti a un comunità, ognuno con i propri interessi, le diverse condizioni, sotto minaccia, sotto aggressione stringono le proprie fibre e diventano popolo, con gli stessi pensieri, gli stessi gesti, gli stessi obiettivi.
In Ucraina si è saldato il popolo. Non succede nel campo degli invasori. Napoli insorse contro l’esercito tedesco a fine settembre del ‘43. I più individualisti si trasformarono in insorti andando a scippare le armi dalle mani dei tedeschi.  Fu una scarica elettrica che coinvolse i nervi di una città intera. Ecco, mi riguarda e mi affascina l’effetto di trasformazione di una massa in popolo.

L’amore in guerra investe i combattenti che sentono di sacrificarsi per una causa giusta. È quel sentimento di fraternità che scavalca gli interessi personali. Gli amori privati sono sospesi, le coppie si separano, donne e bambini all’estero o al sicuro, gli uomini di ogni età alle armi. Adesso in Ucraina è tempo di amor di patria.

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