Dal suo discorso razzista del 1976 al centro di recupero per tossicodipendenti, la vita di una leggenda della musica internazionale
Dopo le sue dichiarazioni di scetticismo nei confronti del vaccino AstraZeneca, nonostante abbia ricevuto entrambe le dosi, la leggenda della musica Eric Clapton, negli ultimi tempi, ha riscosso critiche provenienti da più parti. E’ stato, dunque, resuscitato un discorso razzista che professò nel lontano 1976, durante un suo concerto a Birmingham. In quel periodo erano celebri le sue risse, gli alterchi e la chiusura dei concerti dopo meno di un’ora. In quel discorso usò parole forti e violente per dire che la Gran Bretagna doveva rimanere bianca e che i neri e gli stranieri avrebbero dovuto tornare a casa propria.
Rivers of Blood
Parole che echeggiavano gran parte del sentimento che il politico conservatore Enoch Powell aveva usato nel suo famigerato discorso soprannominato Rivers of Blood del 1968 , in cui criticava strenuamente l’immigrazione di massa e implicava che la maggior parte degli immigrati che arrivavano nel Regno Unito lo facevano perchè volevano dominare prima sui compagni immigrati e poi sul resto della popolazione. Anche la canzone dei Beatles, Get Back del 1969 fa riferimento a quel discorso di Powell. L’esatta formulazione della citazione di Clapton è stata discussa, poiché non esiste una trascrizione ufficiale del concerto, ma più fonti confermano l’evento e lo stesso Clapton ha effettivamente confermato che è accaduto.
Le scuse
Le sue scuse sono arrivate tardivamente, in un film-documentario sulla sua vita in cui si è dilungato molto su quella fase difficile della sua esistenza, dove sostiene di essere
stato un caso disperato, all’apice del suo periodo più oscuro, quando l’ubriachezza e la dipendenza dalle droghe lo avevano reso irascibile e violento, quando anche la sua musica ne risentì al punto che ha definito i suoi dischi di quel periodo come imbarazzanti. Si è descritto come un semi-razzista, ma senza che questo avesse un senso nella sua realtà quotidiana. Era stato un cultore della black music e andava nei club riservati ai neri per suonare con loro. Proprio grazie a lui, quella musica ha iniziato ad essere ascoltata dai bianchi americani. Ha avuto relazioni con donne di colore e sempre in quel periodo, uno dei suoi migliori amici era il grande chitarrista afroamericano Jimi Hendrix. Si narra che dopo la sua morte improvvisa, nel 1971 Clapton si sia rinchiuso nella villa di Hurtwood, passando dalla cocaina all’alcool e all’eroina, scomparendo dalle scene per quattro anni.
Una musica gentile
In pochi conoscono le vicissitudini di questo celebre chitarrista e spesso nessuno si chiede cosa c’è dietro la dipendenza e il decadimento fisico e psicologico delle star. Ho studiato questo personaggio perché fin da piccola ho sentito una grande attrazione verso il suono della sua chitarra. Il suo blues è riuscito a trasmettermi qualcosa di molto profondo e ancora oggi le sue note sono per me un continuo conforto. Ho voluto conoscere intimamente questa leggenda della musica per capire come mai le sue note mi regalavano così tanto. La maggior parte degli articoli che leggevo sottolineavano quanto fosse fuori di testa, perennemente ubriaco, o drogato e non capivo come mai la sua musica riuscisse a trasmettermi un sentimento, in realtà, così gentile. Di lui si è scritto molto sull’ossessione per Pattie Boyd, moglie del collega e amico George Harrison, per la quale scrisse uno dei suoi pezzi più famosi: Layla. E in molti conoscono anche la morte prematura del figlio Connor, caduto dalla finestra di un grattacielo, all’età di quattro anni.
L’infanzia difficile
In seguito, però, ho scoperto altro della sua vita. La sua infanzia fu delineata dallo shock di scoprire, a nove anni , che quelli che pensava fossero i suo i genitori, in realtà, erano i suoi nonni e che quella che credeva essere sua sorella maggiore era, in realtà, sua madre. Suo padre, invece, era un soldato canadese di appena 24 anni arrivato oltreoceano dopo lo scoppio della Seconda guerra che prima ancora della sua nascita, tornò in patria. Eric scoprì la verità quando la madre e il fratellastro di sei anni, tornarono in Inghilterra per fargli visita, senza intenzione di portarlo via con loro. L’esperienza segnò un momento decisivo nella sua vita perchè fu proprio questo che lo portò a diventare una leggenda della musica.
Il blues
Quel rifiuto, lo accostò al blues, prima attraverso le trasmissioni radiofoniche dell’epoca che ascoltava alla radio, poi con una chitarra che i nonni gli regalarono, dopo le sue ossessive richieste. Sfogava con essa tutta la sua rabbia e frustrazione, cercando di imitare le note di quegli artisti che riuscivano a farlo svagare. Con quella chitarra, trovò il suo abbraccio, il suo conforto. Del resto il blues è una musica che nasce proprio dalla sofferenza di chi lo suona ed essa la connota in modo caratteristico, divenendo in qualche modo taumaturgica. Per questo è diventato una leggenda della musica, il più grande chitarrista e cantante di blues bianco e per questo tutti i grandi cantanti di colore, da B.B. King, ad Aretha Franklin, a Ray Charles lo hanno voluto accanto.
Il tunnel della dipendenza
Purtroppo, però, per parecchi anni, il rifiuto e l’abbandono sono rimasti una costante della sua esistenza. Forse per questo motivo, ha varcato abbastanza facilmente il tunnel della droga e poi quello ancora più disastroso dell’alcool. Anche quando riuscì a sposare finalmente Pattie Boyd nel 1979, il suo cervello era troppo offuscato per rendersi conto della felicità raggiunta. Dai continui tradimenti, nacquero anche dei figli, tra cui Connor, di cui si conosce il triste epilogo. Ma è grazie alla sua nascita che il leggendario chitarrista iniziò a disintossicarsi e dopo la tragedia, raccontò di essersi trovato di fronte ad un bivio: ripiombare nella dipendenza per morire il prima possibile, oppure scegliere definitivamente di vivere.
La rinascita
Per fortuna optò per la seconda, in quanto, il suo rientro su un palco è stato con un album che ha fatto storia: Unplugged. In esso ha lasciato la chitarra elettrica per una acustica, rimodellando i suoi celebri brani con questo suono pacato e raffinato, lasciandosi alle spalle anche il giubbotto di pelle e gli stivali. Diventò, visibilmente, un altro uomo. Oltre a dare alla luce questo capolavoro, ha anche fondato un centro per il trattamento delle dipendenze, il Crossroads Center di Antigua, con il quale cerca di fornire assistenza sovvenzionata alle persone che non possono permettersi le cure. Per raccogliere fondi per esso, ha organizzato una serie di festival e aste per vendere le sue chitarre “Crossroads Guitar Festival” che hanno visto sul palco tantissimi artisti internazionali come Jeff Beck, Carlos Santana, B.B. King, Buddy Guy, John Mayer, Pat Metheny, Keith Richards e nell’edizione del 2010 anche il nostro amato Pino Daniele.
Come spesso accade quando si affrontano delle tragedie, si arriva ad una rinascita, è come se la vita spingesse in modo drastico ad effettuare un cambiamento. E quella di Eric Clapton, una vera leggenda della musica internazionale, è stata una rinascita sia musicale che umana.
Veronica Sguera